Natîfs e rivâts te lidrîs dai popui

20180623

 

 

 

 

 

 

Note FOGOLÂR CIVIC pe stampe taliane – Udin, 23 Jugn 2018

TRAVAIN SU AUTOCTONI ED IMMIGRATI NEI MITI D’ORIGINE DEI POPOLI

In un incontro Unesco per la Giornata Mondiale del Rifugiato il docente udinese che guida il Fogolâr Civic ha riflettuto sulla tematica storica del rapporto tra nativi e stranieri in cerca di nuova patria.

Basavons scjampâts ven a stâi la liende di Enee e di Antenôr”. Di antenati profughi ovvero del mito di Enea ed Antenore ha parlato il prof. Alberto Travain, docente, Presidente del Fogolâr Civic e del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl” nonché Delegato presidenziale alla Formazione Civica e alla Cittadinanza Attiva del Club per l’Unesco di Udine, nella sua conferenza, in lingua friulana, tenutasi mercoledì 20 giugno 2018, nell’ambito degli incontri pubblici organizzati da suddetto Club, retto dalla prof.ssa Renata Capria D’Aronco, per la specifica occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, presso la sede universitaria udinese di Palazzo di Polcenigo Garzolini di Toppo Wassermann. È partito da Livio, dalla sua Storia romana “ab Urbe condita”, il prof. Travain, ritrovandovi, nelle prime pagine, un ricettacolo dei sentimenti, modalità, reazioni che per millenni hanno accompagnato universalmente le profuganze, le migrazioni di perseguitati, in un intrecciarsi di sospetto, timore, accoglienza, invasione, resistenza e integrazioni più o meno facili. “Diference grande tra i doi patriarcjis, un de nazion latine e un de venetiche, e sarès stade chê che un si à integrât e miscliçât cui natîfs e chel altri ju à parâts fûr” ha rimarcato il professore, riflettendo sul fatto che, pur premessa l’ordinarietà storica delle migrazioni d’individui e di popoli, esse non debbano configurasi come sostituzione di popolazioni autoctone o come loro pesante stravolgimento, sebbene per lungo tempo nella Storia, non pochi Paesi e Nazioni abbiano inteso celebrare come propri principali antenati non i nativi più remoti bensì invasori o immigrati successivi, approdati e in qualche modo impostisi sulla scena locale. Si sono celebrati come “padri della patria” i rifugiati troiani, ha rimarcato il docente, e non gli indigeni Euganei o Rutuli, cacciati o soggiogati. “Al pararès che i natîfs, te Storie, o ben i migrâts rivâts prin di altris, stant che ducj cuancj o rivìn de Afriche, a vedin dome di scomparî dopo vêle cjapade tal comedon!”. Solamente nell’Ottocento, come ha ricordato il conferenziere, la Francia riscopre gli antenati Galli e solamente nel Novecento essi vengono rivalutati anche come matrice di piccole “nazioni” alpino-adriatiche in via di presa di coscienza quali quella friulana. “Si capìs che ancje i Galics a jerin vignadiçs, ma a son rivâts ca che a àn di vê cjatât scuasit nome bosc. A ogni mût, al è un pont di principi. Asterix pe France e Tarvos pal Friûl a son stâts, tal fumet, segn di mudament! O sin ducj cuancj composizion di storiis che a van dutis valorizadis! Cui che al ven di fûr si pues acetâlu ma no anulâsi dal dut a so pro!”. Il relatore ha, quindi, puntato il dito contro una tendenza, radicata nella Storia e ben presente nell’attualità, a confondere accoglienza con soggezione, ad eccedere in termini di ospitalità, a considerare quasi l’autoctonia una vergogna razzista, per cui accade, non di rado in Friuli, ricorda Travain, che “cierts furlans gnûf”, che certi “friulani” di recente immigrazione, si manifestino anche sinceramente come più affezionati alla regione d’approdo, alla sua “marilenghe”, alla sua cultura, di quanto non siano, invece, tanti suoi figli. “Forest al è cui che al dinee une patrie, no cui che le cjate e le puarte indevant!”.

 

 

Precedente Autoctoni ed immigrati all'origine dei popoli Successivo Regeni is a pain and a value for all Friuli Venezia Giulia