CCU BORGO STAZIONE – Pressemitteilung (für die italienische Presse) – Udine (Weiden), 2 September 2019
RELAZIONE SOCIALE SULLO STATO DEL BORGO STAZIONE DI UDINE NEL 16° ANNIVERSARIO DEL LOCALE COORDINAMENTO CIVICO
Un “cahier de doléances” di quartiere, pubblicato nell’ultimo numero unico del sodalizio rionale del luogo, che ha celebrato il proprio genetliaco rinnovando il ricordo della compianta sua “pasionaria”, sig.ra Francesca De Marco, presso l’area verde a lei intitolata popolarmente.
Sedici anni or sono prendeva le mosse, nel capoluogo friulano, il celebre Coordinamento Civico Udinese “Borgo Stazione”, eccezionale esperienza di cittadinanza attiva procedente dal rione ferroviario di Udine, imperniata per un decennio attorno alla tenace e coerente azione di un’attempata civista locale rispondente al nome della compianta sig.ra Francesca De Marco, memoria grata in seno alla migliore società civile che, riunita in arengo, ha deliberato, nel 2017, d’intitolarle moralmente la rotonda fiorita di Piazzale della Repubblica, “porta” del borgo affacciata al centro della città, rispondendo ad istanza fieramente mossa da militante associazionismo capitanato dal Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic”. Nel 16° anniversario del sodalizio rionale, domenica 1° settembre 2019, presso la suddetta rotonda, si sono raccolti i vertici del coordinamento di Borgo Stazione, del Fogolâr Civic e di altre valide realtà associazionistiche per rinnovare la deposizione di una targa indicante l’intitolazione popolare del luogo all’indimenticata “Pasionaria” del quartiere. Per il prof. Alberto Travain, reggente dello storico comitato rionale oltreché leader fogolarista e presidente del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl” e del Coordinamento Euroregionalista Friulano “Europa Aquileiensis”, “condividere il ricordo di virtuosi esempi concreti di civismo significa candidarli a formare preziosa base di mentalità!”. “Mai cedere nella memoria!” ha detto la prof.ssa Renata Capria D’Aronco, cameraro dell’Arengo udinese, oltre a priore nazionale del Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, Cipro, Rodi, Malta e San Pietroburgo e presidente del Club per l’Unesco di Udine. È stata l’occasione anche per presentare il nuovo numero unico dell’organizzazione popolare di quartiere intitolato “L’Eco del Borgo Stazione di Udine”, recante la relazione annuale spontanea sullo stato del rione ovvero il “cahier de doléances” del vecchio suburbio ferroviario, documento di rilevazione dello spirito pubblico, rivolto innanzitutto alle Autorità competenti. “Un lavoro enorme di schedatura e di ‘cucitura’ di segnalazioni ed istanze civiche che vuole sperimentalmente riprendere la ponderosa opera avviata nel 2004 dallo stesso sodalizio rionale. Valuterò certamente anche in base alle garanzie di collaborazione concreta sul territorio se proseguire o meno nell’impresa. Dedico intanto l’impegno profuso alla carissima Francesca De Marco, madrina storica di tanta civica dedizione! Dedizione sì, ma non certamente a favore di un popolo che non dovesse dare i riscontri dovuti e sperati!”. In rappresentanza dello staff di coadiutori mobilitati dal prof. Travain, è intervenuta la collaboratrice sig.ra Renata Marcuzzi. Dell’importante documento di rilevazione prodotto, si riporta, a seguire, il testo introduttivo. “Spettabili Autorità competenti per il territorio del rione storico ferroviario di Udine e popolazione tutta, il 22 giugno 2004, l’allora novello Coordinamento Civico Udinese ‘Borgo Stazione’, convocata assemblea popolare o riunione informale della popolazione del quartiere ferroviario di Udine presso la sede della 1^ Circoscrizione municipale del tempo, deliberava d’impegnarsi a redigere periodicamente una relazione sulla situazione sociale e ambientale del rione storico di riferimento sulla base delle segnalazioni raccolte sul territorio, primo tentativo di sistematica rilevazione civica spontanea della realtà rionale, destinata in particolare alle Autorità