Dediche furlane ae “unitât dai popui”

20181108

Note FOGOLÂR CIVIC pe stampe taliane – Udin, 8 Novembar 2018

UN BASTIONE DEL CASTELLO DI UDINE DEDICATO ALL’“UNITÀ DEI POPOLI”

Ad un secolo dalla fine della guerra che divise la Mitteleuropa, il civismo locale raccordato dal Fogolâr Civic ha idealmente intitolato il lato sud-ovest dell’acropoli udinese a quella coesione delle differenze al di là di ogni confine che sta nella lezione cosmopolita della “splendidissima” Madre Aquileia, prima metropoli “euroregionale” danubiano-adriatica. Critiche al sindaco Fontanini per parzialità nella lettura del conflitto che vide il Friuli sotto due bandiere.

Nel centenario della fine della Grande Guerra in Friuli, domenica 4 novembre 2018, il Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic”, con il patrocinio morale dell’Arengo cittadino udinese, attento anche a promuovere rinnovata coscienza delle tradizioni metropolitane centroeuropee della località nel solco di Aquileia, e in accordo con vario e qualificato civismo friulano, ha intitolato idealmente con la denominazione di “Bastione ‘Unità dei Popoli’” ovvero “Bastion ‘Unitât dai Popui’” il lato sud-ovest del piazzale del Castello di Udine, presso lo storico cippo confinario n. 67 tra Friuli austriaco e italiano, lacerante frontiera nel cuore della Mitteleuropa anticamente affratellata dalla metropoli aquileiese. L’occasione è stata introdotta da tre allocuzioni civili, in friulano, italiano e tedesco, rispettivamente a cura del professor Alberto Travain, dello storico Alfredo Maria Barbagallo e dell’architetto Roberto Pirzio-Biroli, sodali del movimento euroregionalista. In “marilenghe”, il prof. Travain, primo promotore dell’iniziativa oltreché presidente del Fogolâr Civic, del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl” e del Coordinamento Euroregionalista Friulano “Europa Aquileiensis”, ha definito la ricorrenza come divisiva sia sul piano locale che internazionale, risultando, al tempo, anche per sentimenti, il Friuli scisso tra Austria ed Italia e la Mitteleuropa approdante all’epilogo di una perdurante stagione di unità. Festa dell’Europa delle divisioni, quindi, degli Stati nazionali trionfanti sugli imperi multiculturali, ha ricordato il professore, e dunque, come tale, inadatta, a suo parere, ai friulani “veri”, europei due volte per essere sintesi del Continente, sebbene divisi da gelosie proprie e interessi altrui. Travain ha criticato il Primo Cittadino locale, prof. Pietro Fontanini, per le posizioni, ritenute “parziali”, espresse dallo stesso in scritti e discorsi in ordine al ricordo di detto anniversario, giudicandole non inclusive di una realtà storica friulana bifronte la cui “capitale morale” udinese parrebbe chiamata a rappresentare invece in tutte le sue complessità e contraddizione. Una complessità e una contraddizione che il leader civista ha fatto balenare anche rendendo omaggio al valore, sul Piave, degli italiani, da un lato, a difesa della patria invasa, e, dall’altro, a quello degli austroungarici, giunti a riscattare l’invasione della propria ed in larga parte sino all’ultimo fedeli all’idea europeista di uno Stato teso più o meno utilmente ad affratellare le nazioni. A seguire, ha parlato lo studioso Barbagallo, il quale, nella lingua di Dante, ha rimarcato l’importanza della trentennale attività memoriale del movimento del Fogolâr Civic, azione non solo stimolante ma sovente integrativa o supplente nei riguardi delle Pubbliche Amministrazioni. Del pari, lo storico ha ricordato come la Grande Guerra abbia potuto divulgare socialmente in Italia una qualche nozione di Friuli, in genere positiva e base della stima che uniformemente gli italiani parrebbero nutrire nei confronti di un popolo friulano composto da tanti “fuoriclasse” singoli ma solitamente divisi e tendenti ad autosvilirsi e a sottovalutare l’importanza della propria storia locale. Questo, Barbagallo ha voluto evidenziare formulando auspici di superamento di una situazione che muove chiaramente a discapito del Friuli. In lingua teutonica si è espresso, invece, l’architetto Roberto Pirzio-Biroli, professionista e accademico di fama internazionale, accompagnato da colleghi della Donau-Universität austriaca di Krems, il quale, volgendo lo sguardo al panorama godibile dall’alto del Castello, ha affermato come questo debba essere l’orizzonte di chi guida la città di Udine: un orizzonte senza barriere, in cui nemmeno le Alpi formano confine, bensì cerniera tra lato nord e lato sud di quella che fu l’Europa “aquileiese”. Ha preso la parola, poi, il “cameraro” dell’Arengo udinese, prof.ssa Renata Capria D’Aronco, storica presidente del Club per l’Unesco di