40 agns di “Alps-Adriatic” e si visin dome a Udin?

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Note FOGOLÂR CIVIC pe stampe taliane – Udin, 23 Novembar 2018

40 ANNI DI “ALPE-ADRIA” CELEBRATI (SOLO) A UDINE

Unici in regione e in Italia, gli euroregionalisti friulani hanno commemorato, con pubblici incontri nella città erede della prima metropoli alpino-adriatica della Storia, il quarantennale della primigenia unione transfrontaliera mitteleuropea del Secondo Dopoguerra. Interventi di Travain, Capria D’Aronco, Pirzio-Biroli e Barbagallo. Le proposte: “Il Comune di Udine ‘Nuova Aquileia’ realizzi una carta turistica ed una didattica dell’Europa ‘aquileiese’ da donare a ragazzi delle scuole allo scopo di costituirne una coscienza storica ‘euroregionale’ in piena linea con le indicazioni ministeriali scolastiche vigenti!”.

Alpe-Adria compie 40 anni e se ne ricorda, in Friuli Venezia Giulia e in Italia, soltanto un piccolo manipolo di cittadini udinesi e friulani? Pare proprio di sì. La comunità internazionale ha festeggiato in Croazia, a Varaždin, il 20 novembre 2018, nel giorno stesso dell’anniversario, il 40° di quella che è stata una grande esperienza di cooperazione ed amicizia transfrontaliere. Appositamente un giorno dopo, a sfida, per dare campo ad eventuali altre iniziative che pare, invece, non vi siano state, mercoledì 21 novembre 2018, al Caffè Contarena di Udine, alle ore 20, si è tenuta un’occasione ad hoc voluta dal Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic”, dal Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, dal Coordinamento Euroregionalista Friulano “Europa Aquileiensis”, in accordo con la Presidenza del Club per l’Unesco di Udine e con il patrocinio morale dell’Arengo cittadino locale. Titolo: Alps-Adriatic” oIncontro civico friulano spontaneo nel quarantennale della Comunità di Lavoro Alpe-Adria”, in friulano “Libar incuintri furlan di popul pal cuarantesim de Comunitât di Lavôr Alps-Adriatic”. Quattro gli oratori ufficiali: il prof. Alberto Travain (“Euroregioni senz’anima / Euroregjons cence anime”), la prof.ssa Renata Capria D’Aronco (“Euroregionalismo e ideali universali / Euroregjonalist e ideâi universâi”), l’arch. Roberto Pirzio-Biroli (“Ripensare l’agro aquileiese / Tornâ fûr cul ager di Aquilee”), lo storico Alfredo Maria Barbagallo (“La missione culturale della Mitteleuropa / La mission culturâl de Mittel-Europe”). Indirizzi di saluto da Sindaco e Amministrazione comunale di Udine per bocca della consigliera delegata ad hoc prof.ssa Elisabetta Marioni. Messaggio cordiale anche dal governatore regionale dott. Massimiliano Fedriga, impossibilitato a partecipare essendo impegnato all’estero in una visita istituzionale. L’incontro si è aperto con una lettura solenne dell’articolo 1 del Protocollo d’Intesa firmato a Venezia il 20 novembre 1978, da cui prese avvio una comunità internazionale che avrebbe visto nel tempo l’adesione a vario titolo di ben 19 soggetti territoriali ovvero Alta Austria, Baranya, Baviera, Burgenland, Carinzia, Croazia, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Györ-Moson-Sopron, Lombardia, Salisburgo, Slovenia, Somogy, Stiria, Ticino, Trentino-Alto Adige, Vas, Veneto e Zala. Si parlò, allora, di amicizia al tempo delle divisioni. Di “Euroregjons cence anime” ha parlato, invece, in lingua friulana, il primo promotore dell’iniziativa commemorativa, il prof. Alberto Travain, presidente di Fogolâr Civic, Academie dal Friûl ed Europa Aquileiensis, che, nel sottolineare l’esemplarità della sfida e dell’esperienza storiche costituite da una Comunità di Lavoro Alpe-Adria che nel 1978 accostava regioni di un’Europa gravemente divisa da schieramenti ideologici, politici, economici e militari contrapposti, ha