e, per quanto possibile, da divulgarsi anche certo tra il popolo. Ora in chiave annuale, ora semestrale, l’iniziativa, pur validissima, inaugurata nello stesso anno, con la presentazione del primo rapporto ‘Rps Borgo Stazione’ nella ricorrenza civista udinese del 29 settembre, sarebbe successivamente sfumata, con la sua sistematicità, tra le modalità predilette dell’azione di quel Coordinamento, sempre più direttamente impegnato sul campo di una campagna a tamburo battente per la riqualifica in senso lato ‘ecologica’ del proprio quartiere. Oggi, divenuto tale Coordinamento memoria archetipa di mobilitazione civica virtuosa in ambito udinese, la sua scrivente reggenza ha disposto il rinnovo sperimentale di detto lodevole impegno civista, giovandosi innanzitutto del vario supporto collaborativo di qualificati residenti storici come la dott.ssa Patrizia Bortolotti, il maestro Giorgio Ferini, le signore Annamaria Gisolfi, Renata Marcuzzi, Laura Paviotti, la dott.ssa Lisa Picotti e la signora Mirella Valzacchi, primi osservatori o rilevatori dell’istanza sociale affiancati a chi scrive nella ricognizione dei sentimenti popolari espressi in quella parte di Udine dal 1° settembre 2018, data d’elezione del sottoscritto alla conservatoria del Coordinamento nel 15° suo anniversario. L’arcaico eppure efficace sistema del passaparola, espressione pragmatica di reti sociali fortunatamente ancora resilienti, costituite sull’urbanità e sulla sostanziale fiducia reciproca, è stato anche il modus della presente rilevazione, in forma d’indagine campionaria, senza pretese di capillarità sistematica, eppure testimonianza valida di uno spaccato di società locale che civisticamente, costruttivamente, virtuosamente, non vuole arrendersi a passività rispetto al governo dello scorcio di mondo in cui nello specifico si trova a risiedere. Ecco, allora, un rapporto, schematicamente integrante valutazioni ed istanze sociali di diverso grado, concernenti le principali criticità registrate e schedate, per valutata competenza primaria, sotto le ancorché promiscue macrovoci tematiche corrispondenti a ‘Società’ e ‘Territorio’. Non rileveranno, ai fini pragmatici di segnalazione delle carenze alle quali ovviare, le virtuosità espresse dal quartiere attraverso libera iniziativa di residenti e lavoratori ovvero su incentivo istituzionale: un plauso indistinto vada ad omaggiare ogni singolo impegno profuso ad incremento della qualità della vita e dell’ambiente dello storico rione cittadino. Altrettanto dicasi per tutti gli interventi pubblici, in settori diversi, mostratisi utili al bene comune. La natura di questo documento, però, non è quella dei ‘fasti triumphales’ , ma dei ‘cahiers de doléances’. In gran parte, quando la gente viene interpellata su ciò che pensa, su ciò che rileva di negativo in un certo ambito, su ciò propone di positivo per migliorare, o ammutolisce, disarmata da tanta considerazione del proprio giudizio, oppure si lancia in iperboliche cacce al ‘pelo nell’uovo’ che riducono alla fine il credito delle dichiarazioni rilasciate: l’equilibrio sta in mezzo! Eppure le possibili esagerazioni hanno, anch’esse, in nuce, un principio virtuoso di attenzione civica alla quotidianità di un territorio che ‘cum grano salis’ va considerato e valorizzato rispettosamente. Ecco, allora, l’affresco di un Borgo Stazione in cui si rilevano criticità talora riscontrabili in misura minore o maggiore anche altrove, sebbene le particolari vicissitudini antropologiche di tale quartiere oltre a farne, in qualche modo un unicum, ne favorirebbero, tra le altre, una ‘missione’ laboratoriale, sperimentale, tesa per davvero a creare un modello di rifondazione comunitaria in chiave inclusiva e coerentemente ed orgogliosamente radicata nella cultura territoriale. Eppure sul piano identitario-coesivo, mancano da sempre interventi istituzionali seri, strutturati e lungimiranti, mentre in materia di sicurezza ovvero di presidio del territorio, l’annosa istanza di maggiori presenza e visibilità della