FOGOLÂR CIVIC – Pressemitteilung (für die italienische Presse) – Udine (Weiden), 1 August 2019
ARGINARE LA CRISI EDUCATIVA RESTAURANDO L’AUTORITÀ DELL’INSEGNANTE!
Nella ricorrenza celebrativa della prima università friulana, Fogolâr Civic e Academie dal Friûl scrivono al Ministro dell’Istruzione a Roma invocando utili riforme che, sin dalla scuola dell’obbligo, impongano un rispetto della funzione docente che sia garanzia per l’intero sistema di formazione ed educazione della gioventù.
“Il 1° agosto, anniversario dell’atto di riconoscimento del primo ateneo friulano datato 1353 e riferito al sovrano imperiale Carlo di Lussemburgo-Boemia, dovrebbe essere, pur in tempo di vacanze estive, proprio un’occasione per parlare di formazione, in tutti campi ed a tutti i livelli, giorno deputato per discutere di università ma certo anche di scuola di ogni ordine e grado, sempre considerando l’enorme importanza che l’istruzione e l’educazione hanno nella storia per il progresso di ogni comunità! Da qui, l’idea di scrivere una lettera, proprio il 1° agosto 2019, a Roma, al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca della Repubblica Italiana, prof. Marco Bussetti, per auspicare – si è indicato all’oggetto – una ‘riforma in campo educativo scolastico tutelante ineludibilmente la pubblica funzione docente‘”. Tema alquanto grave che l’udinese prof. Alberto Travain, presidente del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” e del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, ha voluto scegliere per le ricadute significative sulla formazione alla cittadinanza e sulla qualità della vita sociale e civile di ogni comunità locale e sovraordinata. Testo ponderoso, accorato, inesorabile, che si propone integralmente di seguito. “Pregiatissimo, la presente, nell’anniversario dell’atto sovrano di riconoscimento della prima università friulana (1353), ultimo livello della formazione, per rappresentarLe il sincero cruccio che si registra anche in queste terre, angolo d’Italia e cuore d’Europa, riguardo alle sorti di una basilare educazione della gioventù. Osservato anche da questo amato Friuli Venezia Giulia, il deflagrare della situazione educativa nel Bel Paese non pare altro che manifesta dichiarazione d’inadeguatezza dell’ordinamento in quel dato settore. Sarà quindi d’uopo mettervi mano con serietà, certamente a procedere da una responsabilizzazione maggiore in materia che un quadro statale, necessario garante del consorzio civile, dovrà pur pretendere dai genitori ovvero dai tutori delle generazioni formande, a prova, tra l’altro, della concreta utilità sociale della famiglia o di nucleo consimile nella costruzione di una cornice di convivenza nella civiltà. In secondo luogo verrà, senza dubbio, la scuola dell’obbligo, che, vedendo, oggi, decadere disgraziatamente il nesso familiare come agenzia educativa primaria, si fa ‘prima linea‘, ‘fronte‘ effettivo di civilizzazione oltreché primo qualificato accesso al sapere di base. Se una ‘buona‘ scuola è da costruirsi, come si suol dire, attorno al discente, essa non può essere strutturata, però, nella pratica, contro il docente, come, invece, accade, di fatto, oggigiorno. Ad una simile criticità non è dato pensare di trovar rimedio blandendo i docenti con la promessa di assunzioni in ruolo od aumenti di paga. Stipendi aumentati per motivare, diciamo così, gli insegnanti a ricevere con maggiore disinvoltura l’oramai quotidiano e gratuito oltraggio alle personali loro competenza, dedizione, dignità, identità? Una Scuola e uno Stato in cui non v’è rispetto per i docenti, a loro volta, non risultano affatto degni di rispetto! Bell’esempio da fornire alle giovani generazioni, che sin dai banchi della primaria risultano perfettamente coscienti del prevalere di mamma e papà, loro efficientissimi e ultra-accreditati sindacalisti, sui bistrattati loro precettori ancorché abilitati dallo Stato stesso che regolarmente li abbandona alle belve! Non si forma così la gioventù! Non si formano così i cittadini! I risultati sono chiaramente sotto gli occhi di tutti, tanto che si spiega, se non si giustifica, la proposta di un vicepremier tesa al ripristino del servizio di leva, che pure era in genere notoriamente, per vari aspetti, veramente tutt’altro che educativo. La ‘leva‘ – nel senso migliore e fors’anche mai applicato – deve chiaramente essere la Scuola! Se, in Italia, il sistema educativo-formativo non risulta essere decisamente peggiore di tanti altri, è conclamatamente comunque claudicante e ciò non per forza è da addebitarsi a carenze numeriche o qualitative di educatori e formatori, ma a norme, sentenze e dinamiche che tutto fanno fuorché tutelarli nell’esercizio della loro funzione o, se non si vuol dire, della ‘missione‘ socioculturale importante che svolgono. Manca una tutela che assicuri loro, prima di tutto, quella basilare serenità nell’agire didattico ed educativo continuamente e proditoriamente minacciata, nella scuola dell’obbligo ma non solo, dal deleterio e invadente capriccio d’isolati soggetti o manipoli genitoriali, spessissime volte demagogicamente e strumentalmente legittimati nel loro procedere da dirigenze il cui primo interesse è non perdere utenze, assillo intrinseco a una concorrenza tra scuole figlia dell’attuale sistema di autonomia scolastica ed acuito dalla sciagurata eliminazione del vincolo di territorialità delle iscrizioni, cosa che, in carenza di alunni, induce gli istituti davvero ad asservirsi alle bizze di genitori pronti ad usare i propri figli alla stregua di merce di scambio sino ad intaccare lo stesso sussistere delle condizioni per garantire o formare classi e per giustificarne