EuroAquileienses 25.03.2022/I (fur)

Note FOGOLÂR CIVIC pe stampe taliane – Udin, 25 Març 2022

GLI UNDICI SECOLI DEI SAVORGNANDIMENTICATI” IN UN BOSCO SUL TORRE

Nell’oblio e nell’incuria della Motta di Savorgnano, sede dell’antico castello gentilizio, Fogolâr Civic e Academie dal Friûl hanno ricordato 1100 anni di una grande e controversa storia regionale ed internazionale che sfuma nel mito: schiatta di imperatori ed esploratori, condottieri e architetti, aristocratici e rivoluzionari, tiranni ed eroi popolari, i Savorgnan come nessun altro incisero nella storia friulana giungendo persino a condividere lo stemma oggi della città di Udine e della sua nota rappresentativa calcistica.

Undicesimo centenario della prima menzione del toponimo, del castello e dei signori di Savorgnano, che parte tanto significativa ebbero certamente nella storia friulana e non infima in quella euromediterranea e anche d’oltremare. Eppure, non c’è stata Istituzione politico-amministrativa, personalità culturale, associazione, Pro Loco, scuola, società sportiva, partito, che si sia ricordato di questo anniversario. Nessuno. Nessuno ad eccezione del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” e del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, guidati dal prof. Alberto Travain, piccola ma tenace mobilitazione del civismo intellettuale e popolare udinese e friulano, eretica rispetto ai dogmi di certo friulanismo retrivo che, ad esempio, liquida i Savorgnan come traditori filoveneziani di un Friuli patriarchino autonomo senza ricordare che quell’autonomia escludeva in larga parte le classi popolari del tempo, quelle stesse alle quali i ‘traditori’ Savorgnan – innanzitutto il terribile ma popolarissimo Antonio – di appellarono contro gli altri oligarchi della regione, che ne ostacolavano le mire signorili. Da questo, dunque, ha preso le mosse l’orazione civile, in fluente lingua friulana, tenuta dal prof. Travain, venerdì 25 marzo 2022, a Savorgnano del Torre (Povoletto), alle falde del colle castellano della Motta. Se ai Patriarchi e ai loro oppositori che li costrinsero a tanto – ha detto il professore – dobbiamo il precocissimo Parlamento friulano, a questi Savorgnan, invece, va il merito dell’inedito istituto moderno della Contadinanza, redivivo tribunato della plebe, contro-parlamento popolare, pionieristica espressione di un popolo mai prima consultato a livello regionale! Tiranni e tribuni sociali, quei Savorgnan, predicato feudale condiviso da diverse schiatte avvicendatesi in quel nido d’aquile a guardia del Torre e delle sue rogge, serventi Udine, da un lato, e, dall’altro, il Cividalese Storico, rappresentanoha rimarcato il leader fogolarista – una storia friulana, ma anche triveneta, alpino-adriatica, centroeuropea ed europea tout court, mediterranea, persino africana ed americana, per non dire addirittura globale attraverso l’eccelsa ed ignara penna di William Shakespeare che ebbe a immortalarne una letteraria trasposizione di sfortunati amori familiari nella celebre tragedia “Romeo and Juliet”, ambientata a Verona ma vissuta ad Udine e nel bellicoso e tormentato Friuli del Primo Cinquecento. Di fronte a qualificatissima delegazione del movimento, integrante la vicaria prof.ssa Renata Capria D’Aronco, l’intendente sig.ra Marisa Celotti, la caposezione udinese sig.ra Paola Brochetta ed i consiglieri fogolaristi maestra Manuela Bondio, sig.ra Anna Rosa Caeran, sig.ra Rosa Masiero, sig. Eugenio Pidutti, arch. Roberto Pirzio-Biroli, sig.ra Paola Taglialegne e maestra Laura Zanelli, il prof. Travain ha stigmatizzato l’incuria e l’oblio cui sarebbe stato abbandonato un luogo storicamente fulcro strategico della vicenda economica, sociale, politica e militare del Friuli medievale. Una dimostrazione – ha rincarato il professore – chissà se di ignoranza o di incapacità di cogliere gli spunti che la storia di ieri offre a presente e futuro di un territorio e della sua gente. Non c’entra il Covid o la guerra in Ucraina – ha detto Travain – ma la pesante inadeguatezza del Friuli