voluto rimarcare in particolare il coraggio e la fortuna di una denominazione ovvero la felice invenzione di un coronimo, di un nome geografico, “Alpe-Adria” appunto, in grado davvero d’identificare, in termini culturalmente neutri, coordinate spaziali e riferimenti identitari distinti, a differenza dell’anonimo epiteto “Senza Confini” scelto dalla più recente Euroregione friulano-veneto-carinziana separatasi nel 2012 dalla Comunità alpino-adriatica, ormai quasi totalmente integrata, ad eccezione del Canton Ticino svizzero, nell’ambito dell’Unione Europea. Su questa dipartita delle regioni nordorientali italiane dal quadro Alpe-Adria, Travain ha inveito sarcastico, ricordando anche come la Carinzia, in effetti, abbia giocato su più scacchiere, risultando nel 2013 tra i rifondatori della succitata Comunità, ribattezzata “Alleanza”, mentre Emilia-Romagna, Lombardia e Trentino-Sudtirolo hanno preso da tempo altre strade. Il relatore ha puntato il dito sull’inflazione e sull’accavallarsi di Euroregioni fatue, coagulate quasi soltanto dall’opportunità di gestire finanziamenti eurocomunitari, spesso parvenze prive ed incapaci di costituire aggregazioni e identità solide, riconoscibili e spendibili, seriamente e proficuamente, in ambito europeo. Riguardo al caso della vacuità del nome dell’odierna Euroregione locale, il professore ha ricordato la valida eppure vana proposta dell’aggettivo “Aquileiese” per denominare sensatamente una compagine internazionale mitteleuropea coinvolgente il Friuli Venezia Giulia ovvero la culla della prima metropoli culturale comune del Centro Europa, proposta avanzata da oltre un decennio dalla benemerita Associazione Culturale “Mitteleuropa” e supportata immediatamente dal Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic”, creatore del motto “Euregio Aquileiensis”. Segnalato, a titolo di contributo, anche il fascinoso nome del coordinamento culturale-politico euroregionalista friulano sorto nel 2017 con il titolo di “Europa Aquileiensis”, sotto la direzione dello stesso Travain, il quale ha concluso la sua orazione auspicando che il nome dell’Alpe-Adria, “Alps-Adriatics” in inglese e friulano – in “marilenghe” il docente aveva, anni addietro, proposto la dizione “Adrie Alpine” e indicato una prestigiosa matrice storica nell’espressione “inter mare Alpesque” tratta dalla Storia romana di Livio – non debba ridursi a ricordare soltanto, tra la gente, un’omonima ciclovia, un’autostrada o un centro commerciale, senza richiamare a una grande esperienza di ricostruzione dei legami tra i popoli della Mitteleuropa meridionale troncati o avvelenati da due sciagurate guerre mondiali. “Euroregjons cence non, cence storie, cence anime, cence cussience, no àn avignî: a son contignidôrs di nuie o di robe di nuie ven a stâi bidons!” ha rimarcato con forza il conferenziere, denunciando la grave carenza di serie ricerca e promozione popolare d’identità transfrontaliere fondate, persuasive e richiamanti a rispetto e considerazione, non risultando, a suo parere, avviate effettive politiche volte, oltreché a sfruttare nei vari settori gli stanziamenti eurocomunitari, anche a un fine ultimo di costituzione transnazionale di un senso civico, solidaristico, patriottico, di appartenenza, di comunità, in grado di elevare meri carrozzoni politico-burocratici internazionali ad autorevoli rappresentanze di veri popoli sovrastatali. Dissertando sul tema “Euroregionalismo e ideali universali”, la prof.ssa Renata Capria D’Aronco, anche cameraro del locale Arengo partecipativo e presidente del Club per l’Unesco di Udine, in rappresentanza oltretutto del Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, Cipro, Rodi, Malta e San Pietroburgo, ha confermato essere non peregrina l’idea