Udine, che si è soffermata sul valore civico di una partecipazione a certi eventi “anche per coloro che non concepiscono, non possono, non sanno”, riconoscendo nell’iniziativa un alto principio di testimonianza a favore della pace e dell’avvicinamento tra le culture così caro all’Unesco. È seguito un intervento dell’arch. Amerigo Cherici, che ha voluto spezzare una lancia a favore dei poeti, presaghi inascoltati della catastrofe di cento anni or sono. Gli ha fatto simpaticamente eco il prof. Travain, ricordandogli senz’altro di escludere da quel numero il “vate” D’Annunzio e non pochi altri, interventisti, in qualche modo “complici” del massacro della Grande Guerra. Un indirizzo di saluto ad hoc è stato espresso anche dalla pittrice Alessandra Candriella, dell’Unione Pittori Artisti Friulani. È stata, poi, la volta del priore Giuseppe Capoluongo, della confraternita udinese del Santissimo Crocefisso, che ha auspicato, ad un secolo da quell’immane conflitto, maggiore affiatamento e solidarietà tra le genti dell’odierna regione e dell’Italia tutta. Ha parlato, poi, il giornalista Gianfranco Leonarduzzi, intervenuto in rappresentanza della locale Associazione Amici di Borgo Aquileia, il quale ha ribadito il diritto dei popoli all’autodeterminazione e alla libera federazione, friulani compresi, e ha rinnovato, anch’egli, l’idea dell’importanza della trentennale azione di coscientizzazione storico-civica proposta liberalmente alla città e al territorio dal prof. Travain insieme alle associazioni a lui facenti capo, con ciò ricordando espressamente come l’ignoranza e la “pazienza dei popoli” possano costituire “mangiatoia dei tiranni”. A seguire, è intervenuto il presidente Giuliano Gemo, dell’Unesco Cities Marathon, il quale ha tenuto a sottolineare la propria adesione a un’idea d’identità comunitaria innanzitutto fondata su fattori linguistici: “poiché le lingue non hanno confini”, ha detto. Nel suo indirizzo di saluto, poi, l’insegnante Laura Zanelli, presidente dell’Associazione Giulietta e Romeo in Friuli, ha rimarcato, in piena linea con lo spirito del suo sodalizio, la necessità di una promozione sociale dei sentimenti e degli affetti, a garanzia di miglior vivere. In seguito, l’educatore Eugenio Pidutti ha dialogato con il prof. Travain sul tema dell’apparentemente mancata lezione della Storia di fronte al ripetersi, durante il Primo Conflitto Mondiale, di madornali errori tattici e strategici, per cui si è ricordato come le nuove micidiali armi impiegate sui campi di battaglia d’Europa erano già state sperimentate mezzo secolo prima, nel corso della Guerra di Secessione americana, senza che, per questo, vi fosse stato un adeguamento consono delle azioni militari, e ciò a causa di diffusa mediocrità degli alti comandi e di scarsa considerazione per le perdite umane. Al regime di terrore instaurato tra la truppa ha fatto cenno, poi, nel suo intervento, l’istitutrice Rosalba Meneghini, cui ha fatto seguito il discorso conclusivo del prof. Travain che ha voluto additare e celebrare come eroi innanzitutto tanti umili moderni epigoni dell’omerico Tersite ovvero “i ribelli delle trincee”, gli ammutinati, i disertori, i contestatori, di tutti gli eserciti, più che legittimo elemento eversivo contro una Storia scritta sulla pelle dei popoli da criminali guerrafondai sui quali, inesorabile, non può che calare, si è detto, la condanna del mondo. Presenti, varie delegazioni associazionistiche. In rappresentanza dell’attivismo civico fogolarista, hanno preso parte alle cerimonie anche le militanti culturali maestra Manuela Bondio e signore Marisa Celotti, Renata Marcuzzi, Paola Taglialegne, Mirella Valzacchi. Tra i convenuti, pure la pittrice e studiosa friulanista Roberta Masetti e l’orientalista locale dott. Paolo Di Bernardo, promotore culturale della causa tibetana. E poi, tante bandiere friulane insieme ad un tricolore “euroregionalista” ispirato ai colori di Madre Aquileia. Dunque, ad un secolo dalla fine del conflitto che divise la Mitteleuropa, il civismo udinese euroregionalista ha voluto culturalmente associare, con la deposizione di una targa bilingue in friulano e italiano, il lato sud-ovest dell’acropoli udinese, presidiato dal “clap” confinario storico cervignanese n. 67, a quel valore di coesione delle differenze, al di sopra di ogni frontiera, che si registra nella lezione del mito cosmopolita della “splendidissima” Madre Aquileia, prima metropoli danubiano-adriatica. Un pensiero, un gesto, per ricomprendere e reinterpretare il passato e il futuro, la storia e il progetto di una città e di una terra ora di nuovo al centro del Continente politico!

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