EuroAquileienses 02.04.2021/I (it)

Comunicato FOGOLÂR CIVIC alla stampa italiana – Udine, 2 aprile 2021

CORNELIA UDINESE

Si sono svolte nel duomo di udine le esequie della decana del Fogolâr Civic euroregionalista friulano, Mirella Valzacchi, madre dell’intellettuale civista udinese prof. Alberto Travain: “Ho investito in cultura – diceva – aiutando mio figlio a studiare e a prepararsi per operare a favore del suo popolo!”. Sulla bara, l’antica bandiera da combattimento di Udine. All’esterno, l’omaggio popolare con un grande tricolore civico “euroaquileiese”.

Un funerale non è uno spettacolo, ma può essere una grande manifestazione culturale, di sentimenti, concetti, simboli; rappresentazione di contenuti, civiltà, identità. Così sono state anche le esequie di mia madre, grazie a indimenticabili fraterni amici”. Così il prof. Alberto Travain, coordinatore del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic”, presidente del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, leader del Coordinamento Euroregionalista Friulano “Europa Aquileiensis”, conservatore del Coordinamento Civico Udinese “Borgo Stazione”, delegato presidenziale alla Formazione Civica e alla Cittadinanza Attiva del Club per l’Unesco di Udine, a margine della cerimonia funebre che, mercoledì 31 marzo 2021, ha dato l’estremo saluto, nella cattedrale udinese, alla compianta madre, Mirella Valzacchi, significativa figura della società cittadina, ultima raffinata esponente della grande tradizione artistico-sartoriale del leggendario atelier “Pasquotti”, antico tempio udinese e friulano dell’alta moda internazionale; genitrice esemplare e devotissima al figlio cui ha dedicato ogni sacrificio e ogni sostanza; cittadina attiva e mobilitata, accanto al suo amato rampollo, sul fronte di un rinnovamento dell’identità ossia della coesione culturale e sociale di Udine, del Friuli e della Mitteleuropa, figli di Aquileia. Anna Buliani Gozzi, Anna Rosa Caeran, Giuseppe Capoluongo, Marisa Celotti, Bruno Ciancarella, Pietro Maria Crestan, Emanuela Cumin, Riccardo Cutrino, Milvia Cuttini, Renata Capria D’Aronco, Iolanda Deana, Maria Santa de Carvalho di Prampero, Paola Della Vecchia, Maria De Narda Tosoratti, Paolo Di Bernardo, Renzo Driussi, Massimo Duca, Luisa Faraci, Maurizio Franz, Franco Gremese, Gianfranco Leonarduzzi, Liliana Lipone, Alessandra Madotto, Renata Marcuzzi, Elisabetta Marioni, Rosalba Meneghini, Elisabetta Mingolo, Carlo Alberto Moretti, Brunilda Muca, Laure Pagani, Daniele Pagnutti, Luigino Peressini, Paolo Pertusati, Andreina Peverini, Chiara Picotti, Eugenio Pidutti, Valbona Rama, Maria Luisa Ranzato, Francesca Rodighiero, Fulvia Romanello, Nicoletta Rossi Beltrame, Andrea Sabbadini, Elena Sione, Paola Taglialegne, Victor Tosoratti, Giuseppe Vacchiano, Laura Zanelli e tanti altri ancora: certo, ai funerali della decana del Fogolâr Civic, celebrati dall’arciprete mons. Luciano Nobile, è intervenuta, affettuosamente, davvero la più varia rappresentanza della società locale: amministratori, artigiani, artisti, attivisti della cultura, del volontariato, commercianti, contabili, esercenti, giornalisti, farmacisti, impiegati, insegnanti, intellettuali, massaie, pensionati, politici, altri professionisti di settori, studenti, studiosi, in massima parte amici, sodali, vicini di casa, conoscenti ed estimatori. Il feretro della Valzacchi ha fatto il suo ingresso nella cattedrale udinese coperto dalla bandiera storica da combattimento dei quintieri” comunali del Patriarca Bertrando, figura mitica a lei molto cara in tema di giustizia e riscatto popolari, bandiera da lei confezionata nel 1998 ed assunta ad emblema di mobilitazione civico-culturale, guidata, in quegli anni, dal Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, per recuperare ed attualizzare le tradizioni