EuroAquileienses 27.02.2022/III (en)

FOGOLÂR CIVIC press release (to the Italian press) – Udine, 27 February 2022

IL POZZO AUTENTICO DELLA ‘JOIBE GRASSE’ A UDINE PORTA LO STEMMA DEGLI STRASSOLDO…”

Il presidente di Fogolâr Civic e Academie dal Friûl, prof. Travain, annuncia pregnante scoperta in materia di storia civica: “Il puteale che vide iniziare la ‘Crudel Zobia Grassa’, erroneamente sito oggi in Piazzetta Belloni, porta il blasone della casata che denunciò al Parlamento friulano come sovversive istanze e proteste dei contadini, sfociate poi nella prima grande rivolta di popolo dell’Europa moderna!”. Attorno alla vera, brindisi sociale per il ventennale fogolarista.

Domenica 27 febbraio 2022, le celebrazioni per il ventennale d’intitolazione del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” si sono concluse a Udine, in Piazzetta Belloni, presso l’Esedra 1511, attorno all’autentica vera da pozzo che 511 anni prima aveva visto scoppiare la cosiddetta “Crudel Zobia Grassa”, prima grande insurrezione di popolo europea moderna contro la nobiltà d’Antico Regime. Ed è stata l’occasione anche per rivalutare e riconsiderare un elemento storico della città abbandonato ad un anonimo oblio. Ci ha, così, pensato il leader fogolarista prof. Alberto Travain, studioso e promotore locale di cultura storica e civica oltreché presidente del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, il quale ha riconosciuto nell’arma effigiata sul puteale, un tempo in Piazzetta San Giovanni poi de Puppi, lo stemma Strassoldo: “E ciò, guarda caso, suggestivamente ci rimanda con la memoria proprio all’infiammato discorso, tenuto al Parlamento friulano, dal nobile Francesco di Strassoldo, ancora nel 1508, contro le montanti proteste popolari, accusate di eversione. Superbia e miopia forse, certamente oltre alle macchinazioni dei Savorgnan e della dominante Repubblica veneta, avrebbero condotto l’aristocrazia friulana di fronte al baratro di uno scontro sociale diffuso, che nella ‘Joibe Grasse’ 1511 raggiunse l’apice della tragedia”. “Devo dire – ha soggiunto il prof. Travain, parlando in lingua friulana di fronte a qualificato manipolo dell’attivismo e della società civile cittadini – che, pur promuovendo da oltre vent’anni il pubblico ricordo sociale dei fatti del 1511, al netto ovviamente di ogni celebrazione della violenza cieca e gratuita, non vedo eroismo nei primi momenti del moto popolare, sollecitato dalla potenza e dalle ambizioni tiranniche dei Savorgnan del Torre oltreché da celati interessi della Serenissima. Eroismo, legato a coscienza e assunzione in proprio di una responsabilità dettata da legittima disperazione in faccia a tirannide, moto coraggioso senza vero o presunto occhiolino amicante di autorità ovvero di poteri sovraordinati, pronti a fornire sperate tutele, forse non vi fu se non all’epilogo della strana sommossa filogovernativa popolare friulana rinascimentale, volta a castigare nobiltà indomita tesa ad estendere i propri privilegi a danno del popolo e ostile al dominio veneziano che praticamente l’aveva estromessa dalla vita politica del territorio. Non abbiamo mai ricordato esplicitamente la battaglia del Cellina, in cui i contadini ribelli furono travolti da altri contadini e cavalieri mobilitati dalla nobiltà. E non abbiamo mai ricordato il capo dei rustici conseguentemente impiccato a Zoppola. Vi fu, forse, allora, davvero il sentore di essere da soli contro il destino o si sperò ancora in una Venezia patrona delle classi popolari? Si assalirono palazzi e castelli nella convinzione di ricevere una pacca sulla spalla dalla Dominante ovvero dai suoi veri o presunti emissari? Vi fu il ‘senso civico’ dei buoni cittadini obbedienti e fedeli allo Stato e al Governo o l’idea di assumersi la responsabilità di doversi fare giustizia da soli? Insomma, fu lealismo o rivoluzione quella nostra terribile ‘Crudel Zobia Grassa’? Furono davvero un popolo in marcia verso la libertà e la giustizia sociale quei contadini politicamente e militarmente inquadrati o soltanto una massa di