Forza Pubblica per deterrenza contro l’illecito sembra superata, nelle coscienze civiche, dalla necessità d’interventi effettivi, sistematici e pressanti, concretamente atti a debellare, non a contenere, l’insediamento di attività perniciose o malavitose. I cittadini onesti e non solo loro si stanno accorgendo che una pur visibile ma fuggente presenza poliziesca non vale tanto come deterrenza contro malaffare e degrado locali quanto come mero eppur dubbio antidoto contro l”insicurezza percepita’ tra la popolazione. ‘Carthago delenda est’: vanno debellati senza mezzi termini, non meramente controllati e gestiti, i comportamenti illegali e illegittimi che minano la sicurezza, la salute pubblica ed il decoro, oltreché il senso stesso della funzione e dell’esistenza necessaria di uno Stato! Lo impone l’imperversante, terribile, mala fama, tra la gioventù studentesca, che vede nel rione ferroviario udinese una sorta di ‘zona franca’ dello spaccio e del consumo di stupefacenti cui si addebitano anche le giovani, deboli, vittime registrate in quest’ultimo anno di rilevazione! Se di giorno Borgo Stazione può essere, dunque, ordine apparente, tale da permettere alle anime belle addirittura ancora di percepire un leggero riverbero della remota serenità borghese di quelli che furono i cosiddetti ‘Parioli di Udine’, certamente complice la presenza rassicurate di significativo pubblico presidio, di notte tutto ciò scompare e la deterrenza contro balordi e malintenzionati si riduce a comparse fuggevoli della Forza Pubblica oltreché alla civica segnalazione. ‘Carthago delenda est’: non c’è altro da fare, pena il tracollo delle Istituzioni nell’orizzonte dei cittadini, cosa inconcepibile per gravità di conseguenze e incertezza di prospettive eppure inesorabile in assenza o carenza di risposte strutturali concrete e percettibilmente efficaci! Borgo Stazione, però, è innanzitutto, caso antropologico, banco di prova localizzato della Vecchia Europa di fronte al tema delle migrazioni contemporanee, in cui spesso troppo si da per scontato e si affida a risposte ideologiche preconfezionate. La percezione di snaturamento ed alienazione della realtà autoctona tradizionale di un’area ristretta quale il rione ferroviario udinese, alienazione comunque forzata rispetto a un contesto socio-ambientale liberamente alterato a discapito di una residenzialità originaria ben presto ridotta, anche in base ai numeri, a sostanziale impotenza inclusiva, non può certamente non richiamare alla constatazione di una carenza di seri interventi ovvero di strumenti istituzionali atti ad una gestione socio-territoriale che garantisca legittimamente da corruzione culturale e funzionale aree ed edifici pubblici e privati. Da qui il sollecito alle Istituzioni a voler promuovere ed attivare detti strumenti ed interventi, utili ad assicurare anche, di diritto e di fatto, tessuti od elementi insediativi legittimi tradizionali autoctoni, sia di natura residenziale che commerciali. Questo a livello d’istanze generiche. Appartiene, infatti, allo spirito naturale di conservazione dei consorzi umani, non per forza al più becero razzismo, la disarmante e oggettiva osservazione di una significativa metamorfosi etnico-culturale del quartiere in esame, di fronte alla quale le conclusioni possono anche essere certamente molteplici e contrastanti, ma resta il dato di un fenomeno in gran parte subìto, per volontà o fatalità sovraordinate, e scontatamente non per forza accettato. Concreto il richiamo all’impotenza inclusiva di una comunità storica, per varie ragioni calante nei numeri oltreché da sempre non troppo coesa e caratterizzata culturalmente, se non davvero per sommi capi tradizionali di natura religiosa cristiano-cattolica e di estrazione sociale borghese. Quanto meno una parte della comunità autoctona legittimamente si sente tradita dalle Istituzioni, che, a vario livello, ne hanno permesso o non ne hanno impedito, in un certo qual modo, il ripiegamento di fronte al fenomeno immigrativo, non privo comunque