EuroAquileienses 03.07.2022/II (fur)

Note FOGOLÂR CIVIC pe stampe taliane – Udin, 3 Lui 2022

QUANDO LA PATRIA ERA L’EUROPA ASBURGICA

Fogolâr Civic e Academie dal Friûl hanno ricordato a Udine i combattenti e i caduti friulani, veneti e lombardi sotto le bandiere di Casa d’Asburgo, nell’anniversario della battaglia di Sadova, in Boemia, il 3 luglio 1866, dove la nascente potenza germanica, alleata dell’Italia, affondò lo Stato plurinazionale erede dell’Europa di Carlo Magno. Il presidente sociale prof. Travain: “Si batterono da valorosi, avanzando al suono della Marcia di Radetzky contro un nemico più forte e organizzato. Furono l’ultimo vero argine contro i nazionalismi imperialisti che mortalmente avrebbero infettato e dissanguato il nostro continente!”.

Chi ricorda ancora il 13° reggimento ‘Bamberg’ di Padova o il 16° ‘Wernhardt’ di Treviso? E il 26° ‘Michael’ di Udine, il 38° ‘Haugwitz’ di Monselice, il 45° ‘Sigmund’ di Verona? E il 79° ‘Frank’ di Pordenone o l’80° ‘Holstein’ di Vicenza? “Una storia imbarazzante per un’Italia trionfante sull’Austria con armi altrui, grazie alle vittorie degli improvvisati ma promettenti alleati prussiani, che fruttarono a Casa Savoia Mantova, il Veneto e il Friuli centrale ed occidentale. I leali cittadini lombardo-veneti che si batterono sotto le insegne austriache sui campi di Boemia contro gli elmetti chiodati di Bismarck, pur lottando da eroi e come tali apprezzati e riconosciuti, poco ci mancò che, al rientro al paese, fossero bollati come traditori dal sopraggiunto Regno d’Italia e dai suoi più caldi sostenitori. Quel giorno, a Sadova ovvero il 3 luglio 1866 – quando andò in frantumi la vecchia Austria, presto trasformata sciaguratamente in Austria-Ungheria, parzialità discriminante e foriera dell’apocalisse della monarchia che aveva fatto del nome austriaco, per secoli, sinonimo di Europa – celata e orgogliosa memoria friulana vorrebbe che l’ultimo reggimento asburgico a ritirarsi fosse, irriducibile, quello udinese, il 26° fanteria, divisa bianca e mostrine nere! Non è questa una storia da dimenticare: sarebbe un oltraggio a scienza e coscienza, a storia e cultura, a umanità e verità!”. Così, domenica 3 luglio 2022, a Udine, il prof. Alberto Travain, presidente del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” e del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, nell’atto di rendere deferente omaggio, di fronte al locale “Tempietto dei Caduti per la Patria”, alla memoria dei combattenti e dei caduti friulani, veneti e lombardi per l’Impero d’Austria, nella ricorrenza della battaglia di Sadova, dove nascente potenza germanica, alleata dell’Italia sabauda, affondò, in pratica, lo Stato erede dell’Europa di Carlo Magno. Si batterono da valorosi, quei nostri avi, avanzando a bandiere spiegate ed al suono della Marcia di Radetzky contro un nemico meglio armato ed organizzato. Furono l’ultimo vero argine contro i nazionalismi imperialisti che presto avrebbero mortalmente infettato e dissanguato il nostro Continente con la Grande Guerra!”. Un nastro giallonero – i colori degli Asburgo – con la dedica trilingue, in friulano, italiano e inglese “Pai furlans, venits e lombarts che a àn batût e a son muarts pal Imperi d’Austrie / Ai combattenti e caduti friulani, veneti e lombardi per l’Impero d’Austria / To the Friulian, Venetian and Lombard fighters and fallen for the Austrian Empire” ed i nomi, in tedesco, dei sette reggimenti dell’“imperialregia” fanteria arruolati nelle province italiane. E non furono quelli gli unici italiani a combattere in uniforme austriaca. Altri reparti ed armi degli Asburgo videro rifulgere il valore italico: certo non ultima la Marina, erede di quella della Serenissima!. “Nel 2016, dunque per i 150 anni dell’epico scontro che decise le sorti di Friuli e Veneto ma anche dell’intera Europa Centrale, ormai tra le fauci del più bellicoso e potente Stato nazionale dell’area, mirante ad assurgere a potenza globale attraverso due conflitti mondiali, commemorammo il fatto il grande stile, per poi lasciar perdere negli anni a seguire. Ebbene, ora, crediamo che quella ricorrenza possa utilmente richiamare ogni anno al dovere di un ricordo che si fa stimolo alla riflessione sulle vicissitudini geopolitiche e culturali di questa parte di mondo da sempre in fermento. Questa davvero è una Storia ‘altra’ rispetto alla ‘pappa’ di luoghi comuni somministrata frequentemente dalle nostre scuole, con il beneplacito di genitori e ‘presidi’ sovente non eccessivamente attenti alla qualità dell’insegnamento su questi temi. Il richiamo all’Austria imperiale è senz’altro un rimando storico alle radici di un europeismo che le nostre genti hanno potuto vivere anche proficuamente sotto lo scettro dei più illuminati imperatori asburgici. Poi c’è il dato didattico dell’effimerità della Storia, della sua non immutabilità, che rende liberi d’immaginare scenari futuribili. Oggi siamo Italia ‘una e indivisibile’. Siamo stati Austria o – nel caso di