Arengo udinese e Giornata friulana di mobilitazione contro la precarietà

Comunicato ARENGUM/ARENGO/RENC alla stampa italiana – Udine, 31 GENNAIO 2020

L’ARENGO UDINESE E LA “GIORNATA FRIULANA DI MOBILITAZIONE CONTRO LA PRECARIETÀ”

Con una dedica civica a martiri, vittime e avversari del precariato lavorativo ed esistenziale contemporaneo, la presidente dell’Assemblea popolare cittadina ha inaugurato, a Udine, presso il simbolico Pozzo di Giovanni, la prima edizione di un appuntamento annuale in memoria del sacrificio, nel 2017, del giovane friulano Michele Valentini.

Titolare della Capitale del Friuli Storico ed erede morale della cosmopolita grande metropoli alpino-adriatica di Aquileia, la cittadinanza udinese, riunita in arengo il 30 settembre 2019 presso la prestigiosa sede universitaria locale di Palazzo di Polcenigo o Garzolini di Toppo Wassermann, dichiara la scadenza del 31 gennaio Giornata friulana di mobilitazione contro la precarietà, commemorativa del suicidio del giovane corregionale Michele Valentini, avvenuto nel 2017 quale atto di protesta estremo in faccia al precariato lavorativo ed esistenziale contemporaneo”. Questo il testo della “Dichiarazione in ordine all’istituzione della Giornata friulana di mobilitazione contro la precarietà” (arengumutini300919.14.1.12), deliberata lo scorso anno dall’Assemblea popolare udinese e istitutiva di un appuntamento socioculturale di particolare attualità e gravità. Venerdì 31 gennaio 2020, di buon mattino, in Via Stringher a Udine, presso lo storico pozzo locale di San Giovanni, antica memoria di rivolta civile, il cameraro presidente del congresso civico, prof.ssa Renata Capria D’Aronco, ha, quindi, inaugurato la prima edizione dell’iniziativa, da svilupparsi negli anni a venire, con il gesto simbolico della collocazione di una dedica morale a martiri, vittime ed avversari del precariato contemporaneo. L’alta rappresentante civista ha rimarcato l’importanza di una seria e perseverante presa in carico sociale ed istituzionale delle problematiche della precarietà, non circoscritte esclusivamente al campo economico, ma abbraccianti oggi ogni dimensione della vita umana. Apprezzata, alla mattiniera cerimonia, la presenza del Presidente del Consiglio comunale udinese, dott. Enrico Berti, in rappresentanza dell’Amministrazione locale, che ha avuto parole di elogio per intenti e gesti connessi alla scadenza di mobilitazione proposta dall’Arengo, auspicando senz’altro future sinergie e collaborazioni al fine di estendere con sempre maggiore efficacia i voti dell’iniziativa stessa. La prof.ssa Capria D’Aronco era accompagnata dal cancelliere dell’Assemblea popolare cittadina, prof. Alberto Travain, nonché dalla consigliera rionale arengaria sig.ra Renata Marcuzzi, in rappresentanza della deputazione dei moderni quintieri udinesi, e dalla sig.ra Milvia Cuttini, delegata sociale del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic”, sodalizio primo promotore di una memoria popolare attiva del sacrificio del giovane tarcentino che il 31 gennaio 2017 compì l’estremo gesto di togliersi la vita, siglandolo con un ultimo messaggio al mondo dal quale si sentiva tradito. Eccone, l’amaro testo: Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi. Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte. Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità. Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia. Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile. A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo. Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive. Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione. Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare. Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno. Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’. Basta con le ipocrisie. Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, il modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri. Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino. Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene. Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento. P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi. Ho resistito finché ho potuto”. Informati dell’iniziativa di mobilitazione socioculturale in memoria del tragico gesto del figlio, i genitori del trentenne friulano, i signori Grazia Zuriatti e Roberto Valentini, hanno inviato una nota alla Cancelleria dell’Arengo udinese, dicendosi “grati e commossi perché a distanza di tempo continuate a onorare il ricordo del nostro Michele sottolineando la sua denuncia delle politiche di un mondo che pratica lo scarto di intelligenze portatrici di slanci creativi e di desideri di partecipazione a un nuovo modello di società, quella onesta e inclusiva. Grazie di cuore”. In serata, ospite del Comune, una delegazione dell’associazionismo della “Capitale del Friuli Storico”, raccordata dal Fogolâr Civic ed integrante segnatamente il Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, il Club per l’Unesco di Udine, il Coordinamento Euroregionalista Friulano “Europa Aquileiensis” e il Coordinamento Civico Udinese “Borgo Stazione”, delegazione guidata dal suddetto cancelliere vicepresidente dell’Arengo cittadino, prof. Travain, ha reso omaggio al sacrificio del giovane Valentini, nel salone del Parlamento friulano, al Castello di Udine, deponendo una rosa presso gli scranni sotto l’effige di Catone Uticense, emblema locale ed internazionale di somma rivolta contro ogni tirannide. Gradita presenza alla cerimonia è sta quella del padre del compianto. Riguardo agli sviluppi prossimi venturi dell’avviato appuntamento annuale di mobilitazione contro il precariato lavorativo ed esistenziale contemporaneo, il vicario arengario ha parlato innanzitutto di “promozione di momenti di ascolto, dibattito e proposta normativa” intorno ai temi in oggetto, “con l’auspicato coinvolgimento di istituzioni, individui e formazioni sociali di sincera buona volontà”.

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