pretoriani al servizio del potere insediato, speranzosi di trarre profitto da una qualche estrema ed interessata manifestazione di fedeltà, quando la minaccia al dominio veneto da parte dell’impero asburgico, ammirato approdo di tanti patrizi, si stava facendo sempre incombente? Quei nostri rustici combatterono, forse, una guerra propria sotto anche comode bandiere altrui, per cui l’interpretazione dei fatti è da considerarsi su più livelli, interconnessi certo ma distinti nella stessa percezione popolare. Solitamente non si diventa soggetti storici autonomi da un momento all’altro. Vi è un percorso in cui le zone di grigio ad un certo punto iniziano a schiarirsi, sino a risplendere di luce propria. Quella ‘Joibe Grasse’ fu, quindi, tappa di un doloroso ed ambiguo percorso di autoaffermazione popolare, in questo caso frutto di mobilitazione, inizialmente almeno, fomentata, guidata: non per questo, però, meno efficace come banco di prova in ordine alla costruzione di un’autostima collettiva fondata sulla considerazione di autonome capacità di protagonismo civico sulla scena storica!”. Tra gli intervenuti al Pozzo “Strassoldo”, anche il noto giornalista prof. Mauro Tosoni, indimenticato direttore di celebri testate locali, da “In Uaite” e “Onde Furlane” a “Il Friuli” ed a “Il Nuovo Friuli” oltre ad “Il Diari”, voce autorevole e memoria storica di tante battaglie della società civile, il quale ha espresso parole sentite di elogio nei confronti dell’opera di testimonianza socioculturale svolta dal prof. Travain e sodali, con particolare riferimento ai numerosi segni di rimembranza liberalmente dedicati a monumenti e siti evocanti a fatti e personaggi del passato di Udine e del Friuli. “Un riconoscimento – proprio oggi, a sigla del ventennale d’intitolazione del nostro movimento del Fogolâr Civic – che mi è ancor più grato, perché mi ricorda i miei acerbi esordi sulla scena dell’impegno sociale a tutela dei beni culturali locali ai tonanti microfoni della battagliera rubrica radiofonica “La Cjampane dal Arengo”, proprio sotto il direttore Mauro Tosoni!” ha rimarcato il presidente fogolarista. In delegazione, la vicaria sociale, prof.ssa Renata Capria D’Aronco, esponente eminentissima della società civile cittadina, presidente oltretutto dell’Associazione Udinese per il Recupero della Democrazia Storica Partecipata “Pro Arengo Udine” e prefetto del Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, Cipro, Rodi, Malta e San Pietroburgo; le caposezione udinesi sig.ra Paola Brochetta e sig.ra Marisa Celotti, anche soprintendente movimentale; i consiglieri fogolaristi maestra Manuela Bondio e sig. Eugenio Pidutti, memoria storica del sodalizio, insieme alle omologhe sig.ra Rosa Masiero e giornalista Laura Zanelli, anche presidente dell’Associazione Giulietta e Romeo in Friuli, gran promotrice della riscoperta della matrice friulana del dramma immortalato da William Shakespeare. In ideale rappresentanza, poi, del vario mondo dei comitati e dei sodalizi rionali e frazionali con cui il movimento denominato vent’anni or sono Fogolâr Civic ebbe a relazionarsi e collaborare sin dalle sue origini, per il perseguimento dei suoi fini storici di promozione civico-identitaria, presenti i signori Elisabetta Mingolo e Daniele Pagnutti, figure note dell’impegno socioterritoriale udinese, propulsori vulcanici di battagliero associazionismo civista, oltreché oggi referenti del coordinamento civico del borgo di Santa Margherita del Gruagno (Moruzzo). L’ultima tappa delle celebrazioni per il ventennale fogolarista si è, dunque, conclusa, in uno sfolgorio di bandiere, con goliardico brindisi ed il marziale canto dell’“Oh, ce biel cjiscjel a Udin” sulle note della “Marseillaise”, adattamento “rivoluzionario” dell’inno cittadino, intonato al carattere pugnace del fogolarismo civista locale. A chiusura, l’inno “ufficiale” del Fogolâr Civic, “Se il mont si strucje”, evocazione dei moti friulani del Rinascimento, terminante con lo storico grido di battaglia “Savorgnan!”.

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