di auspicare per realtà simili un valido procedere su progetti comuni. “Con quali ideali, con quali valori?” si è chiesta la nota civista udinese. “Quelli per cui siamo qui oggi, grazie innanzitutto al prof. Travain, il quale teorizza, studia, propone e poi mette in pratica, direttamente, personalmente: non solo chiacchiere, velletiarismi, discorsi teorici, ma tradurre al popolo e per il popolo sentimenti ed istanze volti ad un bene collettivo” ha detto la D’Aronco. “Quali sono, dunque, i valori che ci uniscono? Noi siamo contro le maniere forti ma sosteniamo la forza del diritto; siamo tolleranti ma fermi nella lotta contro ciò che offende l’Umanità; noi riconosciamo come obiettivo sommo la tutela dei fragili e degli afflitti: in queste battaglie ognuno è importante ed è responsabile individualmente per quello che può e che cerca di dare. Non si badi ai numeri. Non ci si scoraggi e non ci si nasconda dietro l’attesa di tempi migliori ovvero di maggiori mobilitazioni. Non di rado la Storia l’hanno fatta in pochi, immaginata e decisa in pochi, al caffè letterario!” ha ricordato l’apprezzata esponente della società civile di Udine. “Piccoli mondi vitali, ai più spesso sconosciuti, possono significativamente, infatti, contribuire a disegnare orizzonti teorici e pratici entro cui muoversi direttamente nonché da proporsi proficuamente a comunità ed eventuali loro illuminati vertici!” ha concluso la professoressa.“Ripensare l’agro aquileiese” è stato, poi, il tema trattato dall’arch. Roberto Pirzio-Biroli, professionista ed accademico di fama internazionale, che ha assunto il riferimento all’“ager aquileiensis”, ossia al territorio proprio organizzato dalla metropoli romana matrice della civiltà mitteleuropea, quale valida cifra di un sapiente approccio con l’organizzazione del paesaggio, sapienza capillarmente e coerentemente informante tutti gli aspetti agro-idro-geomorfologici a migliore garanzia dai cataclismi ambientali sempre più incombenti. Sottolineata la necessità, allora, di una seria ricognizione degli assetti storico-paesaggistici ai fini di una più oculata gestione del territorio, Pirzio-Biroli ha evidenziato come il paesaggio sia identità e come questo vada ripreso, per sua maggiore promozione, anche certamente in campo turistico. “Oggi abbiamo, in genere, soltanto guide ai monumenti delle città, non strumenti agili per poter leggere e per comprendere nel loro intimo località e territori. Propongo una guida, una carta turistica di Udine, città da intendersi come convergenza di un territorio ampio, in sostanza, parte e rinnovatrice dell’antico agro aquileiese!”. Tra una pagina di Livio, una di Strabone e una mappa del limes” romano sul Danubio, l’architetto discendente dei Savorgnan, visiting professor presso la Donau-Universität di Krems, ha tenuto ad esprimere la propria opinione in merito ad un’Unione Europea giudicata come fustigatrice delle identità. Pirzio-Biroli, tra i fondatori del coordinamento culturale-politico euroregionalista friulano “Europa Aquileiensis”, ha incontrato il presidente catalano in esilio Carles Puigdemont, con il quale ha avuto un cordiale colloquio: “Puigdemont e la Catalogna indipendentista vogliono arricchire l’Europa, non impoverirla, come, invece, sembra fare l’Unione Europea rinnegando e cancellando in mille modi le specifiche identità dei suoi popoli. È dalle identità che si deve ripartire, non dal loro sovvertimento o superamento!”