di comunità, solidarietà e partecipazione della comunità locale. Il 1° luglio 2000, a Villaco, per la prima volta, quella bandiera sfilò come insegna di ciò che sarebbe diventato poi il popolare Fogolâr Civic. I colori bianconeri, i colori del cuore, della sua città, hanno potuto evocare, sulla sua bara, anche il ricordo delle grandi sfilate di moda della Vecchia Udine, primeggiante la Sartoria Pasquotti, suo indimenticato esordio giovanile in seno a quell’arte, che appunto chiudevano tradizionalmente abbinando un abito bianco ad uno nero, in omaggio al Gonfalone civico. Sulla bandiera, storicamente listata di rosso, anche cinque rose a ricordare le summenzionate cinque frazioni del popolo udinese originario ed il fazzoletto del Fogolâr Civic, deposto dal figlio sul bara materna, bianco come le toghe romane antiche, simbolo di cittadinanza universale, e recante la rosa bertrandiana e zamberlana, sintesi delle specifiche tradizioni civiche popolari del Friuli. Altro mazzo di rose è stato deposto dall’amica Maria De Narda, madre dello storico presidente dell’Academie dal Friûl, Victor Tosoratti, anch’egli presente, che nel 1998 assunse quella bandiera come simbolo di campagna civista. Sul feretro, infine, la Chiavetta di San Valentino, posta, con affetto, da Elena Sione, presidente del Gruppo Folcloristico “Stelutis di Udin”, rappresentativo delle tradizioni friulane della città, sorto nel borgo udinese di Pracchiuso nel 1977 ed intervenuto, in segno di omaggio, con labaro sociale. Dietro la bara, le bandiere dei cinque “quintieri” storici politico-militari della città, risalenti, secondo leggenda, come detto, al patriarca aquileiese Bertrando di Saint Geniès, padre della patria, vent’anni or sono eletto dal Consiglio comunale Patrono Civile di Udine su istigazione di Academie dal Friûl e del nascente Fogolâr Civic. E, quindi, l’insegna di Marcatovecchio, retta dalla prof.ssa Maria Luisa Ranzato e da Andrea Sabbadini; il vessillo di Mercatonuovo, portato dalle signore Anna Rosa Caeran e Milvia Cuttini; quello del quintiere di Gemona, tenuto dalla prof.ssa Luisa Faraci e da Rosalba Meneghini; quello del quintiere di Aquileia, recato dalle cittadine Marisa Celotti e Paola Taglialegne; e lo stendardo, poi, di Grazzano, affidato agli attivisti Giuseppe Capoluongo e Iolanda Deana. Tutte le insegne sono state deposti ai piedi dell’Altar Maggiore. “Sorelle e fratelli, abbiamo accolto le spoglie mortali di Mirella, che tutti abbiamo conosciuto, col canto Apritemi le porte del Cielo, entrerò per rendere grazie al Signore!’ Insieme con lei anche noi ringraziamo il Signore, perché è stato un punto di riferimento nella sua vita e perché anche lei è stata in mezzo a noi come persona significativa, in particolare per il figlio e le associazioni che lei ha sostenuto. Una presenza in città singolare, una presenza benvoluta, con la sua eleganza semplice, sobria, nobile, direi acquisita probabilmente non soltanto per natura ma perfezionata anche per il suo lavoro presso un atelier conosciuto. Penso che non sia passata inosservata nella nostra vita e nella vita della città. Siamo qui per presentarla al Signore, metterla nelle mani buone e misericordiose del nostro Dio e per partecipare al dolore di Alberto, il figlio, e di coloro che soffrono per la sua dipartita”. Così mons. Nobile ha accolto la salma della Valzacchi, l’ultima “pasquottina”, deceduta, ad 81 anni, per arresto cardiaco, il 15 marzo 2021, in seguito a ricovero ospedaliero causa contagio Covid del figlio convivente ed impossibilitato a gestire la madre in condizioni d’invalidità grave. Dopo due settimane, le esequie, appurata guarigione dell’erede, che ha chiesto esplicitamente che la prima lettura, in lingua friulana, fatta dalla portavoce fogolarista Rosalba Meneghini, fosse tratta dal testo biblico