Als die Friauler Venedig retteten

FOGOLÂR CIVIC – Pressemitteilung (für die italienische Presse) – Udine (Weiden), 26 Juli 2019 

QUANDO I FRIULANI SALVARONO VENEZIA AGGREDITA DA MEZZA EUROPA

Dieci anni or sono il Fogolâr Civic celebrava i cinque secoli della resistenza della Patria del Friuli contro gli eserciti della Lega di Cambrai. Ricordate le riuscitissime rimembranze in Baldasseria, alle porte di Udine, dove cavalieri e fanti locali ebbero a scontrarsi con un’armata internazionale capitanata da Enrico di Brunswick. Il presidente prof. Travain: “Lezione memorabile di tenacia friulana!”.

Vi campeggiano ancora cinque rose sintetiche, a ricordare i cinque “quintieri” dell’antica difesa cittadina locale. Dieci anni or sono, il 26 luglio 2009, in Baldasseria, a Udine, presso l’ancona della Madonna del Viandante, il Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” ed il Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, entrambi guidati dal prof. Alberto Travain e coinvolgenti anche le realtà della parrocchia locale di San Pio X retta dal noto don Tarcisio Bordignon, celebravano i cinque secoli della tenace resistenza friulana che, nel 1509, salvò la Repubblica di Venezia dall’aggressione delle maggiori potenze d’Europa coalizzate nella Lega di Cambrai. Tra Udine e Cividale, tra fine luglio e primi di agosto di 510 anni or sono, il caparbio popolo del Friuli ex aquileiese-patriarchino decise di battersi per la Serenissima, mentre nel Veneto una città dopo l’altra apriva le porte agli invasori. Per rinnovare alla cittadinanza di oggi memoria di quelle vicende insieme all’orgoglio di una fermezza da recuperare nell’attualità quando si tratta di difesa comune contro tirannidi ed invasioni, il Fogolâr Civic ripropone in rete, a seguire, una nota storica e culturale piacevolmente dettagliata e brillante, scritta dal suo leader, prof. Travain, nel 2009 e destinata alla pubblicazione sul bollettino parrocchiale locale, sotto il fascinoso titolo “La virtù cardinale della Fortezza incarnata nella storia locale: cinquecento anni fa Udine e il Friuli fecero quadrato in Baldasseria contro mezza Europa. Academie dal Friûl e Fogolâr Civic ricordano l’evento insieme alla Parrocchia di San Pio X presso l’antico Crocevia del Cervello”. Eccone il testo. “Bella coincidenza quella che si trovano a celebrare a Udine i parrocchiani di San Pio X fra 2008 e 2009! Cinquant’anni dalla raggiunta autonomia parrocchiale della periferia storica sudorientale udinese e cinquecento da un fatto storico molto importante sul piano simbolico che specificamente vide quel territorio teatro di un grande conflitto europeo: la cosiddetta Guerra della Lega di Cambrai decisa nel 1508, matrice dell’odierna dualistica regione friulano-giuliana che da cuore originario della Mitteleuropa ovvero dell’antico Patriarcato di Aquileia si vide declassare per tanti secoli al difficile ruolo di frontiera altrui. Si trattò di una guerra particolare. Aggredita, infatti, dalle maggiori potenze d’Europa (fra queste il Papato, l’Impero germanico degli Asburgo, la Francia e la Spagna), la ricca Repubblica di Venezia, che aveva occupato buona parte dell’attuale Nordest d’Italia a danno di principi e signori locali, si vide difesa con accanimento pare straordinario dai popolani e dai contadini dei territori assoggettati, che dovettero battersi con tanto coraggio, oltre che per vendere cara la pelle, anche per timore forse di un ritorno ovvero di un passaggio a servitù peggiori. Tutto questo avvenne proprio mentre i vecchi ceti dominanti locali esautorati dalla Serenissima consegnavano, in odio alla stessa, le città venete agli invasori. Allora soltanto il Friuli e Treviso resistettero disperatamente, sotto una forte pressione popolare, salvando lo Stato veneziano dal disastro. Fu anche per questo che i contadini del Friuli ottennero da Venezia poi addirittura una sorta di contro-parlamento popolare – la Contadinanza – per poter controllare la propria amministrazione regionale! Ma veniamo ai fatti di Udine e Baldasseria. Il 26 luglio 1509, intorno alle ore 18, un potente esercito d’invasione asburgico, formato segnatamente da contingenti tedeschi, croati e boemi e comandato dal duca germanico Enrico di Brunswick, si accampava nell’ampia prateria a sudest della città di Udine, denominata allora Cervello (in friulano Cerviel). Pare che circa 8000 fanti imperiali si schierassero allora in ordine di battaglia. Sulla sinistra, la cavalleria leggera, formata da 1500 cavalieri, piantava le sue tende tra Udine e Cussignacco lungo il corso della roggia. Verso le ore 19 uno squadrone di circa 400 cavalleggeri veneziani, i cosiddetti stradiotti, la maggior