. Lo storico romano, naturalizzato udinese, Alfredo Maria Barbagallo ha parlato, infine, della “missione culturale della Mitteleuropa”, innanzitutto considerando la natura “profetica” di una Comunità di Lavoro “Alpe-Adria”, sorta nel 1978, a circa sei mesi dall’assassinio Moro, a circa tre dalla morte del pontefice Paolo VI e dall’elezione di papa Luciani, a due dal decesso di questo ed a uno dall’assunzione al soglio di Pietro di Giovanni Paolo II, eventi di grande significato sulla strada di cambiamenti epocali. “Da terra di frontiera, su cui erano puntati i missili del Patto di Varsavia, il Friuli oggi recupera una centralità geopolitica in Europa che rimanda ai tempi di massima potenza del grandioso Patriarcato di Aquileia. Il Friuli non può più ragionare in termini di frontiera: sul suo futuro incombe la lezione di un passato impegnativo, richiamante al confronto con un vero colosso della Storia ossia Aquileia e l’aquileiesità che Travain tanto propugna e che hanno dato giganti al pensiero occidentale della caratura di Cromazio e Rufino. Ora, di fronte al titano dell”aquileiesità’, un certo timore reverenziale pare più che legittimo per la prosaica realtà contemporanea, ma è inesorabile considerare quell’esperienza non alla stregua di un reperto archeologico ma come qualcosa di vivo e orientante. Il Friuli oggi non può che pensare in termini di ‘fratelli’ ad austriaci, ungheresi, veneti, sloveni, quali erano al tempo della Grande Aquileia. Al pari di un braccio lesionato ed immobilizzato, lo spirito ‘aquileiese’ deve lentamente recuperare l’antico vigore, per potersi muovere di conseguenza!”. Barbagallo, studioso poliedrico, da decenni particolarmente impegnato nel campo della verifica storica dei miti connessi alle principali reliquie cristologiche, fascinosa ricerca che l’ha condotto da Roma ad Aquileia e in Friuli, ha concluso il suo appassionato intervento ricordando con commozione il caso del giornalista di una televisione locale che, anni addietro, ebbe a motivargli la particolare attenzione dedicata dall’emittente ad un convegno da lui organizzato sull’antica metropoli alpino-adriatica con l’inequivocabile frase “Aquileia è nostra madre!”. Tra gli interventi dell’uditorio, quello dell’arch. Amerigo Cherici, apprezzato professionista e recentemente autore d’importante saggio di riflessione sull’identità storico-urbanistica di Udine, il quale ha auspicato che la mentovata sapienza antica in materia d’insediamento e d’infrastrutture territoriali possa essere recuperata e validamente rivitalizzata, procedendo da seria ricognizione delle complesse stratificazioni che ne costituiscono testimonianza. Al termine dell’incontro, il prof. Travain, coordinatore del sodalizio “Europa Aquileiensis”, “da luglio in attesa di essere ricevuto dal nuovo Primo Cittadino udinese”, ha indirizzato al sindaco prof. Fontanini, attraverso la prof.ssa Marioni, sua delegata, un invito ad assumere l’iniziativa di una carta didattica dell’Europa “aquileiese” ossia delle regioni d’Europa affratellate da una comune relazione storica con l’antica metropoli locale di cui la città di Udine si ritrovò erede, “una carta sul genere di quelle create già per i ragazzi di mezzo Friuli dall’artista udinese Luigino Peressini”, dono del Comune della “Nuova Aquileia” alle scolaresche del territorio, “segno tangibile ed investimento culturale e civile di una ‘capitâl’ degna di tale nome”. La serata culturale è stata suggellata dalla firma rituale della grande bandiera euroregionalista del Fogolâr Civic, lunga dieci metri, realizzata nel 2005 dalla “pasquottina” udinese sig.ra Mirella Valzacchi, “bandiere pelegrine”, portata dai “fogolaristi” udinesi nelle località più pregne di storia civica transfrontaliera. Tra il vario pubblico, il giornalista Gianfranco Leonarduzzi e l’imprenditore dott. Paolo Di Bernardo, oltreché le attiviste del Fogolâr Civic sig.ra Marisa Celotti, sig.ra Jolanda Deana, sig.ra Renata Marcuzzi, sig.ra Paola Taglialegne e sig.ra Mirella Valzacchi.

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