Note FOGOLÂR CIVIC pe stampe taliane – Udin, 27 Otubar 2018
“NO UARIN CHE NISSUN DISPONI DI NÓ, SENZA DI NÓ!”
Il Fogolâr Civic ha celebrato a Udine il centenario dell’istanza di autodeterminazione del Friuli austriaco, istanza avanzata al Parlamento di Vienna dai deputati cattolici dell’antica Contea di Gorizia e Gradisca il 25 ottobre 1918. Da lì, forse, il celebre motto “Di Bessôi”. Il presidente prof. Travain: “Una pietra miliare lungo la strada dello sviluppo di un’autocoscienza nazionale del popolo friulano”. Il vicesindaco di Udine rag. Michelini: “Un’occasione di riflessione affinché si possa arrivare un domani a sistemi federali in cui anche i friulani trovino una piena realizzazione della propria identità comunitaria!”. Presente anche un discendente del parlamentare mons. Faidutti, il parente Enzo. E il cameraro dell’Arengo udinese prof.ssa Capria D’Aronco attacca il Governo che pare cancellare ufficialmente la Storia dagli esami di maturità.
“…Di fronte alle aspirazioni d’annessione dell’Italia e degli slavi meridionali, di fronte al quesito se unirsi o non unirsi ai nuovi stati nazionali che si vanno formando sul territorio austroungarico, di fronte al quesito, se mantenere o troncare l’attuale intimo nesso nazionale ed economico esistente tra il Friuli e Trieste, come pure di fronte ad altre possibilità, che eventualmente potessero sorgere, il popolo friulano deve essere libero di prendere posizione da sé, nel momento in cui sarà necessario. Nuove situazioni possono rendere necessarie nuove decisioni; noi non vogliamo prevenire la decisione da prendersi al presentarsi di situazioni nuove. Ma, ogni decisione sul Friuli senza interrogare il popolo friulano, sarebbe, da qualunque parte la si volesse tentare, una violenza, sarebbe una violazione delle massime fondamentali così solennemente e ripetutamente proclamate dal presidente Wilson e così generalmente approvate. Una tale decisione, noi, a nome del nostro partito, la respingiamo. Nihil de nobis, sine nobis! Se duch nos bandonin, nus judarin besoi. Dio che fede il rest: no uarin che nissun disponi di nó, senza di nó!”. Ecco il passo chiave tratto dal verbale, come si è detto, “dal discors dal deputât furlan Giuseppe Bugatto al Parlament di Austrie ai 25 di Otubar 1918” che il prof. Alberto Travain, presidente del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic”, del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, del Coordinamento Euroregionalista Friulano “Europa Aquileiensis” oltreché delegato presidenziale del Club per l’Unesco di Udine e conservatore del Coordinamento Civico Udinese “Borgo Stazione”, ha pubblicamente letto in piazza, “a Udin, capitâl morâl di dutis lis Furlaniis, ai 25 di Otubar 2018, alì de Statue de Pâs di Cjampfuarmit, a 100 agns finîts de pretension de autodecision politiche dal Friûl Austriac in fin de Prime Vuere”. Il 25 ottobre 2018 ricorreva, infatti, un centenario importante per il popolo friulano, incredibilmente, come spesso accade, non considerato, dimenticato. Si disse che la Prima Guerra Mondiale era stata fatta anche per permettere a tanti popoli europei sudditi di grandi imperi di liberarsi, autodeterminarsi, decidere autonomamente del proprio destino. Non fu sempre così. Parte dei friulani dell’impero austro-ungarico chiese di esprimersi spontaneamente sul proprio futuro qualora l’impero si fosse dissolto. In un memorabile discorso di fronte al Parlamento di Vienna, il 25 ottobre 1918, il deputato Giuseppe Bugatto, del Partito Popolare Friulano, affermò, infatti, il diritto del suo popolo all’autodeterminazione ossia a non accettare da chicchessia imposizioni in ordine alla propria appartenenza statuale. Insieme al collega mons. Luigi Faidutti, fondò in seno al Parlamento austriaco un Consiglio Nazionale Friulano avente lo scopo di tutelare diritti e autonomie dei friulani d’Austria, fedelissimi ai sovrani Asburgo sin dalla fine del Quattrocento. Il suo partito, già il 20 ottobre, aveva salutato “con soddisfazione l’iniziativa della Corona di costituire nei territori ad essa appartenenti, per ogni popolo uno Stato indipendente, confederato agli altri Stati nazionali della Monarchia”, auspicando “la cessazione della guerra” e “la formazione di una Confederazione europea soggetta ad un arbitrato internazionale, che escluda in avvenire l’uso delle armi nei conflitti tra governi”: quanta lungimiranza! Si reclamava, così, “la piena libertà di auto determinazione del popolo