il relativo organico! Una vera tirannide, purtroppo avallata dallo Stato italiano e dal suo ordinamento, che hanno permesso che così si alterino fondamentali principi democratici di partecipazione od ordinato concorso alla cosiddetta ‘comunità educante‘. Un’oclocrazia non da oggi soltanto amministrata da un populismo imbonitore, spacciato per nobile ‘instrumentum regni‘ che, al contrario, offende la statualità rinegoziando capillarmente, in base ai rapporti di forza locali, quei pochi chiari equilibri e regole legittimamente definiti a monte, a livello politico; un sistema in cui i principi di rappresentanza paiono cassati da deputazioni genitoriali ricorrentemente agenti in assenza di effettiva delega, nello specifico delle questioni, da parte della maggioranza dei loro rappresentati; una relazione scuola-famiglia in cui, anche in Friuli Venezia Giulia, i docenti si trovano scavalcati e snobbati dalla diffusa e vergognosamente accreditate e tutelata pratica del diretto ed informale ricorso gerarchico alle dirigenze, di cui capita addirittura che si salvaguardi l’anonimato, abbandonando, così, l’insegnante, indifeso, alla mercé di pressioni e richiami infondati o motivati, ancor peggio, da ragioni recondite e terze rispetto allo stretto dato educativo-didattico, ciò chiaramente a detrimento enorme di uno svolgimento effettivamente utile della funzione docente ed, al contrario, ad incremento di un rovinoso senso di onnipotenza di genitori ed alunni ‘ultra legem‘ eppure, come tali, ammessi e riveriti… Una tirannide che associa illimitate ed accreditate istanze di facinorose famigliole – popolo, chissà, frustrato da una politica in cui poco conta ed al quale furbescamente è stato concesso, extrema ratio, di ‘riscattarsi‘ in sede scolastica come sindacato dei propri figli! – alla pantocrazia, di fatto, assoluta di dirigenze anche incentivate economicamente a garantire con ogni mezzo un successo formativo dell’utenza commensurato sostanzialmente in base ai voti e alle promozioni, successo, questo, che, come addotto per mille rivoli, non corrisponde per forza alla realtà, ma può essere frutto di pressioni ‘strategiche‘ sulle docenze, miranti, alla fine, a disincentivare ogni opportuno ma ingombrante rigore minacciante la resa finale delle scolaresche, con conseguenze più che deleterie per la formazione e l’educazione delle nuove generazioni, soprattutto in tema di senso del merito e dell’impegno! Norme e dinamiche connesse alle prime, oggi, elevano, infatti, il dirigente scolastico al rango di ‘dominus‘ plenipotenziario, armato di strumenti di dissuasione e di repressione ufficiali e ufficiosi atti a ricondurre il personale docente entro utili alvei di pragmatismo che sempre più offende la funzione docente e con essa la stessa funzione pubblica. Insegnanti statali asserviti a dirigenti impegnati a garantire praticamente il capriccio di genitori e pargoli altro non significano che la negazione dello Stato stesso e della sua preponderante funzione di formatore alla cittadinanza in un consorzio civile cosciente, responsabile e rispettoso dei ruoli e dei fini! Con questi medesimi voti, in sostanza, anche nelle plaghe del nostro Friuli Venezia Giulia, lo Stato asburgico, primo in Italia e tra i primi in Europa, già secoli addietro aveva sperimentato un’efficente scuola dell’obbligo… Che ha da dire, dunque, il nostro presente di fronte a quel generoso passato, produttore di una conclamata civiltà dell’ordine, della serietà e del proficuo rapporto tra Istituzioni e cittadinanza oltreché di civile convivenza? ‘Altri tempi!‘: sarà questa l’unica nostra risposta? O un’Italia in vena di sovranismo saprà anche trovare ovvero rinnovare una via ‘italiana‘, in senso positivo, all’educazione oltreché all’istruzione, tale da sottrarre la scuola statale a traslati principi di ‘libero mercato‘, contraddicenti la funzione pubblica di formazione alla civica coesione, che sottomettono gli istituti a disorientata e ondeggiante ‘domanda‘, cullata da leggi, disposizioni, verdetti e dinamiche che rarificano in larga parte quel quadro cogente curricolare di base sul quale dovrebbe fondarsi il riscatto culturale e morale dell’intero Paese, dei suoi territori e delle sue antiche comunità, aperti ad includere ed a rinnovarsi nell’orgoglio e nella condivisione delle proprie tradizioni migliori? Una sfida, questa, che non può attendere tentennamenti, pena la necessità di ricorrere ad altri livelli territoriali e decisionali… Un cordialissimo, friulano, ‘mandi’!”. Disarmante il quadro profilato eppure friulanamente schietto e veritiero. “Per ambire a serietà, oggi, qualunque riforma scolastica dovrà dare risposte risolutive ad una ‘questione’ docenti irriducibile a discorsi di lotta alla precarietà e aumenti di stipendio: se i soggetti chiamati ad essere il perno della trasmissione della conoscenza e della civiltà sono esautorati, ricattati, sviliti da un sistema perverso che da loro pende ma non li rispetta e, anzi, se ne fa beffe, certo i risultati non potranno mai essere, al di là delle parvenze, davvero positivi!” ha commentato a margine il tribuno culturale udinese, chiarendo anche che il senso preciso di quell’eventuale “ricorrere ad altri livelli territoriali e decisionali” riportato in chiusura del civico messaggio: “Significa in pratica che, se lo Stato italiano ritiene di continuare su questa strada fallimentare, sarà opportuno accelerare i tempi di una totale arrogazione di sovranità in campo scolastico a favore delle Regioni tale da permettere, per lo meno alle comunità d’Italia più sensibili al cruciale tema in questione, di poter procedere autonomamente a una sua concreta risoluzione!”.