di Giobbe, dignitosa e vibrante rivolta di un’Umanità positiva e devota contro le sofferenze alle quali il Divino abbandonerebbe sovente il mondo. “Ancje s’o fos nocent, mi condanares il gno fevelâ; s’o fos just, mi fasares passâ par trist. Se un flagjel al rive a colp e al cope, lui si sbombe de disgracie dai nocents. Al lasse la tiere tes mans dai triscj… Ti tornial forsit cont a tibiânus e a dispreseâ la vore des tôs mans, biel che tu ur dâs cuarde ai progjets dai triscj? Àstu tu vôi di cjâr o cjalistu come ch’a cjàlin i oms? Sono forsit i tiei dîs come chei di un mortâl, e i tiei agns compagns di chei di un om, par che tu scuegnis lâ a sgarfâ te mê colpe e scrutinâ a font il gno pecjât, ancje se tu sâs che no ài fat nuie, e nissun nol pò liberâmi de tô man? Lis tôs mans mi àn fat e dade forme, ben fat sot ogni aspiet; cumò tu voressis disfâmi? Parcè alore mi àstu fat jessî dal grim di mê mari? O vivevi cujet e lui mi à ruvinât; mi à cjapât pal cuel e mi à fruçât e al à fat di me il so bersai. De sitât al ven sù il gemit dai muribonz e i ferîts a bèrlin domandant jutori, ma Diu nancje nol sint la lôr prejere. O ricognos che tu tu puedis dut e che nissun progjet par te al è impussibil. Scoltimi, ti prei, e lassimi fevelâ; jo ti interpelarai e tu tu mi inscuelarâs” (Jop 9,20,23-24; 10,3-8,18; 16,12; 24,12; 42,2,4). La lettura del salmo responsoriale è stata, poi, affidata al priore dell’antichissima confraternita udinese del Santissimo Crocifisso, Giuseppe Capoluongo. E, di nuovo, la portavoce del Fogolâr Civic, che nelle preghiere dei fedeli, si è accoratamente anche espressa in veneto-udinese oltreché friulano, entrambe lingue della compianta: Per Mirèla, artista rafinàda de ‘l ago, perché vesténdo de splendór i Àngioli del Çiélo, la posi godèr de la Luxe etèrna celebràndo la magnificénsa del Signór Nostro, noi Te preghémo!”. E ancora: Per mama Mirèla, che la ga compagnà suo fio su le strade de la vita, co l’elegànsa sua naturàl, e lo ga portà a éser citadìn de exèmpio per le vie de sto móndo, noi Te preghémo!”. E poi: “Par to fi, parcè che al puedi trasformâ lis lagrimis di dolôr pe pierdite di sô mari adorade, in voie di lâ indevant su lis stradis de culture, dal bon inscuelament dai zovins, e par che al continui a spandi viers il popul furlan e mittel-european lis sôs capacitâts propit come jê e voleve, nô Ti preìn!”. “Danus la fuarce Signôr di sostignî simpri Alberto, cun dut il nestri afiet di amîs sincîrs: par chest nô ti preìn!”. Al termine della liturgia eucaristica, ha preso la parola la vicepresidente e questore del Fogolâr Civic, prof.ssa Renata Capria D’Aronco, anche leader del Club per l’Unesco di Udine, dell’Associazione Udinese per il Recupero della Democrazia Storica Partecipata “Pro Arengo Udine” e prefetto del Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, Cipro, Rodi, Malta e San Pietroburgo, la quale ha pronunciato l’orazione sociale commemorativa: “Cara, Mirella, nostra scomparsa gentile decana del Fogolâr Civic di questa città, stretti attorno a tuo figlio, ora nostro figlio, storica guida culturale nostra, siamo a salutare la tua dipartita che ci precede nel compimento della verità e della vita piena. Questo facciamo insieme a tanti amici, presenti o lontani, che condividono profondamente i nostri sentimenti ed il nostro lutto. Per mille aspetti ci sei stata maestra, per cui ci onoriamo della tua amicizia. La tua eleganza ostile allo sfarzo ci ha dato esempi di dignità e di garbata bellezza. La tua franchezza ostile al raggiro ci è stata modello di libertà contro ogni tirannide. Le tue saggezza e cultura, il tuo acume, ci hanno fornito valide occasioni di riflessione. Il tuo impegno di madre, dedita al figlio contro le mille asperità della vita, ci ha confortati della tenacia di un orizzonte concreto damore e di