Udine, Venezia e Milano – Lombardo-Veneto, realtà ritenute divinamente immutabili sino a mutazione effettivamente avvenuta e a cancellazione! Che cosa saremo domani? Cosa vorremmo di diverso rispetto al presente? E lì ognuno può sbizzarrirsi a fantasticare in base alle proprie predilezioni. L’importante è che questo sia effettivamente e diffusamente dato per legittimo, a tutela di un diritto al sogno che può farsi progetto individuale e collettivo, minando in tal caso davvero, in base a fondatezza e potenzialità, lo status quo presente. D’altronde la Storia così si sviluppa, in uno scontro di forze e interessi contrastanti. Due mondi si scontrarono a Sadova: quello antico degli imperi universali, sovranazionali, garanti e tutori, per forza di cose, dell’unità nella diversità, e quello degli etnici – veri o presunti – novelli Stati-Nazione, presto cultori di discriminazione e di persecuzione razziale, di collettivizzazione dell’odio per le diversità irriducibili ad asservimento. A Sadova sarebbe nata – un po’ estremizzando profeticamente – la Germania nazionalista ed imperialista oltreché razzista dei tempi venturi. E proprio da Sadova, indirettamente, grazie alle armi prussiane, l’alleata Italia nazionale avrebbe tratto i vantaggi di un allargamento territoriale al Veneto ed al Friuli, consolidando politicamente la visione dantesca e anche molto petrarchesca di una nazione unica a sud delle Alpi poste addirittura da Dio come barriera contro la Barbarie! Tra quei due orizzonti, personalmente, da buon friulano, europeo due volte nel solco del mito del padre eponimo Giulio Cesare, io scelgo il primo, come base di partenza ideale da evolvere verso il futuro e una nuova Storia di democrazia e di giustizia sociale, non per forza escludente l’orizzonte simbolico costituzionale, di modello inglese, di una monarchia. Oggi, nel ricordo, il mio cuore è idealmente sul campo di Sadova con le bandiere asburgiche dei miei conterranei friulani dell’epoca. Scegliere il presente ma anche il passato da cui quel presente si vorrebbe tratto. Oltre alla ferrovia, la mia Udine all’Impero asburgico non deve, in effetti, molto altro di positivo, ma quell’impero costituiva il seme dell’unico futuro e dell’unica Europa accettabile per un popolo di frontiera come quello del mio Friuli. Non dimenticherò che fu proprio quello il primo Stato moderno a riconoscere lingua e nazionalità distinta a noi friulani, cosa che, per la lingua solamente, l’Italia ha atteso più di un secolo per conformarsi. Non è cosa da poco. Le radici di quell’Europa in cui davvero oggi vorrei vivere si batterono a Sadova sotto l’aquila bicipite della bandiera del 26° reggimento udinese! Onore, dunque, a quei nostri soldati, ai loro commilitoni veneti, lombardi e di tutte le terre del defunto Impero, sconfitti da Storia e Fortuna assassine, ma testimoni, anche involontari, forzati, remoti di una civiltà certamente travolta sui campi di battaglia della Boemia in quel 1866, ma riaffiorante ogni momento in cui ci rendiamo conto che un’Europa Unita, virtuosa, forte, garante materna delle sue genti ed antemurale di umanità contro la vera barbarie incalzante dei potenti del mondo di oggi, ci farebbe infinitamente più comodo ed onore di certi staterelli apparentemente sovrani ma effettivamente in balia delle più violente tempeste globali. Viva, insomma, chi a Sadova difese il nostro migliore futuro, spezzato ma fortunatamente mai estirpato sul nostro orizzonte!”. All’accorato discorso commemorativo del prof. Travain sono seguiti gli interventi della vicaria fogolarista, oltreché presidente dell’Arengo udinese, prof.ssa Renata D’Aronco (“È la mia stessa tradizione familiare – quella dell’architetto Raimondo, di fama internazionale, al quale s’intitola lo stesso Palazzo municipale di Udine – a trasmettermi davvero un profondo rispetto per il passato asburgico, improntato a rigore, metodo ed a grande apertura universale!”) e dell’intellettuale romano-udinese Alfredo Barbagallo (“A Sadova si scontrarono due modelli di monarchia e anche di economia. Il repubblicanesimo ed il socialismo europei videro negli esiti di quella battaglia e di quella guerra una nuova grande e pericolosa sfida da affrontare!”). Resi gli onori popolari al sacello udinese dedicato ai caduti: da notarsi gli ornamenti gialloneri, già contestatissimi dai patrioti italiani quale richiamo ai colori asburgici! A rendere omaggio, l’insegna aquilata del Ducato del Friuli, cui Casa d’Asburgo mai rinunciò sino alla caduta dell’Impero austro-ungarico nel 1918, retta dal sig. Gianfranco Passone, vessillifero popolare volontario della Friulanità, immancabilmente presente ai più pregnanti eventi del popolo friulano di oggi. Nella qualificata rappresentanza del civismo locale intervenuto alla privata cerimonia, anche le caposezione fogolariste sig.ra Anna Rosa Caeran e sig.ra Marisa Celotti oltre alle sodali sig.ra Renata Marcuzzi e sig. Laura Zanelli.

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