di esempi virtuosi d’integrazione e di contributo alla qualità della convivenza civile locale. L’idea di una ‘casba‘ udinese o di luogo eterogeneo rispetto al restante contesto cittadino trova senz’altro fondamenti oggettivi nel dato immanente ed il suo percettibile dilatarsi lungo gli assi viari indirizzati verso il centro urbano non fa che aumentare la fibrillazione di quella parte di popolazione che non si rassegna legittimamente a veder alterato il proprio piccolo mondo e non se ne fa minimamente una ragione aderendo a letture religiose o ideologiche od a controversi piaceri estetici esaltanti l’esotico od il degrado. Tra le istanze storiche del territorio, che il Coordinamento Civico Udinese ‘Borgo Stazione‘ in anni passati si è fatto carico di rappresentare, a tutela di equilibri storici socio-culturali connessi alla residenzialità locale, va ricordata, per concretezza, ad esempio, quella invocante misure istituzionali di sostegno economico o sgravio fiscale a favore di categorie deboli di proprietà di lungo insediamento, a garanzia ancorché provvisoria di una qualche tenuta del tessuto socio-territoriale originario. Basta che un condomino, non per forza ma non di rado forestiero o straniero, accumuli ingenti morosità difficilmente recuperabili in ordine a spese condominiali, che i suoi consimili meno doviziosi, quei medio-piccoli pensionati che hanno investito i risparmi di una vita nell’“appartamentino”, come si diceva, ai “Parioli di Udine”, si trovano improvvisamente nell’impossibilità di reggere alle richieste di copertura comune del debito. Da qui forzose ritirate all’ospizio con corsa alla vendita della “casetta”, sempre più al ribasso, per la gioia perversa degli speculatori, causa la svalutazione degli immobili in un’area oggi non considerata ai livelli di un tempo. Da qui l’incentivo ad un più veloce sgretolamento della rete storica insediativa, ovviamente a breve comunque estinguibile per via naturale, ma non per questo da velocizzarsi deliberatamente per assenza di tutele specifiche. La rilevata disgregazione socio-identitaria del quartiere ferroviario, male che, in misura e termini diversi, minaccia l’intero Comune udinese e non solamente, inoltre, configura la civica percezione o constatazione di carenti pianificazione e iniziativa istituzionali a scopo d’integrazione socioculturale delle molteplici componenti della popolazione in un modello sperimentale locale radicato ed inclusivo. Non si vedono progetti pubblici d’integrazione davvero fondati e coerentemente perseguiti come non si vedono, a monte, per tutto il territorio di Udine, progetti seri di comunità, tesi a restituire effettivamente un senso profondo di coesione all’intero nesso cittadino. E senza progetto, possibilmente istituzionale, di comunità, a monte, ovviamente non può esservene uno, a valle, sufficientemente coerente d’integrazione! Ecco, allora, il sollecito, anche per questo, alle Istituzioni, con il civico auspicio di un pubblico impegno ad attivare o promuovere significativi momenti di autoriconoscimento sociale rionale, laicamente e interculturalmente radicato attorno a una tradizione o memoria autoctona da costituirsi positivamente come dato interetnico inclusivo. Questo voleva essere, ad esempio, lo sperimentato ‘compleanno‘ rionale nell’anniversario della Stazione ferroviaria e conseguentemente dell’omonimo suburbio, iniziativa lanciata con entusiasmo dallo scrivente Coordinamento nel 2010, poi abbandonata, causa diverse vicissitudini… Insomma, Borgo Stazione per parlare del mondo, delle sue problematiche universalmente sempre più incidenti nella vita delle realtà locali, da tutelarsi, queste, e ripensarsi come ‘buona scusa‘ atta a riaggregare capillarmente l’Umanità ed a reinventarla comunità e baluardo civile contro la barbarie di qualunque estrazione! Una sfida comune da vincere insieme!”. Dallo stesso foglio sociale si trae anche l’articolo di apertura, a firma dello stesso prof. Travain ed intitolato “’Mai molâ!’: un motto, un impegno…”. “‘Mai molâ!