sacrificio. Se anche tuo figlio, nostro tribuno culturale amato, non fosse Tiberio né Caio Gracco, tu saresti comunque Cornelia udinese, madre orgogliosa di prole votata al bene del popolo e della sua terra. Le stesse tue mani, che hanno cucito con grande maestria un’infinità di abiti eleganti ed hanno aiutato la tua famiglia a reggere, nel 1998, hanno anche confezionato questa bandiera, simbolo storico di noi cittadini e di una città che sia focolare, rifugio e baluardo di umanità contro ogni barbarie, barricata, stretta attorno al mito del Patriarca Bertrando, a te tanto caro, e dei suoi ‘quinteri’, frazioni del popolo, qui ricordati singolarmente da cinque rose sulla tua bara e dai cinque vessilli che ti l’hanno accolta. Quelle stesse mani hanno, poi, congiunto, nel 2005, i lembi del grande stendardo civico, affratellante le nostre genti regionali e transfrontaliere con i colori di Madre Aquileia, che, per l’ultima volta, ti saluterà a conclusione di questo rito. Camminerai, per noi, tra le stelle che ornano il cielo della tua Udine, del tuo Friuli, della tua cara Mitteleuropa: ti scorgeremo a presidio nostro, a nostro soccorso, a nostro consiglio. ‘Mirèla, vàrdene: vedi de noi!’. Che o sedin unîts e si voledin ben!’”. È seguita la lettura, da parte della portavoce fogolarista Rosalba Meneghini, di una lettera in lingua friulana, inviata “in memoriam” dal tolminese prof. David Bizjak, accademico capodistriano, rappresentante del Fogolâr Civic euroregionale nella Repubblica di Slovenia. Eccone il testo. “Cjarissime Mirele, a son passadis dôs setemanis de tô partence, ma simpri no podìn crodilu. No nus somee che e fos veretât. O preferìn lâ indenant cul sium, cul sium di chei altris timps cuant che si incuintravin e che o passavin zornadis ducj adun, cun te, to cjâr fì Alberto, il gno grant Amì cu la maiuscule e cun gno fradi Radek che al sta za cinc mês in chel paîs dulà che tu tu sês lade cumò. Tal puest che noaltris ducj o vin pôre, però che une dì o varìn ducj di acetâ come cjase nestre par simpri. Ma cui sajal? Al è pussibil che li al sedi ancje plui biel, plui cidìn, che li no sedin piçui problemis o monadis cence impuartance che inta chest mont o capìn tant che robis impuartantis pe nestre vite. O restarìn simpri colegâts, cjare Mirele, parcè che tu tu jeris come nestre seconde mame par me e gno fradi. Tu tu restis te profonditât dal gno cûr, nissun e nuie nol po gjavâmi fûr lis bielis memoriis dai incuintris, escursions, discors, gustâs e cenis (e la torte che tu mi âs fate pal complean!) tal vuestri apartament, tes placis e tratoriis udinesis e sul cjistiel di Udin. Cun to fi Alberto nus vês mostrât une grande ospitalitât, cussì che cun voaltris si sintivin come a cjase nestre. O vin visitât insiemit tantis citâts, tancj paîs e borcs furlans, ma nô o vin vût l’onôr di fâus viodi ancje cualchi piçul biel puest de nestre tiere ‘Primorska’, de Valate dal Lusinç. O vin cognossût ducj adun il poete Simon Gregorčič, o vin recitât i siei viers sul batel navigant sul lât di Most na Soči / Sante Luzie. No dismenterai mai la tô muse un pôc inrabiade cuant che o cjaminavin su la Mont Mengore par viodi il lûc dal prin fûc de rivolte dai tulminots che dopo si è pandude tal Friûl. Mi plasarès vignî a Udin par saludâti, Mirele, par saludâti la ultime volte, però putrop cheste situazion dificil no mal permet, ma o voi daûr di te cu la anime e cul pinsîr e o spartìs il dolôr dal to fi Alberto, il gno cûr al vai cul so. Nus reste la biele memorie di Mirele Valzacchi, une femine gjenerose cul stîl e cul cûr, une mari, creadore di vistîts di alte mode e di bandieris aquileiensis, une furlane e mittel-europeane, une des ultimis Pasquotinis. Ti saludi, cjare Mirele, cui prins viers de puisie ‘Soči’ (Al Lusinç) di Gregorčič: ‘Krasna si, Bistra hči planin, / brhka