Friulani sempre divisi: “Dobbiamo correggerci!”

Comunicato FOGOLÂR CIVIC alla stampa italiana – Udine, 6 giugno 2020

BERTRANDO E LA PACE IN FRIULI SEI SECOLI DOPO

A 600 anni dalla dedizione di Udine a Venezia che sancì la pace tra le fazioni cittadine in lotta, auspice il patrono civico Bertrando, il Fogolâr Civic ha riflettuto sulle perniciose divisioni friulane di ieri e di oggi. Momenti commemorativi nel Duomo e presso Porta Aquileia. Il presidente prof. Travain: “Primo nemico dei friulani restano i friulani stessi! Superiamo grettezza, acredine ed invidia!”.

Da “Detal Indriot” e “Fidrì Savorgnan” sino a “Bete Rissaue” e “Zuan di Moravie”; da “Toni di Rovul” e “Toni Golant” a “Culau Piliçon” e “Culau Curton”; da “Jacum dal Suei” e “Matie Cimadôr” a “Culùs di Prate” e “Cec Produlon”; da “Jop di Banzil” e da “Zuantoni di Birtulin” a “Tomâs di Roncon” e “Zuanut Minutìs”, da “Tristan Savorgnan” e “Murùs di Jacum” a “Simon Colorêt” e “Marc di Murùs”: patrizi e plebei, principi, notabili e popolani, una galleria di venti figure, piccole e grandi, tratte dal Basso Medioevo locale, combattenti e caduti nelle ultime fasi delle guerre civili ed internazionali friulane del tempo, che, seicento anni fa, inesorabilmente condussero alla fine dello Stato patriarchino di Aquileia ovvero della massima istituzione autonomistica della storia regionale del Friuli. Nomi riportati sui nastri associati a dieci rose bianche e dieci rosse, a contrasto, deposte presso l’urna patriarcale del Beato Bertrando nel Duomo di Udine, nel fosco ricordo di contrapposizioni sanguinosissime che divisero udinesi e friulani del passato tanto da far leggere addirittura con qualche sollievo la resa ovvero dedizione di Udine alla pur invadente Repubblica di Venezia, il 6 giugno 1420, “meracul de pâs” ossia grazia celeste, si volle intendere, per intercessione del santo Patriarca, “padre della patria” di cui, guarda caso, proprio quel giorno si commemorava il martirio, avvenuto settant’anni prima, alla Richinvelda, in seguito a complotto ordito dal fior fiore dei notabili dell’antico Patriarcato. Questo il tratto delle rimembranze civiche spontanee 2020 del “Patrono Civile” udinese, locale matrice di valori universali fondativi della migliore civiltà del territorio. Il rito popolare, nel duomo della “capitale” del Friuli Storico, “capitale” che tale titolo deve innanzitutto proprio al sacrificio di quell’antico principe-vescovo, si è rinnovato, per la ventinovesimo anno, sotto l’egida del Fogolâr Civic, trentennale movimento culturale civista ed euroregionalista promosso dall’intellettuale udinese prof. Alberto Travain. La delegazione fogolarista intervenuta alla cerimonia di sabato 6 giugno 2020 era composta dalle attiviste maestra Manuela Bondio, sig.ra Marisa Celotti, sig.ra Milvia Cuttini, sig.ra Renata Marcuzzi, sig.ra Luigina Pinzano, guidate dalla segretaria sociale sig.ra Iolanda Deana, con la partecipazione della prof.ssa Renata Capria D’Aronco, presidente dell’Arengo udinese oltreché del Club per l’Unesco di Udine. A fare gli onori di casa, nella cattedrale udinese, è stato l’arciprete mons. Luciano Nobile, che ha rimarcato come la ricorrenza commemorativa del Beato Bertrando a Udine risulti essere purtroppo abbastanza sottotono, causa soprattutto uno scarso interesse dell’Amministrazione comunale locale, a differenza di quanto accadrebbe, ad esempio, a San Giorgio della Richinvelda, dove il Comune sarebbe, secondo “il plevan dal domo”, molto più attivo su questi temi. Il presidente del Fogolâr Civic, prof. Travain, ha certamente condiviso l’amarezza per un manifesto, sostanziale, disinteresse dei “sorestants di Udin” verso una tradizione identitaria cittadina e regionale friulana indubbiamente carica di valori civici irrinunciabili. “Se in questi ultimi ventinove anni, a parte il gesto della proclamazione in municipio di Bertrando a patrono laico della città nel 2001, il Comune e la stessa Chiesa udinesi, al di là di qualche mostra, di qualche spettacolo o di qualche conferenza non hanno certamente mostrato volontà solide e coerenti di promozione edificante del mito culturale e civico del grande Patriarca, quasi un trentennio di presidio attivo in questo campo, a carico di un certo idealismo civista spontaneo incarnato dalle nobilissime piccole forze ed esperienze raccolte dal Fogolâr Civic, ha senz’altro impedito che simili carenze affondassero in lunghi decenni di oblio il mito produttivo mobilitante locale dell’anziano e saggio governante proteso verso il bene del suo popolo sino all’estremo sacrificio, matrice identitaria di civile consorzio!”