‘ era il motto della grande Francesca De Marco, la ‘Pasionaria‘ ovvero la ‘Signora di Borgo Stazione‘, attempata e irriducibile civista udinese alle cui sincere dedizione e tenacia il rione e l’intera ‘capitale‘ del Friuli, prima che a ogni altro, devono l’inedito esempio di un decennio di testimonianza sociale a presidio della qualità di vita, cultura ed ambiente nel quartiere ferroviario di una piccola città ad un angolo dell’Italia e ad un crocevia dell’Europa in tempo di globalizzazione. Una testimonianza che si denomina Coordinamento Civico Udinese ‘Borgo Stazione‘, da cui deriva anche il neotoponimo oggi utilizzato per indicare la stessa area storica, antica frazione municipale prima di venire integrata nell’ambito del centro urbano. Una sfida locale, dunque, su tematiche capillarmente universali, iniziata il 1° settembre 2003, con la cosiddetta ‘battaglia del Burghart‘, civica annosa mobilitazione che poté impedire l’abbattimento dell’omonimo magazzino di spedizionieri ungheresi rimontante al 1877, complesso storico, con giardino annesso, tra i più vetusti e caratterizzanti l’identità del suburbio ferroviario. Da allora, quindi, per circa un decennio, attorno alla De Marco e con il supporto culturale primario del movimento civista del Fogolâr Civic, quel Coordinamento seppe tener fede coraggiosamente alla sua funzione, sempre dialogando con le Autorità e le realtà migliori del proprio territorio. Il 22 marzo 2014, però, la ‘Signora di Borgo Stazione‘ doveva spegnersi, non senza amarezze per incomprensioni e collaborazioni mancate, serbando comunque sino all’ultimo la più limpida dedizione all’amato quartiere, di cui era nativa essendo originaria di Porta Cussignacco. Alle esequie intervenne persino il sindaco prof. Honsell, con il Gonfalone della Città! Seguirono anni di riflessione e ricalibratura, nel tentativo di proseguire il cammino intrapreso pur con coscienza che certe persone non sono affatto sostituibili per entusiasmo, capacità ed equilibrio d’azione. Si giunse così a un’assemblea popolare che, il 1° settembre 2018, attorno a una magnolia adiacente al Duomo, affidò al sottoscritto, leader dell’‘alleato‘ Fogolâr Civic, plenipotenziario quinquennale incarico a scopi di custodia e di promozione della preziosa esperienza storica del Coordinamento, fermi auspici di eventuale rilancio. Ecco, allora, ripartire l’iniziativa dei numeri unici informativi sociali e della periodica relazione, che si stabilisce annuale, in ordine alle criticità ed alle istanze del territorio. L’eco del passato, dunque, di una grande esperienza locale di cittadinanza attiva possa ridivenire voce autorevole nell’attualità di una città e di un consorzio civile comunale i cui senso, ruolo, consistenza e orizzonti paiono davvero sempre più sfumati e necessitanti di valido presidio oltreché di utile contributo teso a incremento! Certo, ‘Mai molâ!‘: questo il motto, l’impegno!”. La curiosità: il numero unico sociale si chiude con una pagina culturale intitolata “Album di famiglia” in cui campeggia un severo ritratto del “Conte Giuseppe Radetzky di Radetz (1766†1858)”, “il famoso generale e governatore asburgico conte Giuseppe Radetzky, al quale s’intitola la più nota marcia militare austriaca, colonna sonora mitteleuropea dei festeggiamenti del Capodanno, è da considerarsi come padre nobile della Stazione ferroviaria di Udine e conseguentemente dell’omonimo suburbio, avendo egli, infatti, nell’Ottocento, caldeggiato, per ragioni strategiche, l’idea di una linea di collegamento territoriale su rotaia che certamente anche toccasse l’allora capoluogo del Friuli austro-veneto. La Stazione udinese fu, poi, inaugurata il 21 luglio 1860, quando il feldmaresciallo era già morto da due anni. Tale ricorrenza, rispolverata nel 2010, 150° anniversario, dal Coordinamento Civico Udinese ‘Borgo Stazione‘, si ripropone oggi come ‘compleanno‘ del quartiere storico, utile momento identitario oggettivo attorno a cui reinventarsi comunità locale aperta al mondo ma radicata in terra friulana…”!