v prirodni si lepoti, / ko ti prozornih globočin / nevihte divje srd ne moti’ (par furlan: ‘Biele tu sês, clare fie des montagnis / te bielece flevare tô naturâl / co i gorgs profonts li che tu ti bagnis / no rivoltin mai su par te chel fondâl’). Tu tu fasevis part de nestre Famee (furlan-slovene) e il Moviment Civic Alpin Adriatic ‘Fogolâr Civic’, de bande furlane e de bande slovene, al à pierdût une so membre preziose. I gjenitôrs Ana Milena e Valerij Bizjak a esprimin peraulis di emozion profonde a Alberto e a tegnin une biele memorie di Mirele”. Un’apertura ad altre sensibilità spirituali è stata portata dalla giornalista Laura Zanelli, che ha proposto il testo di una Meditazione per i defunti di Rudolf Steiner: “Il mio amore sia con Te nella regione dello Spirito. Lascia trovare la Tua anima dalla mia anima che cerca. Lascia mitigare il Tuo gelo e mitigare il Tuo calore dal mio pensiero del Tuo essere. Così saremo collegati,Io con Te e Tu con Me. Come anima io non sono sulla Terra, ma piuttosto nell’acqua, nell’aria e nel fuoco; nel mio fuoco io sono nei pianeti e nel Sole. Nel mio essere solare io sono il cielo delle stelle fisse. Come anima io non sono sulla Terra, bensì nella Luce, nel Verbo e nella Vita. Nella mia vita io sono all’interno dell’essere planetario e solare: nello spirito della saggezza. Nel mio essere di saggezza io sono nello spirito dell’amore. Nessuna barriera può separare ciò che conserva uniti nello spirito l’eterno legame delle anime risplendente di luce e irraggiante amore. Così sono io nella Tua memoria, così sii Tu nella mia”. Hanno preso, poi, la parola per una personale testimonianza il friulanista Paolo Di Bernardo e l’artista Pietro Maria Crestan, alfiere dello storico Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”. Il primo, associando la propria esperienza personale a quella dell’amico prof. Travain, si è voluto soffermare sul vissuto non facile ma appagante di chi, sino all’ultimo, senza rimorsi, amorevolmente accudisce i genitori anziani e malati. Il secondo, antica amicizia di famiglia e vecchio compagno di lotte culturali, ha ringraziato, in friulano, la defunta per il liberale impegno profuso con il figlio nell’interesse della comunità. Il feretro è stato accompagnato all’uscita dalla cattedrale dal canto-preghiera “Da font de mê anime” ovvero il Magnificat in lingua friulana, inno religioso prediletto dalla scomparsa decana civista, che nelle sue espressioni sentiva incarnato un familiare senso di riscatto dalle prepotenze e di speranza per gli ultimi. “Da font de me anime ‘o gjolt ‘o esulti / il miôr de me musiche a Diu lu cjanti, / che ancje se picule s’impense di me / da font de me anime ‘o cjanti al gran Re. // ‘O jeri tant puare e mi à è preferide / parce che plui libare in cûr mi à cjatade, / par chest ogni anime mi benedirà / ‘o jeri tant puare e Diu mi cjalà. // Il plen di superbie Idiu lu savolte / il grant in te storie da l’alt lu dismonte, / ma il debul al sacie di ogni bontât / il plen di superbie al sbasse il so cjaf. // Gno popol consoliti che no ti bandone, / che Lui di difenditi ti à fat la promesse, / la fuarce dai debui ‘e reste in Jahvè / gno popul consoliti che Diu l’è cun te”. All’uscita dal Duomo, il saluto dell’enorme stendardo che la Valzacchi confezionò nel 2005 per affratellare le genti regionali e transfrontaliere: dieci lunghi metri di tricolore, associante il giallo ed il blu di Aquileia, regina dei popoli della Mitteleuropa, al bianco delle antiche toghe cosmopolite romane; bandiera di fratellanza internazionale, portata da allora, in mille occasioni, da cittadini, amministratori e studenti, nei luoghi e nelle situazioni più significativi della memoria e della cultura civiche tra Alpi e Adriatico, in quella che piace evocativamente denominare “Europa aquileiese”. Tre levate d’insegna in aria ai comandi friulano-teutonici della tradizione dei “pilustrâts”, i soldati friulani dell’impero mitteleuropeo degli Asburgo alle cui migliori tradizioni culturali la defunta amava spesso rifarsi. E cumò o feveli jo!”