DOMENICA 12 LUGLIO 2015

“Dopo 48 anni da parroco in San Pio X a Udine ora mi hanno messo da parte, ma, come dice il Papa, non mi considero uno scarto: voglio morire vivo, non vivere da morto!”. Con queste toccanti e ad un tempo fiere parole siglate dal motto “Dio benedica Palmanova!” si è conclusa, domenica 12 luglio 2015, nel duomo della celebre città-fortezza friulana, l’omelia del benemerito don Tarcisio Bordignon, rientrato nella località natale per avviare le celebrazioni del suo 60° di sacerdozio. Tempio stracolmo per la solennità del Redentore, retaggio di quell’antica Repubblica di Venezia che aveva ufficialmente posto Palmanova a guardia dei suoi confini nordorientali contro l’imperversante pericolo ottomano. Presenti autorità, clero, cittadinanza, rappresentanze culturali e sociali, tra cui il presidente del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” e del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, prof. Alberto Travain, che ha illustrato l’opera memoriale in fieri di don Bordignon intitolata “’Va’ e fa’!’. Ricordi in bozza di un sacerdote tra Alpi e Adriatico nel 60° della sua ordinazione”, testimonianza autobiografica promossa e raccolta dallo stesso prof. Travain al fine di tramandare interpretazione autentica di un’esperienza pastorale, sociale, culturale e umana certo meritevole di rimembranza. Nato a Palmanova nel 1930 da famiglia d’origini venete e formatosi all’ombra dell’eroico ed austero arciprete locale mons. Giuseppe Merlino, dal 1955 don Tarcisio Bordignon, da Latisana a Cave del Predil, da Tarcento a San Pio X in Baldasseria a Udine, si caratterizzò sempre come instancabile promotore di comunità: prete degli ultimi, degli umili, delle periferie, che con ogni mezzo cercò di accogliere e di riscattare. Come faro della sua missione, oltre chiaramente al riferimento divino, ebbe sempre l’esempio di quel don Adelindo Fachin, entusiastico propulsore della realtà sociale delle parrocchie di cui fu successore nella citata frazione udinese in cui operò per quasi mezzo secolo. Era stato infatti don Fachin, in punto di morte, a incitarlo a perseverare su quella strada dicedogli per l’appunto “Va’ e fa’!”.

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