“Cuintri des catedris no pues sei scuele!”

Note FOGOLÂR CIVIC pe stampe taliane – Udin, 6 Otubar 2019

“L’ESAUTORAMENTO DEGLI INSEGNANTI COMPORTA IL TRACOLLO DELL’INSEGNAMENTO!”

Durissima requisitoria del presidente del Fogolâr Civic euroregionalista del Friuli contro le derive del sistema scolastico italiano, in occasione degli incontri culturali organizzati dal Club per l’Unesco di Udine a ridosso della Giornata Mondiale degli Insegnanti.

“Cence autoritât di cui che al insegne, insegnament nol è!”: questo il titolo della conferenza, in lingua friulana, tenuta dal prof. Alberto Travain, presidente del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” e del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, venerdì 4 ottobre 2019, presso la rinomata sede accademica udinese di Palazzo di Polcenigo Garzolini di Toppo Wassermann, nella cornice degli incontri culturali organizzati dal Club per l’Unesco di Udine a ridosso della Giornata Mondiale degli Insegnanti. Si è trattato di un’appassionata e durissima requisitoria del leader euroregionalista locale contro le derive del sistema scolastico italiano, riscontrabili ampiamente anche nel Friuli Venezia Giulia. Il prof. Travain, tra le altre, delegato presidenziale alla formazione civica ed alla cittadinanza attiva del suddetto Club, ha illustrato una propria articolata lettera di denuncia indirizzata lo scorso 1° agosto al Ministro dell’Istruzione pro tempore e rinnovata il 12 settembre seguente al successore dello stesso, indicante all’oggetto “auspici di riforma in campo educativo scolastico tutelante ineludibilmente la pubblica funzione docente”. Eccone il testo originario, rimontante alla suddetta data agostana.“Pregiatissimo, la presente, nell’anniversario dell’atto sovrano di riconoscimento della prima università friulana (1353), ultimo livello della formazione, per rappresentarLe il sincero cruccio che si registra anche in queste terre, angolo d’Italia e cuore d’Europa, riguardo alle sorti di una basilare educazione della gioventù. Osservato anche da questo amato Friuli Venezia Giulia, il deflagrare della situazione educativa nel Bel Paese non pare altro che manifesta dichiarazione d’inadeguatezza dell’ordinamento in quel dato settore. Sarà quindi d’uopo mettervi mano con serietà, certamente a procedere da una responsabilizzazione maggiore in materia che un quadro statale, necessario garante del consorzio civile, dovrà pur pretendere dai genitori ovvero dai tutori delle generazioni formande, a prova, tra l’altro, della concreta utilità sociale della famiglia o di nucleo consimile nella costruzione di una cornice di convivenza nella civiltà. In secondo luogo verrà, senza dubbio, la scuola dell’obbligo, che, vedendo, oggi, decadere disgraziatamente il nesso familiare come agenzia educativa primaria, si fa ‘prima linea’, ‘fronte’ effettivo di civilizzazione oltreché primo qualificato accesso al sapere di base. Se una ‘buona’ scuola è da costruirsi, come si suol dire, attorno al discente, essa non può essere strutturata, però, nella pratica, contro il docente, come, invece, accade, di fatto, oggigiorno. Ad una simile criticità non è dato pensare di trovar rimedio blandendo i docenti con la promessa di assunzioni in ruolo od aumenti di paga. Stipendi aumentati per motivare, diciamo così, gli insegnanti a ricevere con maggiore disinvoltura l’oramai quotidiano e gratuito oltraggio alle personali loro competenza, dedizione, dignità, identità? Una Scuola e uno Stato in cui non v’è rispetto per i docenti, a loro volta, non risultano affatto degni di rispetto! Bell’esempio da fornire alle giovani generazioni, che sin dai banchi della primaria risultano perfettamente coscienti del prevalere di mamma e papà, loro efficientissimi e ultra-accreditati sindacalisti, sui bistrattati loro precettori ancorché abilitati dallo Stato stesso che regolarmente li abbandona alle belve! Non si forma così la gioventù! Non si formano così i cittadini! I risultati sono chiaramente sotto gli occhi di tutti, tanto che si spiega, se non si giustifica, la proposta di un vicepremier tesa