EuroAquileienses 03.07.2022/I (fur)

Note FOGOLÂR CIVIC pe stampe taliane – Udin, 3 Lui 2022

QUEL SAVORGNAN DI NOME ALBERTO, UCCISO PERCHÉ SIMBOLO DEL FRIULI PATRIARCALE

Presso l’ex chiesa di San Francesco a Udine, Fogolâr Civic e Academie dal Friûl hanno commemorato la storia del reggente medievale friulano vittima delle lotte tra guelfi e ghibellini. Il tutto nel quadro delle rimembranze popolari spontanee dell’undicesimo centenario di prima menzione della signoria Savorgnan in Friuli. Il presidente sociale prof. Travain: “Venne assassinato perché rappresentava lo Stato patriarcale e fu il primo grande omicidio politico a colpire il casato, prefigurando anche l’assassinio del Patriarca Bertrando! Possibile che tutto questo significhi nulla per il ‘culturame’ e le istituzioni del Friuli di oggi?”. Per le onoranze, giunta in città anche la “Bandiere Pelegrine” della Friulanità.

Tu, che tu passis achì par câs, viôt che cheste glesie le à consacrade chel vescul Albert, sorestant dal Friûl dai timps dai vuelfs e dai ghibelins, netât fûr di chescj che al jere di chei, nobil sanc todesc dai Savorgnans antîcs ma vicjari dal prin patriarcje talian dal Stât di Aquilee medievâl, grant mismàs dal Continent Vieri. Ve che lu àn copât, come vuê, a Migjee, ai 3 di Lui 1268, che chê glesie chi le veve screade juste doi agns prin. Nome che une piere tal cjistiel di Breçà ancjemò lu ricuarde. Si lu à iniment ca pai 1100 agns di siorie de sô cjase di tirans e campions dal popul furlan. Chei di Fogolâr Civic & Academie dal Friûl sot dal prof. Alberto Travain”. Questo il breve testo della dedica commemorativa che, domenica 3 luglio 2022, il Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” ed il Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl” hanno collocato a Udine, presso l’ex chiesa di San Francesco, alla memoria del primo Savorgnan vittima di mortale congiura politica, nell’undicesimo centenario di quella che fu la più controversa e potente signoria del Friuli. Alberto, vescovo di Concordia, di casato fieramente ghibellino germanico, ma fedele vicario del primo patriarca guelfo italiano della storia della Chiesa-Stato di Aquileia ovvero Gregorio di Montelongo, fu assassinato, infatti, in un agguato tesogli il 3 luglio 1268 da fazione contraria, presso il sinistramente leggendario monte di Medea. Lo sconcerto fu enorme. Si riunì il Parlamento patriarcale. Si mobilitò l’esercito. Fu ancora una volta guerra civile. “Questo sconcertante esempio di omicidio politico, tra l’altro ai danni di persona data per proba ed equilibrata, non per tracotante e provocatoria, se da un lato chiama alla riflessione intorno ai termini generali dello scontro civile in Friuli e in Europa nei secoli passati, dall’altro sembra riecheggiare il dramma, senz’altro friulano ma non solamente, di una particolare estremizzazione delle tensioni ossia di un’acredine nelle relazioni che parrebbe avere radici profonde in un innegabile ombroso e invidioso sprezzo del prossimo, vizio purtroppo identitario, funesto blasone di una friulanità che siamo abituati un po’ troppo a celebrare e che nemmeno il Cristianesimo, la sua dottrina e le sue istituzioni, sono riusciti a moderare veramente. Guelfi e ghibellini, per modo di dire, qui ci sono ancora e si odiano di cuore, talvolta anche senza darlo ad intendere e talvolta, invece, mobilitando la meschinità più gretta. Una vera pace civile e sociale in queste condizioni non è possibile: se il cittadino, silente, accetta, ad esempio, le piccole e grandi angherie gratuite dei suoi ‘sorestants’ – dei suoi governanti – lo fa per timore o ritenuta convenienza, non certo perché ciò sia davvero giusto. Ed il tutto porta sulla strada di un degrado pericoloso delle relazioni e della qualità della vita, esemplate purtroppo su assuefazione a una tirannia pur da strapaese ma sempre tale. È più rispettabile, dunque, la parvenza di un’ignominiosa pace fondata sul timore e sul tornaconto o lo scontro tra parti e soggetti avversi? Meglio comunque una pace tirannica a una qualche guerra di liberazione? Era giusto, insomma, che quella vecchia nobiltà friulana di stirpe germanica vedesse invaso il suo Patriarcato da marea montante di avventurieri della Penisola a caccia d’affari e prebende al seguito dei nuovi presuli-monarchi ‘talianots’? Ciò non autorizza a giudicare giusto l’assassinio del vescovo Alberto in cui a prevalere saranno