parte greci e albanesi, usciva da Udine in perlustrazione e si scontrava con la cavalleria nemica. Pare siano caduti allora sul campo cinque cavalieri germanici e un cavaliere, fatto prigioniero, venne costretto a rivelare i piani di battaglia del Brunswick: si seppe così che il giorno seguente gli assedianti avrebbero dato l’assalto alla città e vi sarebbero entrati attraverso tre porte di cui possedevano già le chiavi. La tensione crebbe. A sfidare l’esercito d’invasione uscì allora da Porta Aquileia la cavalleria pesante del Parlamento friulano, le cosiddette taglie, agli ordini del nobile Francesco di Cergneu, circa 150 uomini che dopo qualche scaramuccia con il nemico vennero a ritirarsi entro le mura civiche. A bandiere spiegate uscirono quindi i 1250 fanti circa (600 secondo altre fonti) delle milizie contadine friulane, le cosiddette cernide, capitanate dal celeberrimo leader popolare Antonio Savorgnan. Ebbene la giornata dovette concludersi con la disordinata fuga dei rustici messi in rotta sembra nei pressi degli antichi casali dell’attuale Via Baldasseria Bassa. La più potente città del Friuli aveva comunque dimostrato di non cedere, nonostante fossero ben note anche al campo nemico le sue laceranti e strumentalizzabili divisioni politiche interne. Al mattino del giorno seguente il generale veneziano Gian Paolo Gradenigo uscì da Udine in perlustrazione alla testa di circa 400 cavalieri, udinesi, friulani e balcanici. L’esercito invasore era ancora là e non accennava affatto a ritirarsi. Furono presi, così, prigionieri due villani per ricavare da loro eventuali notizie trapelate sulle intenzioni degli imperiali. Tra le ore 16 e le ore 17 dai Borghi Superiori di Udine, sotto pioggia e tempesta battenti come non mai, la gente si diede alla fuga convergendo verso il centro, verso Via Mercatovecchio, poiché si era sparsa la voce che il nemico era entrato in città da Porta Villalta. Mentre il popolo correva alle armi e le fanterie veneziane e friulane venivano schierate a difesa della piazza, la cavalleria degli stradiottiaccorreva nei borghi in pericolo ma non riscontrava alcuna invasione. L’esercito del Brunswick era ancora accampato nel prato del Cervello: si pensava che attendesse rinforzi giudicandosi non in grado altrimenti di prendere la città. Anche Udine attendeva rinforzi: per la serata o al massimo per il mattino seguente. Doveva trattarsi di 5000 fanti e di 800 cavalieri promessi da Venezia. Animati così anche da questa speranza sin dalla mattinata di quel 27 luglio gli Udinesi si mostrarono pronti ad affrontare il grande assalto nemico che poi non avvenne. Alle ore 6 del mattino successivo dodici colpi di artiglieria contro la città segnarono la fine dell’assedio imperiale. L’esercito del Brunswick abbandonava il campo. Avrebbe tentato invano la conquista di Cividale al cui soccorso avrebbe mosso da Udine un’armata raccogliticcia friulano-veneta composta da militari e civili presto intercettata dalla cavalleria croata presso la chiesetta di San Donato vicino a Moimacco e messa in fuga non senza resistenze sino alla porte della città. Un deferente omaggio vada, per tutti, al ricordo di due umili, categoria tradizionalmente trascurata dalla storiografia: il fabbro udinese di Borgo Gemona, tale Baldaso (in friulano, Baldàs) e l’anonimo servo di un certo Driga felzaro (in friulano, Dree ovvero Andrea), travolti dal nemico non lontano dall’antica ancona di Via Cividale – oggi in indecente stato di abbandono! – mentre sembra tentassero con un falconetto di coprire la ritirata dei propri concittadini. Non dovette eccedere eccessivamente anche se forse con un po’ di enfasi campanilistica l’umanista udinese Gregorio Amaseo poté celebrare la propria città come unico lume di fedeltà alla Repubblica veneziana rimasto acceso in tutto il Nordest nel momento del supremo pericolo, ultimo lume la cui viva fiamma avrebbe permesso poi di riaccendere ovunque le apparentemente spente fortune della Serenissima. Infatti, se non proprio soltanto Udine – città sede del governatore regionale veneziano e caposaldo della fazione popolare friulana – ma anche Chiusaforte, Monfalcone, Cividale resistettero vittoriosamente allora contro gli eserciti dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo, resta il fatto che, nel suo complesso, il Friuli non cedette il campo e – tra perlustrazioni, mezze sortite, fughe e atti di coraggio – in quell’occasione seppe certamente fare quadrato intorno a Udine dimostrando per l’ennesima volta di quale tempra sappiano essere i suoi abitanti. Ecco che abbinando allora il ricordo dei cinque secoli dei fatti di resistenza sopraccitati alla celebrazione del settecentenario