“Ägypten muss dafür zahlen!”

FOGOLÂR CIVIC – Pressemitteilung (für die italienische Presse) – Udine (Weiden), 26 Juli 2020

L’EGITTO LA DEVE PAGARE, PENA IL TRACOLLO DELL’ITALIA SULLA SCENA INTERNAZIONALE!”

Il civismo udinese ritorna alla Colonna della Giustizia a quattro anno e sei mesi dalla tragedia di Giulio Regeni, il giovane studioso friulano impunemente straziato nel Paese dei Faraoni.

Rinnovate, a Udine, “Capitale del Friuli Storico”, presso la Colonna della Giustizia, le mensili dediche popolari commemorative e rivendicative di un riscatto nazionale per l’impunito scempio subito in Egitto, nel 2016. dal giovane ricercatore friulano Giulio Regeni da Fiumicello. Il 25 luglio 2020, a quattro anni e mezzo dalla tragedia del corregionale, una delegazione del più attivo e qualificato civismo culturale udinese, mobilitata dal Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” si è portata presso la suddetta colonna forense per ricollocare le targhe citate, “sovente oggetto di vandalismo e furto in una città e in un Paese in cui certo non vigono affatto forme di controllo e dissuasione efficaci per i malintenzionati, che in genere poco hanno da temere, purtroppo, dalle leggi e dalle Istituzioni” ha detto il leader fogolarista prof. Alberto Travain, accompagnato da uno manipolo di sodali, tra cui il cameraro dell’Arengo udinese e presidente del Club per l’Unesco di Udine e prefetto del Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, Cipro, Rodi, Malta e San Pietroburgo, prof.ssa Renata Capria D’Aronco. Presente la sig.ra Iolanda Deana, segretaria del Fogolâr Civic e consigliera arengaria, intervenuta insieme agli omologhi deputati civici sig. Giuseppe Capoluongo, sig.ra Marisa Celotti, prof.ssa Luisa Faraci e sig.ra Renata Marcuzzi. Nella delegazione, anche la maestra Manuela Bondio e la sig.ra Milvia Cuttini, del corpo sociale fogolarista. Rappresentate inoltre le realtà del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, del Coordinamento Euroregionalista Friulano “Europa Aquileiensis” e del Coordinamento Civico Udinese “Borgo Stazione”. “Il medesimo senso di impunità che serpeggia nel Bel Paese sotto l’ipocrita copertura della gran retorica nazionale, oggi serpeggia nel mondo a danno dell’Italia e degli italiani!” ha detto, dunque, il prof. Travain: “Se a massacrare un cittadino italiano, come hanno fatto in terra d’Egitto, non si paga, alla fine, alcun fio, oltre alla condanna alla solita rata d’italiche chiacchiere passate per sapiente e lungimirante diplomazia, è chiaro che ora finirà così per tanti altri casi che potrebbero prospettarsi. Che dire dell’oscura recente morte in Colombia di un giovane collaboratore Onu di Napoli, tale Mario Paciolla, i cui amici temono, come si apprende, un nuovo Caso Regeni? Bisogna avere il coraggio di rompere e di combattere, con ogni mezzo, ufficiale e ufficioso, se si intende davvero essere temuti e quindi credibili! Certo, facilmente il Caso Regeni è stato progettato da qualche ‘interessato’ proprio nella speranza di rompere i rapporti di collaborazione italo-egiziani in materia di estrazione e gestione del prezioso gas mediterraneo. È anche vero, però, che di fronte a una cosa simile, una patriottica guerra fredda, anche non dichiarata, nei confronti non solamente dell’Egitto ma di tutti i soggetti economicamente e politicamente potenziali interessati alla rottura delle relazioni tra Roma e Il Cairo, risulterebbe davvero inevitabile volendo garantire ancora senso e dignità alla Repubblica Italiana sullo scacchiere internazionale. Se l’Italia non sarà temibile, non sarà nemmeno credibile! Se non riuscirà a mostrarsi terribile giustiziera del suo Regeni, smetterà di esistere anche come parvenza di soggetto accreditato nel civile consesso globale. Certo, massacrare appositamente un italiano in Egitto non può, per principio, divenire un modo per portare a interrompere automaticamente, ad uso di terzi, le relazioni tra i due Paesi, ma neanche può darsi come accettabile corollario nel rapporto tra di essi. Se l’Egitto fosse davvero vittima come l’Italia del Caso Regeni avrebbe collaborato sinceramente ed alacremente nella ricerca della verità sull’atroce delitto. Così non è stato. Quindi, la risposta ora tocca alle ‘armi’, non quelle che ancora, imperterriti e senza onore, gli italiani continuano a vendere a nilotici con il beneplacito del proprio Governo, ma quelle incruente e non meno insidiose che certo ogni campo del civile consorzio tra le nazioni può offrire a riscatto di un oltraggio imperdonabile. L’Egitto tirannico del generale Al-Sisi il Caso Regeni deve pagarlo caro, non solo alla famiglia del compianto ma all’intero popolo italiano. Ci vuole una ‘lezione’ che l’Italia deve scegliere se impartire o subire, cosciente del fatto che la soluzione del caso del giovane studioso friulano assassinato in riva al Nilo formerà viatico per la credibilità futura del Bel Paese a livello mondiale! E ciò con buona pace della politica italiana cialtrona che, percependo, quando va bene, l’inadeguatezza del proprio stato, corre ai ripari mirando a ridurre il suddetto caso a tragedia privata di una famiglia, cui ci si accosta serbando in cuore chiara coscienza che di altro si parla quando si consideri per davvero un interesse nazionale comune. Gente irresponsabile oltreché senza cuore e senza valori!”. “Noi abbiamo un dovere – ha soggiunto, alla fine, la prof.ssa Capria D’Aronco – che è quello di non cedere nella testimonianza di rivendicazione di giustizia per Regeni. Noi, avanguardie della società civile dobbiamo farci moltiplicatori di quest’istanza di civiltà tra la popolazione, in larga parte ignava e fatalista. Quello è il nostro dovere. Non mancheremo!”.

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