EuroAquileienses 28.12.2021/I (en)

FOGOLÂR CIVIC press release (to the Italian press) – Udine, 28 December 2021

A UDINE, “LÀ DI PAIAN”, TRENT’ANNI FA, IL PICCOLO PARLAMENTO SOCIALE DEL FRIULI

Fogolâr Civic e Academie dal Friûl hanno ricordato la singolare esperienza metapolitica di un’assemblea della società civile del Friuli attiva tra 1991 e 1993. Il presidente prof. Travain: “Voleva essere la voce autorevole delle mille espressioni dell’impegno civico dei friulani eternamente divisi dalla politica!”.

Achì si à rionzût in clâf sociâf moderne il Parlament furlan ai 9 di Març 1991: par ricuart di ducj chei che i àn crodût e di sâr Paian, il paron di cjase, che i à vierte la puarte a chel che al veve di sei il Parlament sociâl de Furlanetât / Dicembar 2021: il Fogolâr Civic, so fiastri ultin in chê bataie, al ricuarde agrât chê samblee pai 30 agns”. Questa la dedica su immancabile nastro gialloblu friulano associato alla rosa del civismo storico del Friuli, segno collocato il 28 dicembre 2021, oramai a fine anno, in Piazzale Cella 33, a Udine, per iniziativa del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” e del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, a ricordo del 30° di fondazione di uno sperimentale Parlamento sociale della Friulanità che si proponeva come congresso permanente del civismo regionale variamente impegnato nella difesa e nella promozione del territorio. L’idea fu lanciata dal ventunenne studente universitario Alberto Travain, ora noto professore oltreché presidente di Fogolâr Civic e Academie dal Friûl, il quale si è recato, con qualificata rappresentanza, costituita dalla vicaria dei due sodalizi, prof.ssa Renata Capria D’Aronco, e la benemerita fogolarista sig.ra Marisa Celotti, a rendere omaggio “a quelle memorie, a quelle speranze, a quelle illusioni” presso lo storico domicilio dell’indimenticato promotore e politico friulanista sig. Silvano Pagani, dove per l’appunto trent’anni or sono venne avviata quella singolare esperienza. “Il 16 dicembre 1990, il sottoscritto – ha ricordato Travain – propose, durante un convegno autonomista al palazzo comunale di Venzone, in una sala dominata dall’effigie del patriarca aquileiese Bertrando, la costituzione di un metapolitico ‘Parlament de Patrie dal Friûl’, inaugurato, poi, il 9 marzo 1991, con denominazione trilingue, in friulano, sloveno e tedesco, rappresentativa delle molteplici matrici linguistiche della regione storica, in questa corte di Piazzale Cella, a Udine, al civico 33, ‘là di Paian’, vero porto di mare dell’autonomismo contemporaneo friulano e non solamente, auspice il proprietario, l’irriducibile e generosissimo friulanista sig. Silvano Pagani. L’idea era quella di promuovere in campo culturale quel dialogo che mancava in campo politico tra le forze variamente identitarie. Ridare forza, spessore ed autorevolezza all’istanza localista attraverso la creazione di un punto d’incontro, di un laboratorio d’idee al di fuori dell’agone politico. L’appello rivolto al rissoso mondo autonomista veniva anche esteso alle mille espressioni della società civile variamente impegnate sul territorio, la cui adesione non solamente doveva supplire alla prevedibile tiepidezza di non pochi friulanisti ma idealmente allargare la base del fronte, coinvolgendo in tal senso, culturalmente, le più varie realtà del volontariato. Balenava, pur rimodernata, un’antica idea di consequenzialità fra solidarietà e partecipazione, fra impegno sociale e autorevolezza in qualche modo rappresentativa degli interessi della comunità. Una ‘piazza’, insomma, chiamata a parlamento per costruire, per condividere e per rilanciare un’istanza localista le cui espressioni in campo politico in larga parte erano