al ripristino del servizio di leva, che pure era in genere notoriamente, per vari aspetti, veramente tutt’altro che educativo. La ‘leva’ – nel senso migliore e fors’anche mai applicato – deve chiaramente essere la Scuola! Se, in Italia, il sistema educativo-formativo non risulta essere decisamente peggiore di tanti altri, è conclamatamente comunque claudicante e ciò non per forza è da addebitarsi a carenze numeriche o qualitative di educatori e formatori, ma a norme, sentenze e dinamiche che tutto fanno fuorché tutelarli nell’esercizio della loro funzione o, se non si vuol dire, della ‘missione’ socioculturale importante che svolgono. Manca una tutela che assicuri loro, prima di tutto, quella basilare serenità nell’agire didattico ed educativo continuamente e proditoriamente minacciata, nella scuola dell’obbligo ma non solo, dal deleterio e invadente capriccio d’isolati soggetti o manipoli genitoriali, spessissime volte demagogicamente e strumentalmente legittimati nel loro procedere da dirigenze il cui primo interesse è non perdere utenze, assillo intrinseco a una concorrenza tra scuole figlia dell’attuale sistema di autonomia scolastica ed acuito dalla sciagurata eliminazione del vincolo di territorialità delle iscrizioni, cosa che, in carenza di alunni, induce gli istituti davvero ad asservirsi alle bizze di genitori pronti ad usare i propri figli alla stregua di merce di scambio sino ad intaccare lo stesso sussistere delle condizioni per garantire o formare classi e per giustificarne il relativo organico! Una vera tirannide, purtroppo avallata dallo Stato italiano e dal suo ordinamento, che hanno permesso che così si alterino fondamentali principi democratici di partecipazione od ordinato concorso alla cosiddetta ‘comunità educante’. Un’oclocrazia non da oggi soltanto amministrata da un populismo imbonitore, spacciato per nobile ‘instrumentum regni’ che, al contrario, offende la statualità rinegoziando capillarmente, in base ai rapporti di forza locali, quei pochi chiari equilibri e regole legittimamente definiti a monte, a livello politico; un sistema in cui i principi di rappresentanza paiono cassati da deputazioni genitoriali ricorrentemente agenti in assenza di effettiva delega, nello specifico delle questioni, da parte della maggioranza dei loro rappresentati; una relazione scuola-famiglia in cui, anche in Friuli Venezia Giulia, i docenti si trovano scavalcati e snobbati dalla diffusa e vergognosamente accreditata e tutelata pratica del diretto ed informale ricorso gerarchico alle dirigenze, di cui capita addirittura che si salvaguardi l’anonimato, abbandonando, così, l’insegnante, indifeso, alla mercé di pressioni e richiami infondati o motivati, ancor peggio, da ragioni recondite e terze rispetto allo stretto dato educativo-didattico, ciò chiaramente a detrimento enorme di uno svolgimento effettivamente utile della funzione docente ed, al contrario, ad incremento di un rovinoso senso di onnipotenza di genitori ed alunni ‘ultra legem’ eppure, come tali, ammessi e riveriti… Una tirannide che associa illimitate ed accreditate istanze di facinorose famigliole – popolo, chissà, frustrato da una politica in cui poco conta ed al quale furbescamente è stato concesso, extrema ratio, di ‘riscattarsi’ in sede scolastica come sindacato dei propri figli! – alla pantocrazia, di fatto, assoluta di dirigenze anche incentivate economicamente a garantire con ogni mezzo un successo formativo dell’utenza commensurato sostanzialmente in base ai voti e alle promozioni, successo, questo, che, come addotto per mille rivoli, non corrisponde per forza alla realtà, ma può essere frutto di pressioni ‘strategiche’ sulle docenze, miranti, alla fine, a disincentivare ogni opportuno ma ingombrante rigore minacciante la resa finale delle scolaresche, con conseguenze più che deleterie per la formazione e l’educazione delle nuove generazioni, soprattutto in tema di senso del merito e dell’impegno! Norme e dinamiche connesse alle prime, oggi, elevano, infatti, il dirigente scolastico al rango di ‘dominus’ plenipotenziario, armato di