di oggi rispetto ad un certo grande passato in confronto al quale l’attualità pare prosaica, mera goffaggine. La vicaria prof.ssa Capria D’Aronco, eminentissima esponente del civismo culturale friulano, anche presidente dell’’Associazione Udinese per il Recupero della Democrazia Storica Partecipata “Pro Arengo Udine” nonché del Club per l’Unesco di Udine e prefetto del Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, Cipro, Rodi, Malta e San Pietroburgo, ha ripreso il tema della tutela e valorizzazione dei beni culturali e ambientali del territorio, ribadendo il disappunto per lo stato di abbandono in cui versa un sito di tale importanza storica. Per la casata dei Savorgnan ha preso la parola l’arch. Pirzio-Biroli, del ramo di Cergneu-Brazzà, il quale, professionista ed accademico rinomato oltreché da sempre appassionato promotore delle memorie dei vari rami dell’antico ceppo feudale friulano, ha scelto di richiamare, tra tutti i ritratti di un’ideale galleria di famiglia, quello di Antonio Savorgnan del Torre, definito da suo padre Detalmo Pirzio-Biroli, non certo a torto, “Che Guevara friulano del Cinquecento”, in assoluto plausibilmente il Savorgnan più amato, a livello popolare, di tutta la storia locale. Pervenuto, inoltre, indirizzo di saluto dall’Assessore all’Istruzione del Comune di Udine, prof.ssa Elisabetta Marioni, socia onoraria fogolarista. Tu, che, par câs, tu passis par chest puest dismenteât di ducj, sepi che, di cheste mote, dal alt dai secui, ti cjalin chei fuarts che a àn pleade la storie furlane a lôr mût e segnade chê altre di là di chei mârs e chei monts di indulà che a disevin di sei, gjernazie di princips: tirans prepotents, che di lôr si onorin cjalcjâts e contraris, ma ancje ribaltons e campions di popul, cetantis voltis sfidants vitoriôs cuintri l’impussibil. Tu, che tu passis, visiti e impare il ben in tant mâl!”. Questo il testo della targa suggestivamente affidata alla selva all’imbocco del sentiero d’accesso all’area della Motta: un appello al raro e rocambolesco viandante che vi si avventurasse, facilmente ignaro dell’ideale incombere di tanta e controversa Storia. Durante la cerimonia commemorativa, spiegamento d’insegne della tradizione fogolarista anche evocanti le bandiere da combattimento delle Cernide ossia delle milizie nazionali friulane capitanate dai Savorgnan sin dal tempo delle incursioni ottomane ricordate dal grande Pasolini nel dramma “I Turcs tal Friùl”. Svolto nella boscaglia anche moderno grande Tricolore Civico friulano ed europeo del Fogolâr Civic, opera della compianta decana sociale sig.ra Mirella Valzacchi, ad affermare un principio di cittadinanza solidale e orgoglioso, travalicante gli angusti confini del più miope e chiuso particolarismo, confini che il detto “Che Guevara friulano”, “Profeta dei rustici”, nel Rinascimento, seppe – come ha ricordato il presidente prof. Travain – condurre, parzialmente almeno, a superamento, raccordando le comunità in un’embrionale, piccola, nazione politica moderna. Cosa imparare di positivo dalla complessa vicenda dei Savorgnan? Oltre a rendere deferente omaggio a vittime e contestatori della loro tirannide ma anche a talune loro iniziative sociali e politiche populiste quando non addirittura filantropiche – ha, dunque, concluso il professore – a questi antichi animosi Signori va riconosciuta un’eccezionale capacità di sfidare e vincere l’impossibile, cosa che accadde ripetutamente soprattutto sul piano militare, perpetuazione di quel mito aquileiese dell’irriducibilità che costituì per millenni il blasone leonino della Friulanità. Sulle orme di quel mito, Fogolâr Civic e Academie dal Friûl seguiranno quest’anno un eccezionale itinerario nei principali luoghi che videro svilupparsi nel tempo la saga dei Savorgnan, una cui tappa fondamentale fu quella concessione di fortificare il colle della Motta che, il 25 marzo 922, l’imperatore friulano Berengario destinò a certo presbitero Pietro, primo signore storico di Savorgnano.

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