. Riguardo a questo tema, Travain ha ricordato anche il decennale dell’iniziativa fogolarista, avviata nel 2010 e rivolta alle scolaresche: la cosiddetta “Infiorata Studentesca Bertrandiana”, più volte riproposta con il coinvolgimento di numerosi istituti scolastici e quest’anno abortita, causa l’emergenza Coronavirus. Il professore, vero fulcro udinese del culto civico-culturale contemporaneo del Patriarca Bertrando, è riandato, dunque, alle origini del suo interesse per quella figura, ricordando il ruolo di taluni illuminati suoi docenti di scuola media, quali il prof. Antonio Mascherin e don Luigi Della Longa, oltreché l’emozionante rievocazione storica del 1982, promossa dall’indimenticato arciprete poi vescovo mons. Raffaele Nogaro. “Senza gli anelli di quella catena di trasmissione sensibile della memoria, dipanatasi lungo decenni ed intreccianta a mille altre esperienze individuali e collettive, oggi la città di Udine non avrebbe Bertrando ‘Patrono Civile’, idea imposta dal basso a dominanti insensibilità ed incoscienza storiche!” ha detto Travain, riportando, inoltre, un indirizzo di saluto della dott.ssa Maria Santa de Carvalho, prima fautrice, tra i banchi del Comune, di detto riconoscimento patronale, e uno del prof. Pietro Enrico Bertrando di Prampero, nobile friulano il cui nome ancora, dopo tante generazioni, attesta l’integerrima fedeltà di un ramo del celebre casato all’antico patriarca-principe vittima di congiura aristocratica. Un messaggio di partecipazione è anche pervenuto dal benamato anziano “cappellano” del Fogolâr Civic, don Tarcisio Bordignon. La presidente arengaria D’Aronco ha colto l’occasione per rinnovare pubblicamente massima stima al prof. Travain, per la tenacia con cui ha saputo, per ben ventinove anni, riproporsi immancabilmente e convintamente come instancabile promotore di una memoria civica perennemente interpellante l’attualità. La prof.ssa D’Aronco ha ribadito il dovere morale della memoria, soprattutto quando, come nel caso di Bertrando, rimanda ad una fiera lotta contro l’ingiustizia e la sopraffazione, esempio da assumere ogni giorno, in una guerra senza quartiere a tutela degli oppressi di ogni epoca e latitudine. La comitiva si è, poi, trasferita presso Porta Aquileia, che, seicento anni prima, aveva visto l’ingresso delle truppe venete e dei fuoriusciti di parte savorgnana, cacciati da Udine dagli ungheresi nella intricata guerra che portò alla caduta dello Stato autonomo friulano medievale. Deponendo, quindi, sulla vera dell’attiguo pozzo, altre dieci rose bianche ed altrettante rosse, associate ai nomi di venti protagonisti di quelle lontane lotte civili, il prof. Travain ha tenuto un breve discorso di circostanza, ricordando come tutt’ora risulti oltremodo nociva l’estrema divisione dei friulani, figlia sovente di superba grettezza, di stupida acredine e certo di un’atavica invidia del prossimo: “Quante delle nostre antiche ed odierne divisioni, politiche e personali, non hanno, in fondo, alla radice, in genere, un mancato rispetto della parola data, della fiducia riposta? Sì, proprio, noi: il popolo degli ‘onesti’, quanto disonesti siamo nei rapporti interpersonali, quanto inaffidabili, quanto irridenti, quanto negativi? Seicento anni or sono il Friuli cadeva in mano veneziana in seguito a una guerra causata dalla cupidigia di alcuni friulani e dall’invidia di altri. Seicento anni dopo, politicamente, del Friuli non resta più nulla e ancor meno resta capillarmente di una società coesa e resistente contro le insidie esterne, chimera inseguita ma raggiunta di rado nella vicenda delle nostre genti. Inutile puntare il dito ora contro Venezia ora contro Trieste oppure Roma o Bruxelles: guardiamoci in casa, nelle nostre vite ed attività! Ci dovremo arrendere a prendere atto del fatto che il primo nemico dei friulani sono i friulani stessi. Se in questo terribile seicentenario ci impegnassimo a migliorare, si tratterebbe, stavolta davvero, di un ‘meracul de pâs’!”. Presenti alle cerimonie anche rappresentanze sociali del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, del Coordinamento Euroregionalista Friulano “Europa Aquileiensis” e del Coordinamento Civico Udinese “Borgo Stazione”.

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