state chiaramente le ragioni di uno specifico braccio d ferro tra il Patriarcato di Aquileia e i Conti di Gorizia, suoi invadenti protettori. Si trattò di un cruento atto dimostrativo, seguito addirittura al sequestro del patriarca, poi rilasciato grazie ad una vasta mobilitazione internazionale. Questa figura dimenticata – una delle tante – dal Friuli di oggi meriterebbe qualcosa di più di un’antica iscrizione desemantizzata al centro della corte di Castel Savorgnan di Brazzà. Questo reggente del Patriarcato barbaramente ucciso forse meriterebbe maggior menzione anche in quel di Medea, dove avvenne il crimine e persero la vita anche alcuni uomini del suo seguito. Nulla di meglio, a Udine, che questo luogo di culto, oggi sconsacrato ma che proprio lui, il vescovo Alberto, ebbe a consacrare due anni prima di subire il martirio, può ricordarci adeguatamente la triste vicenda di un ligio servitore di quella potente Chiesa aquileiese la cui insegna è divenuta, in seguito, la bandiera del Friuli, e che egli dovette a tal punto rappresentare, come reggente, sino ad esserne assunto a simbolo e come tale deliberatamente conculcato dal nemico. Se un domani anche una sapiente Amministrazione della tanto sbandierata Capitale del Friuli Storico ritenesse di dedicare un segno alla specifica memoria di quest’uomo e di quanto egli rappresentò, questa sarebbe, forse, la sede più consona! Fu il primo grande omicidio politico a colpire quei Savorgnan che dominarono il campo per secoli in terra friulana: in un certo qual modo, prefigurò anche lo stesso assassinio del Patriarca Bertrando! Possibile che tutto questo significhi nulla per il ‘culturame’ e le istituzioni del Friuli di oggi?”. Così, nella sua appassionata allocuzione commemorativa, il prof. Travain ha introdotto il privato incontro fogolarista. Intervenuta qualificata rappresentanza del civismo culturale udinese e friulano contemporaneo. La prof.ssa Renata Capria D’Aronco, presidente dell’Arengo udinese oltreché del Club per l’Unesco di Udine, valida vicaria del Fogolâr Civic e caposezione del quintiere sociale di Udine Grazzano e Friuli Occidentale ha voluto riprendere, poi, la riflessione del leader culturale civista sulle condizioni di una pace civile e sociale “giusta”: “Il quieto vivere, a mio pare, ad esempio, non è pace giusta poiché si fonda sull’accettazione di compromessi che poco davvero hanno sovente a che spartire con principi di giustizia e molto, al contrario, con i rapporti di forza. Siamo tutti ovviamente a favore della pace. Non lo siamo, invece, per il quieto vivere, che della pace è una contraffazione a favore, in genere, dei più potenti!”. Assumendo come paradigma il celebre assassinio del tribuno Cola di Rienzo, lo studioso ed intellettuale romano-udinese Alfredo Barbagallo si è soffermato sulla categoria dell’omicidio politico e sulle peculiari sue sperimentazioni friulane nel quadro dell’Europa medievale, ricordando come da secoli in Friuli le divisioni siano assunte, a ragione o a torto, come punto di forza e non di debolezza, mentre di fatto costituiscono sovente il Cavallo di Troia che apre la strada all’invasore di turno. Alla sodale dott.ssa Maria Luisa Ranzato, procuratore arengario udinese, sostenitrice dell’idea che la Storia non sia davvero maestra di vita, stando al ripetersi interminabile di nefandezze, errori e conflitti, ecco che il leader fogolarista ha presto risposto che il loro ripetersi non sarebbe da attribuirsi ad una mancata didatticità della Storia stessa o ad una carente sua conoscenza, quanto piuttosto all’utilità per alcuni a che simili situazioni vengano a riprodursi, facendo, infatti, esse, storicamente, da sempre, comodo a chi ha la forza di imporle e sfruttarle. Intervenute anche le caposezione fogolariste sig.ra Anna Rosa Caeran e sig.ra Marisa Celotti, rispettivamente per i quintieri sociali di Udine Mercatonuovo e Aquileia, oltre alle aderenti sig.ra Renata Marcuzzi e sig. Laura Zanelli. Al termine del bel civico confronto, gli onori popolari alla memoria del “vicedomino” Alberto, con inchino dell’insegna del Ducato del Friuli recata dal sig. Gianfranco Passone o “Zuanfranc dai Passons” da Persereano, da decenni noto vessillifero popolare volontario della Friulanità, con la sua “Bandiere Pelegrine” presente nei maggiori eventi lieti e mesti del popolo friulano di oggi.

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