. Inaspettatamente e visibilmente commosso, tanto da rifiutare sino all’ultimo di proferire parola, il prof. Travain ha trovato il coraggio, infine, di parlare, accoratamente, sul sagrato del Duomo, alla cittadinanza convenuta, lodando la madre come sapiente ed amorevole pigmalione di un figlio votato sin da giovanissimo al bene comune della sua terra e della sua gente ed esprimendo grata meraviglia per l’affiatamento umano incontrato, con un augurio alla Capitale del Friuli di migliore sempre in quel campo. Così si espresso. “La ultime volte che o soi rivât a fevelâ a un funerâl, o ai fevelât al funerâl di gno pari. O ai rivât a fâlu. No ai rivât a fâlu in nissun altri, di amîs che, magari cussì no, o ai pierdût par strade. O speri di rivâ a dî une peraule a chest funerâl di mê mari. Al è za stât dit dut. Che e à dât dut par me e, duncje, par cheste citât e, duncje, par chest Friûl e, duncje, par chest mont: parcè che ognidun di nô in chest mont al è impuartant, ognidun di nô in cheste tiere al è impuartant, ognidun di nô in cheste citât al è impuartant. Jê e à dât il so contribût: il contribût de sô vite, privade e publiche, culturâl e ancje economiche. E diseve: ‘O ai invistît in culture!”. “O ai invistît in culture: o ai judât gno fi a studiâ e, duncje, o ai invistît in culture; o ai judât un zovin a cirî di esprimi lis sôs volontâts a favôr di un popul, a favôr di une citât, a favôr di une idee di mont e, duncje, o ai invistît in culture!”. Une grande femine, une grande mari: lu dîs come fi e lu dîs come citadin. Al è stât di de sô finece, de sô elegance, che e voleve dî umanitât, umanitât plene, umanitât e dignitât. Su la sô bare jo o ringrazii tancj amîs, tante int, che e à dimostrât – tante int che o cognòs di tant timp, tante int che a son miei fradis, tante int che o cognòs di pôc, e che si son spindûts par chestis zornadis dulà che jo mi soi cjatât diret contat cu la malatie, diret contant cul lut, cul corot, cu la muart di mê mari. Int che mi è stade dongje fin dal inizi, int che mi è stade dongje di une vite, int che mi è stade dongje in chei dîs ca. Eco, alore, chest o vorès dî, ricuardant la prime volte che o ai impiade la television dopo setemanis, o ai impiât un programe – o savês: apassionât di Storie – un programe di Storie e si fevelave dal senatôr Bob Kennedy, fradi dal grant president John Fitzgerald Kennedy. E al jere Bob Kennedy al discors di Indianapolis, che al diseve chestis peraulis. Nus al àn insegnât i Grêcs. Lis dôs robis che o vin di fâ, grandis, a son gjavâ l’Om dal salvadi e tornâ un pocje di zentilece a chest mont. Gjavâ l’Om dal salvadi e tornâ a sei o sei plui zentîi. Eco, in chescj moments, in chescj moments jo o ai sperimentât che in cheste citât di Udin ancjemò chei doi riferiments alì a son. Jessi mancul salvadis e jessi plui zentîi. Jo o ai cjatade int tant ma tant che mi à volût ben e tante zentilece. Jo o auguri a cheste citât – al è stât il gno impegn, al è stât la mê sperance, par tancj agns, tancj agns – jo o auguri a cheste citât di deventâ simpri miôr. E o auguri a voaltris, ducj voaltris, che in mil formis o vês volût rapresentâ la vuestre amicizie, la vuestre vicinance, pardabon ogni ben, di cûr!”. Ulteriore nota gradita: il friulanista Paolo Di Bernardo, figura storica del commercio nel quartiere storico della Stazione ferroviaria di Udine o Borgo Stazione che dir si voglia, ha voluto esperre sulle sue proprietà in Via Battistig cinque bandiere friulane in omaggio alla defunta decana del Fogolâr Civic.

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