MERCOLEDÌ 6 LUGLIO 2016

Mercoledì 6 luglio 2016, il Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” e il Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl” hanno aderito a una petizione popolare richiedente il riconoscimento entro l’anno del reato di tortura in Italia, petizione promossa da Ilaria Cucchi, sorella di un cittadino italiano, Stefano, uscito cadavere nel 2009 dalla custodia da parte dello Stato. I due sodalizi hanno motivato la loro adesione ritenendo “le Istituzioni anche democratiche non per forza sicure garanti della sicurezza e della dignità della Persona e del Cittadino”. Il presidente delle due organizzazioni, prof. Alberto Travain, nel giudicare tale riconoscimento quale “atto dovuto e senz’altro tardivo per un’Italia presunta culla di civiltà, patria indegna di Cesare Beccaria”, ha inteso la firma della petizione, dovere civista, anche come una dedica al compianto corregionale Luciano Rapotez, celeberrima vittima di tortura di Stato negli Anni ’50 e storico promotore del riconoscimento e dell’inclusione di quell’orrendo crimine nel codice penale italiano. A seguire, il testo della petizione indirizzata al Ministro della Giustizia e da inviarsi anche a Presidente del Consiglio e Parlamento. “Mi chiamo Ilaria, ho 42 anni e 2 figli. Vivo a Roma e di Roma è tutta la mia famiglia. È qui che sono cresciuta: non da sola, ma insieme a mio fratello Stefano, quello famoso. Stefano Cucchi, famosoperché morto tra sofferenze disumane quando era nelle mani dello Stato e, soprattutto, per mano dello Stato. Mio malgrado, sono molte le persone che mi conoscono in questo Paese. Sanno come sono fatta. Sanno – perché da sette anni ormai non mi stanco di ripeterlo – che sono in ottima forma fisica e che sono viva. Al contrario di mio fratello, che pesava quanto me ma che vivo non è più. Nell’ottobre del 2009 non sono stata picchiata. Non mi hanno pestato, non mi hanno rotto a calci la schiena, non ho avuto per questo bisogno di cure mediche. Non mi hanno torturato. Sono viva. Sono viva e combatto con una giustizia che ha dimenticato i diritti umani. Sono viva e da allora mi batto per non smettere di credere. Ecco perché chiedo che Parlamento e Governo approvino finalmente, ed entro quest’anno, il reato di tortura in Italia. Stiamo chiedendo all’Egitto verità per Giulio Regeni. Dobbiamo farlo. Ma ricordiamoci che lo facciamo dall’alto del fatto di essere l’unico Paese d’Europa a non avere una legge contro le brutalità di Stato. La Corte di Strasburgo ha già condannato l’Italia per gli orrori del G8 di Genova nel 2001. E ci ha imposto l’introduzione nel nostro codice penale del reato di tortura. Che aspettiamo? Nonostante tutto io alla giustizia ci credo ancora. In questi giorni di preparazione alle elezioni amministrative in grandi città come Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli, ho lanciato delle provocazioni. Ho provato a richiamare l’attenzione della politica di qualsiasi colore su qualcosa che da sette anni fa parte della mia vita. Perché da sette anni sono una donna che chiede giustizia per l’abuso di cui è stato vittima suo fratello. E da sette anni sono una cittadina che chiede che la sfera pubblica dia finalmente risposte di civiltà. Ho sempre creduto e continuo a credere nonostante tutto all’uguaglianza sostanziale di ognuno di noi di fronte alla legge. Vedo la politica litigare con la magistratura, i giudici scontrarsi con i governi ma non vedo, continuo a non vedere la base. E la base può essere solo quella di ripartire dai diritti umani. Voglio che si riaccendano le luci non solo su questioni che riguardano la memoria di Stefano, ma che hanno a che fare con tutti noi. Penso a Giulio Regeni, Giuseppe Uva, Federico Aldrovandi, Riccardo Magherini. Tutte queste storie, tutte le persone dietro a queste storie ci testimoniano, con la loro morte che è una morte di Stato, che uno Stato di diritto senza diritto è una banda di predoni. In questo nostro Stato manca un fondamento: quello del reato di tortura. Non è uno Stato di diritto quello che permette che un uomo, Andrea Cirino, venga torturato in carcere. E che permette che per questo orrore disumano non ci sia alcuna condanna, perché il reato di tortura in Italia non c’è. Per quale motivo l’Associazione nazionale Magistrati che è sempre così giustamente sensibile ai problemi che la legislazione in materia di lotta alla corruzione e alla mafia può creare, mai e dico mai è intervenuta sul tema degli abusi e della violazione dei diritti civili e della mancata approvazione di una legge sulla tortura? Se non si parte proprio da questo a nulla può portare il confronto tra le istituzioni: sono scontri di potere a danno dei cittadini, che vengono schiacciati, non tutelati. Ogni tassello rimesso a posto rende più vicina la verità. Per Stefano, per Giuseppe, per Marcello, per Giulio, per Riccardo e per tutti gli altri: approviamo il reato di tortura in Italia entro il 2016!”.

Precedente MARTARS AI 5 DI LUI 2016 Successivo MIERCUS AI 6 DI LUI 2016