friulano sulla sua sorte futura, qualora nelle trattative internazionali si volesse procedere a qualsiasi mutamento nella sua pertinenza statale”. Si dichiarava, inoltre, “che il centro di gravitazione economica per tutto il Friuli è la città di Trieste e che sta nel reciproco interesse del Friuli e di Trieste, che la posizione privilegiata, che s’intende di conferire alla città di Trieste entro la Confederazione austriaca, sia estesa anche al Friuli, le cui marine fanno parte del golfo di Trieste”: si sperava quindi per il Friuli austriaco associato a Trieste un ruolo di prim’ordine nelle nuove storia e geografia europee. I propositi di Bugatto e Faidutti furono affossati dalla vittoria finale italiana con la conseguente annessione del Friuli asburgico all’Italia: ad entrambi i deputati friulani a Vienna fu impedito di rientrare in patria causa minaccia di persecuzione. Il principio di autodeterminazione dei popoli, tanto sostenuto dal presidente americano Thomas Woodrow Wilson, per le genti del Friuli austriaco, come per tante altre, non doveva valere. Resta la lezione di quel singolare momento storico in cui, mentre le grandi nazioni affacciate all’Europa centrale si distinsero e si divisero in una corsa alla rivalità che condusse a un secondo conflitto mondiale, il piccolo Friuli austro-ungarico ambiva ad essere, pur certamente con la propria identità, perno di unità europea associato al grande porto di Trieste come, un tempo, alla metropoli di Aquileia. Travain, nella sua introduzione in lingua friulana, ha potuto constatare l’eccezionalità, in un quadro regionale, dell’iniziativa commemorativa promossa dalle associazioni da lui rappresentate, ciò orgogliosamente per il rilevabile primato e amaramente per la diffusa dimenticanza di un fatto storico così straordinario per l’identità “nazionâl” friulana quale la pretesa autodeterminazione del piccolo popolo derivante il suo nome da Giulio Cesare nella cornice di una federazione, di uno “stato federale, in cui ogni nazione entro il suo territorio di stabile dimora formerà una propria comunanza di stato”, come aveva scritto l’imperatore Carlo d’Asburgo nel suo appello “Ai Miei fedeli popoli austriaci!” datato da Vienna, 16 ottobre 1918, letto anch’esso in piazza a Udine nella ricorrenza summenzionata, appello al quale Bugatto e Faidutti presto risposero rappresentando le istanze di rispetto della loro piccola comunità nazionale. Dalle parole del presidente di Fogolâr Civic e Academie dal Friûl è emerso, pertanto, l’orgoglio civico di un’iniziativa spontaneamente derivata dall’impegno di un illuminato associazionismo e nello specifico da una realtà quale quella udinese così riproposta all’intera regione e non solamente quale cuore e sintesi delle migliori memoria e coscienza delle genti del Friuli in tutte le sue dimensioni storiche, geografiche e ideali. Oltre a ricordare come le pregnanti parole in friulano a conclusione dello storico discorso di Bugatto al Parlamento viennese – parole da alcuni attribuite al collega Faidutti – siano davvero state le prime a essere verbalizzate in quella data lingua nell’ambito di un’alta assemblea rappresentativa contemporanea, Travain ha siglato la sua applaudita orazione ripetendo il motto cancelleresco medievale udinese in latino “Melius est quod patria destruatur quam libertas amittatur” ovvero “meglio la patria distrutta che la libertà conculcata”, richiamo ad una remota coscienza del diritto all’autodeterminazione, già ben presente e rappresentata nelle storiche, sebbene spesso sconclusionate, aspirazioni dei friulani di un tempo, evocate anche da taluni canti d’autore quali – è stato ricordato – il battagliero e controverso inno di Ugo Pellis, di circa un secolo fa, dichiarante orgogliosamente e senza mezzi termini “Chiste tiare cà ie nestre / dome nô cà sin parons…”. Lo stesso famoso slogan locale “di bessôi”, nella sua accezione più pregnante, risulterebbe per la prima volta attestato proprio nel discorso di Bugatto, ha ricordato Travain, richiamando un saggio di Ğuan Nazzi Matalon del 1991. Un’occasione, quindi, ha rimarcato il Professore, “piere miliâr te strade dal svilup di un sens so nazionâl dal popul furlan”! Deferenti ricordo ed omaggio il leader culturale friulano ha rivolto, in tale contesto, a governo e patrioti della cosiddetta nuova Repubblica di Catalogna, incarcerati e perseguitati dall’odierno Regno di Spagna con il passivo beneplacito dell’Unione Europea. È intervenuta