di quelli del 1309 che videro protagoniste le donne udinesi presso l’antico Portone di Grazzano, il Circolo Universitario Friulano Academie dal Friûl e il Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico Fogolâr Civic, impegnati oramai da decenni nel rinnovamento delle memorie territoriali di comunità, intendono proporre specificamente il 2009 come anno celebrativo della virtù civica della fortezza calata nella storia locale. A memorie e luoghi dimenticati della fortitudo – virtù caratteristica di ogni popul salt – ossia della resistenza civica friulana e udinese attraverso i secoli, i due sodalizi in parola desiderano dedicare uno dei loro dépliant culturali partecipati ovvero stampati grazie alle libere contribuzioni della cittadinanza, a dimostrazione di un interesse sociale spontaneo a una vera tutela dei beni storici della collettività che diventa senz’altro anche mobilitazione delle coscienze. A tale iniziativa di promozione dal basso, didattica e socio-turistica, di luoghi e memorie di comunità sul territorio, aderisce anche la cinquantennale Parrocchia di San Pio X in Udine, giunta alle sue nozze d’oro con la periferia storica sudorientale udinese e certamente attenta alla valorizzazione della storia del suburbio di riferimento. Da ricordare a questo proposito la recente pubblicazione di Franco Sguerzi ed Elio Varutti intitolata La nostra Parrocchia di San Pio X a Udine: 1958-2008. Cinquant’anni di memorie condivise, edita nel 2008 dall’Academie dal Friûl con il contributo finanziario della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Academie dal Friûl e Fogolâr Civic hanno coinvolto la Parrocchia stessa anche in un’occasione commemorativa sul territorio di quei fatti così memorabili in tema di cultura civica che videro per l’appunto la Patria del Friuli fare quadrato intorno a Udine per difendere dall’aggressione da parte di mezza Europa una Repubblica veneziana considerata tanto usurpatrice quanto liberatrice dallo strapotere dei potenti locali. Non la lealtà nei confronti di Venezia, però, ma la tenacia di chi ci ha preceduti in questo angolo di mondo nel tenere testa alle mille avversità riservategli dalla Storia è stato, in questo caso, il vero oggetto di celebrazione. Il luogo deputato scelto dai sodalizi promotori dell’iniziativa? Quella medievale Crux o crocevia ma anche facilmente croce od ancona del Cerviel, località storica segnante l’antico confine meridionale del Comune di Udine alla confluenza in Via Baldasseria Bassa delle attuali Vie Lauzacco e Lavariano. In detta località, che dovette assumere nel corso dei secoli diverse denominazioni quali Latisana (?), Baldasseria, Lisbona, Casali Clocchiatti, Piccola Parigi, carica anche di memorie napoleoniche e risorgimentali nonché testimone anche di altri momenti di resistenza civica, oggi esiste un’effige della Madonna del Viandante, opera recente del pittore Mario Stefanutti, posta all’angolo fra le Vie Baldasseria Bassa e Lauzacco. In quell’ancona, la Vergine con il Bambino, omaggiata dal forestiero e associata all’immagine del Battista fanciullo (San Giovannino), ha sullo sfondo oltre ad uno scorcio della località anche quello del castello di Udine vagheggiando richiami all’antico simbolo udinese della Madonna reggente il Castello o della personificazione della virtù civica della Fortezza con torre imbandierata recante l’insegna cittadina. Quell’immagine, commissionata dalla signora Severina Barbiero-Nonino, risulta essere felice sintesi dell’identità storica del luogo, porta del territorio urbano sull’antica strada di Aquileia, quindi località di passaggio, di apertura a chi viene da fuori ma anche ideale e vissuto baluardo contro avversità variamente incarnate. Come non associare tra l’altro alla rustica ed integerrima intransigenza caratteristica del Battista il celebrato tratto di un modo di essere tipicamente aquileiese e friulano divenuto leggenda e oggi sempre meno realtà quotidiana? Un luogo deputato per celebrare e per ripensare una Udine che si specchiò nel mito civico resistente di Aquileia e di Troia. Un luogo i cui simboli e le cui memorie, pur nell’apparente ordinarietà di una periferia urbana non sempre attenta alla poesia del paesaggio e delle architetture tradizionali, possono richiamare, nel migliore dei casi, viandanti e residenti debitamente informati a una pur sfuggente riflessione sul tema di quel duplice ruolo di rifugio e baluardo di umanità proprio di ogni comunità del mondo anche in quest’era di frenesia vacua e di relativismo che con l’egoismo facilmente annacqua capacità di resistenza antiche”.

Precedente Co i furlani i ga salvà Venesia Successivo When Friulians saved Venice