ancora fuori dalla stanza dei bottoni. Formalmente trattavasi di una pur criticabile rivisitazione dell’antico Parlamento della Patria del Friuli, assemblea regionale dell’“Ancien Régime” tra i cui scopi fondanti vi era certo quello di coordinare i particolarismi. Concettualmente, però, quel congresso ricordava più che altro il seriore istituto della ‘Contadinanza’, controparlamento regionale dei sudditi della Friulanità rinascimentale. Si voleva incarnare un ‘di bessôi’ civico, una voce autonoma, un’identità a sé, della cittadinanza, di fronte ai politici e agli amministratori, extraistituzionale, senza pretese d’istituzionalità. Un’illusione che durò oltre due anni. Quando, nel Palazzo della Provincia, a Udine, il 4 dicembre 1993, si tenne l’ultima riunione del consesso, in presenza dei rappresentanti di dieci organizzazioni sociali da tutta la regione, il sottoscritto denunciò come adesione e dissenso all’iniziativa di quegli estemporanei ‘Stati Generali’ del Friuli ricalcassero in un certo modo preconcetti e divisioni già esistenti in campo friulanista. Si profilavano altre ‘cordate’, in una corsa all’unità a compartimenti stagni. Parzialità aspiranti ad assurgere a totalità. Non fu questo, però, a far implodere quel ‘parlamentino’. Si riteneva che la battaglia non fosse ancora persa e che una più ampia apertura, come da copione, alle mille realtà della società civile potesse supplire alla poco entusiastica risposta data dal friulanismo estendendone, anzi, culturalmente, la base sociale. Se la ‘piazza’ friulanista non era in grado di elaborare e di promuovere con autorevolezza l’istanza localista di fronte al ‘palazzo’ e non ne era, perciò, buon presidio sociale, bisognava allargarla, annegarla in un fronte ben più ampio, che di tale istanza si facesse certo propugnatore ma in cui le beghe dei friulanisti non avessero che la minima influenza. Quando, di lì a poco, l’idea localista entrò nel ‘palazzo’ sotto le trionfanti insegne di una forza politica non locale, la Lega Nord, la Friulanità parve ritrovare nelle Istruzioni fior di garanti, riducendo pertanto l’iniziativa di quel ‘parlamentino’ a mera battaglia di retroguardia, a mero folclore. Dal serto di quercia al berretto a sonagli. Da illusi salvatori della ‘piccola patria’ a patetici buffoni. Ormai bastava chiedere, non serviva combattere per avere. A una ‘primavera’ politica venne a corrispondere, così, un malinconico ‘autunno’ civico. Indelebile resta comunque il ricordo di sostenitori piccoli e grandi dell’iniziativa, la cui presidenza venne assegnata al liventino ing. Ennio Valdevit, coadiuvato, con cariche di garanzia, dall’ex consigliera regionale carnica ed insegnante Cornelia Puppini e dal sottoscritto”. Così, ora, il leader di Fogolâr Civic e Academie dal Friûl ha commemorato quella vicenda, soggiungendo come forse utile potrebbe esserne il rinnovo ma alquanto improbo ed improbabile soprattutto per l’insuperato scoglio antropologico che fa dei friulani una piccola nazione con tante virtù ma con un pronunciato vizio devastante costituito da incapacità culturale diffusa a relazionarsi lealmente e affabilmente, di affiatamento sincero al di là delle divergenze. “Varrà pure per tutti, ma per i friulani questo sino ad oggi è stato dirompente”. Il prof. Travain, ricevuto, insieme alla delegazione sociale, dalla sig.ra Carmen Pagani, figlia del compianto esponente friulanista sunnominato, ha anche auspicato che il luogo possa essere istituzionalmente valorizzato a beneficio della cultura civica, innanzitutto attraverso una targa che ne ricordi la pregnanza storica contemporanea di crocevia e fucina del pensiero e dell’impegno localista nel cuore del Friuli.

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