in fascia l’Autorità comunale udinese nella persona del vicesindaco rag. Loris Michelini, il quale, apprezzatissimo, in buona lingua friulana anch’egli, ha auspicato che l’importante gesto di testimonianza promosso dal Fogolâr Civic possa richiamare a riflessione le coscienze del popolo friulano affinché si possa arrivare un domani alla realizzazione di sistemi federali in cui anche gli stessi friulani trovino una piena realizzazione della propria identità comunitaria. Un caloroso applauso ha salutato anche la commossa allocuzione, sempre in “marilenghe”, di un rappresentante della famiglia del citato mons. Faidutti, il parente Enzo Faidutti, che ha ricordato come, alla Camera dei Deputati austriaca, l’antenato fosse seduto tra i colleghi Giuseppe Bugatto ed Alcide De Gasperi, il futuro premier d’Italia, e quanto incisivo e indefesso fosse il suo impegno a favore e tutela degli umili della contea goriziana di cui, tra le altre, fu ultimo capitano provinciale asburgico. Una narrazione ricca di particolari: dalla grande fiducia di Casa d’Austria che lo avrebbe voluto come precettore dei principini d’Asburgo all’odio del governo fascista italiano che lo ostracizzò dall’ex Friuli Austriaco da poco annesso al regno sabaudo. Toccante il racconto della vista del parente alla tomba dell’avo nella cattedrale lituana di Kaunas dove fu sepolto dopo avere svolto, praticamente in esilio, importanti funzioni diplomatiche in riva al Baltico per conto della Santa Sede. “Ducj i fruts di scuele in Lituanie a san la storie di Faidut, in Friûl trops sono: no ise une vergogne?” si è chiesto il signor Enzo ricordando l’emozione di deporre sul sepolcro del grande patriota friulano dei fiori recanti i colori azzurro e giallo del Friuli. È intervenuto, poi, il cameraro presidente dell’Arengo civico udinese, prof.ssa Renata Capria D’Aronco, accompagnata dai procuratori arengari sig. Alfredo Maria Barbagallo e dott.ssa Maria Luisa Ranzato oltreché dalle consigliere popolari sig.ra Jolanda Deana e prof.ssa Luisa Faraci. La D’Aronco ha portato il saluto della cittadinanza congregata in assemblea e nell’esprimere condivisione nei riguardi dell’iniziativa commemorativa ha fortemente criticato il recente disposto ministeriale teso a cancellare la presenza ufficiale distinta della materia storica dalle tracce della prova scritta d’Italiano agli esami di maturità: “Oggi siamo qui perché richiamati a questo dalla Storia. Se agli occhi dei nostri giovani si viene a svilire la centralità della conoscenza storica nella formazione alla cittadinanza siamo al tracollo ed abbiamo, come cittadini, il diritto e il dovere di alzare la voce!”. “Se le intenzioni sono quelle, ci troviamo davvero di fronte alla fine della civiltà!” ha soggiunto allarmato lo storico Barbagallo. Presenti, tra le file del più vario civismo culturale raccolto dal Fogolâr Civic, anche la dott.ssa Laura Zanelli, presidente dell’Associazione Giulietta e Romeo in Friuli, e la sig.ra Anna Maria Gisolfi, “capitano” paliesco dei Borghi udinesi e presidente dell’Associazione “Antico Borgo Aquileia”. In rappresentanza del Club per l’Unesco di Udine, oltre alla presidente D’Aronco, c’erano i sodali Renata Marcuzzi e Giovanni Papinutti. Per il Fogolâr Civic sono intervenute le attiviste Marisa Celotti, Luigina Pinzano, Paola Taglialegne e Mirella Valzacchi. Il 17 ottobre 2018, anniversario del Trattato di Campoformio che nel 1797 aggregò l’intero Friuli all’Europa asburgica, era stata anche inviata una lettera ai presidenti delle due Camere del Parlamento austriaco sul tema del centenario della richiesta di autodeterminazione del popolo friulano nel quadro auspicato di una confederazione europea di popoli e Stati liberi che sarebbe dovuta nascere nei territori dell’impero asburgico per evitarne la dissoluzione in seguito alla Prima Guerra Mondiale. Nessun riscontro. Si era anche scritto al sindaco di Udine, prof. Pietro Fontanini, invitandolo ad assumere l’iniziativa, come Comune della Capitale del Friuli Storico, di una lettura pubblica solenne del discorso di Bugatto alla Camera di Vienna, da tenersi propriamente presso il grande salone del Parlamento della Patria del Friuli, in cima all’acropoli udinese, cuore della Friulanità, ma evidentemente il Primo Cittadino ha preferito inviare il suo valido vicesindaco all’evento sociale spontaneo del Fogolâr Civic, riconoscendo così il valore particolare di un momento commemorativo civile procedente da moto spontaneo.