strumenti di dissuasione e di repressione ufficiali e ufficiosi atti a ricondurre il personale docente entro utili alvei di pragmatismo che sempre più offende la funzione docente e con essa la stessa funzione pubblica. Insegnanti statali asserviti a dirigenti impegnati a garantire praticamente il capriccio di genitori e pargoli altro non significano che la negazione dello Stato stesso e della sua preponderante funzione di formatore alla cittadinanza in un consorzio civile cosciente, responsabile e rispettoso dei ruoli e dei fini! Con questi medesimi voti, in sostanza, anche nelle plaghe del nostro Friuli Venezia Giulia, lo Stato asburgico, primo in Italia e tra i primi in Europa, già secoli addietro aveva sperimentato un’efficente scuola dell’obbligo… Che ha da dire, dunque, il nostro presente di fronte a quel generoso passato, produttore di una conclamata civiltà dell’ordine, della serietà e del proficuo rapporto tra Istituzioni e cittadinanza oltreché di civile convivenza? ‘Altri tempi!’: sarà questa l’unica nostra risposta? O un’Italia in vena di sovranismo saprà anche trovare ovvero rinnovare una via ‘italiana’, in senso positivo, all’educazione oltreché all’istruzione, tale da sottrarre la scuola statale a traslati principi di ‘libero mercato’, contraddicenti la funzione pubblica di formazione alla civica coesione, che sottomettono gli istituti a disorientata e ondeggiante ‘domanda’, cullata da leggi, disposizioni, verdetti e dinamiche che rarificano in larga parte quel quadro cogente curricolare di base sul quale dovrebbe fondarsi il riscatto culturale e morale dell’intero Paese, dei suoi territori e delle sue antiche comunità, aperti ad includere ed a rinnovarsi nell’orgoglio e nella condivisione delle proprie tradizioni migliori? Una sfida, questa, che non può attendere tentennamenti, pena la necessità di ricorrere ad altri livelli territoriali e decisionali… Un cordialissimo, friulano, ‘mandi’!”. Un quadro preoccupante, di fronte al quale non c’è altra soluzione – ha detto Travain – che “un ribalton par tornâ a meti dongje”: una rivolta costruttiva, mobilitante la parte migliore della società, al fine di piegare Parlamento e Governo a sani consigli di riforma strutturale del comparto scolastico, sottraendo le scuole alla più diseducativa demagogia del marketing e sostituendo il regno del capriccio di un’utenza accarezzata e sregolata con quello, limpido, del dovere di una cittadinanza collaborante all’applicazione di norme e indirizzi democraticamente decisi nelle sedi istituzionali della politica. “Se un Stât al è democratic, il popul al scuen comandâ te politiche, no tes scuelis li che la politiche e à di rivâ za in forme di regule!” ha rimarcato il professore soggiungendo come questa società non migliorerà mai se la formazione delle sue nuove generazioni dipenderà dal capriccio della stessa. Recuperare il senso della funzione pubblica – un senso dello Stato tutt’altro che autoreferenziale – proprio in funzione della formazione delle nuove leve della cittadinanza: questo deve essere l’orientamento – ha affermato il presidente fogolarista – mentre si assiste, anche nel Friuli Venezia Giulia, a spiacevoli casi di malagestione in questo campo, da parte di talune dirigenze, casi stravolgenti concettualmente ogni basilare principio di armonia e correttezza nei rapporti scuola-famiglie, tra docenti e genitori, negativo esempio per i discenti, considerati, a parole, perno del sistema di pubblica istruzione. Raccolto fragoroso consenso di pubblico – presente anche qualificata rappresentanza del corpo docente oltre a delegazione sociale del Fogolâr Civic, guidata dalla segretaria sig.ra Iolanda Deana ed integrante i sodali sig. Pietro Maria Crestan, sig.ra Milvia Cuttini, sig.ra Renata Marcuzzi e sig.ra Paola Taglialegne –, l’intellettuale udinese ha ricevuto, infine, complimenti ufficiali dalla popolarissima presidente del Club per l’Unesco di Udine, prof.ssa Renata Capria D’Aronco, che ne ha elogiato la passione e il coraggio oltreché la fondatezza di idee.

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