Non muri ma un sovranismo internazionalmente socio-solidale!

Comunicato FOGOLÂR CIVIC alla stampa italiana – Udine, 6 luglio 2019

NO AL ‘VALLO DI MASSIMILIANO (FEDRIGA)’ IN FRIULI VENEZIA GIULIA MA SINCERO APPOGGIO AD UNA POLITICA SOVRANISTA DI SOLIDARIETÀ SOCIALE INTERNAZIONALE!”

Nel sesto centenario del deflagrare dell’ultima guerra del Friuli indipendente contro il trionfante invasore veneziano, il Fogolâr Civic ha riflettuto sul senso attuale della difesa dei confini e sul conflitto odierno tra principi umanitari dell’accoglienza e valori politici della sovranità dei popoli e delle nazioni

Esattamente seicento anni fa, il 4 luglio 1419, oramai persa ogni speranza di pacifica soluzione delle controversie internazionali ed interne in corso, l’ultimo nostro patriarca politico, il tedesco Ludovico di Teck, ci invitava inesorabilmente a prendere le armi per la difesa della libertà del Friuli minacciato da temibile invasione!”. Con un minuto di raccoglimento, un omaggio silente, quindi, alla memoria dei combattenti e dei caduti per una Patria friulana libera in quell’ultima guerra crudele che aprì le porte della regione alla potente signoria di Venezia, giovedì 4 luglio 2019, presso lo storico Caffè Contarena di Udine, si è inaugurato un particolare, pregnante, incontro del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” presieduto dal prof. Alberto Travain, intitolato, non senza ironia, La difese dal Friûl, di Beltram a Fedriga”. La difesa del Friuli, da Bertrando a Fedriga?. Anche qui una ricorrenza e una contingenza. La ricorrenza: il 4 luglio 1335 il Parlamento friulano, riunito al Castello di Udine, approvava all’unanimità una significativa riforma della difesa regionale proposta dal grande patriarca aquileiese Bertrando, riforma incentrata sull’istituzione di cinque quinterio corpi d’armata territoriali, riproposti dal Fogolâr Civic nell’attualità come principale riferimento alle tradizioni difensive del Friuli. La contingenza: il governatore regionale eletto ossia il dott. Massimiliano Fedriga ha recentemente fatto balenare l’idea di munire il confine orientale forogiuliano contro l’avanzata dei clandestini attraverso la penisola balcanica. “Vogliamo ritornare ai ‘Claustra Alpium Iuliarum‘, all’antico vallo romano delle Giulie, da Cividale a Fiume, che certamente non scongiurò le invasioni barbariche? Nemmeno il grande Leonardo da Vinci ritenne opportuna la formula di un limes fortificato a difesa del Friuli. Vogliamo ritornare al Vallo Littorio, alla Cortina di Ferro dei tempi peggiori della nostra storia?ha detto il prof. Travain introducendo il dibattito sociale sullo scottante tema della cosiddetta “difesa dei confini” di fronte alle odierne ondate migratorie: È giusto garantire al consorzio civile un territorio sotto controllo, uno spazio protetto, un circoscritto ambito di legalità presidiato, una dimensione oggettiva di appartenenza. E, per contro, mi sembra giusto che quel confine, non per forza fisico, si apra ad accogliere chi bussa alle porte senza velleità di sfruttamento o conquista: giusto senz’altro, non comunque obbligatorio! A proposito di cultura della cittadinanza, alla cui promozione e al cui radicamento tra Alpi e Adriatico da tre decenni questo Movimento è di certo votato, non si vede perché, in democrazia, un popolo non possa, in linea di principio, decidere anche di ‘chiudersi’, di rinserrarsi dietro un confine, soprattutto in un’epoca di particolare disorientamento e confusione, di debolezza civile, sociale, culturale. Detto questo, senz’altro, da euroregionalista, rivedere delle barriere lungo i confini stramaledetti che hanno tragicamente straziato il cuore dell’antica Europa ‘aquileiese’ ossia l’Europa Centrale affratellata culturalmente dalla sua primigenia comune metropoli di Aquileia, non mi aggraderebbe proprio per nulla. Barriere fisse a rimarcare un confine che, da friulano, figlio primogenito di quella metropoli, europeo due volte, aborrisco e rifiuto in omaggio a una storia, innanzitutto culturalmente romana e cristiana, che ha visto il Friuli crocevia e compendio di civiltà oltreché fiero nucleo di un patriarcato sovranazionale che pose le basi della cultura mitteleuropea! Non barriere, quindi, e filo spinato, bensì polizia ed esercito a pattugliare i moderni “Foroiulanorum fines”, per dirla con il longobardo cividalese Paolo Diacono! Polizia ed esercito sono mobilitabili e ritirabili in ogni momento e risulterebbero infinitamente più efficaci e meno invasivi sul piano ambientale di obbrobriose superfetazioni difensive facilmente destinate a rimanere in loco!”. Dopo l’introduzione a cura del presidente prof. Travain, hanno potuto parlare attivisti e sodali. “Il mondo sta scoppiando!”: ha così esordito il sig. Marco Apostolico, proponendo il paradigma del tavolo cui non si possono all’infinito aggiungere dei posti: “Non c’è affatto posto per tutti in Italia e in Europa!”. E si tratterebbe anche di una difesa dell’identità: “I nostri avi sono morti per la conquista dei confini d’Italia!”. Riguardo all’ipotesi di un vallo giulio, il sodale ha affermato che “l’idea di barriere anti-clandestini alla frontiera friulana parrebbe cosa irrealizzabile, per la difficile morfologia dei luoghi, in gran parte montuosi! Vanno piuttosto aumentati i controlli!”. Poi, la sig.ra Marisa Celotti, oltre a rimarcare la necessità di “fermarli poiché non c’è posto né pane per tutti”, riguardo al tema degli immigrati, ha sottolineato l’importanza di “andare a monte” della questione e di riferirsi senz’altro ai capi e alle realtà dei Paesi d’origine. A favore di un rafforzamento dei controlli di polizia, ma contro l’idea di un vallo friulano, si è dichiarata decisamente la sig.ra Mirella Valzacchi, mentre la sig.ra Iolanda Deana si è dimostrata possibilista, un po’ estremizzando, per una sorta di “Grande Muraglia” di tipo cinese! Di maggiori controlli “alla maniera svizzera” ha parlato la sig.ra Luigina Pinzano, ricordando, per esperienza diretta, l’ordinata emigrazione dei friulani di un tempo verso il Paese elvetico. Di maggiore presidio e di respingimenti ha ragionato la prof.ssa Luisa Faraci. Linea dura anche nelle parole della dott.ssa Maria Luisa Ranzato, che ha liquidato come “palliativi” i ventilati progetti di fortificazione del confine nordorientale: maggiori controlli, anche qui, oltre al rifiuto assoluto di approdo lungo le coste sino ad una seria assunzione d’impegno da parte dell’Unione Europea in materia d’immigrazione, a costo persino di obiezione fiscale da parte italiana nei riguardi di Bruxelles! Su una tendenziale linea di rigetto, la sig.ra Milvia Cuttini, mentre la maestra Manuela Bondio ha auspicato maggiore collaborazione tra Paesi limitrofi eurocomunitari attraversati dalla cosiddetta rotta balcanica”. “Stiamo parlando di esseri umani comunque in condizione di fragilità” ha ricordato la prof.ssa Renata Capria D’Aronco, anche presidente dell’Arengo udinese oltreché del Club per l’Unesco di Udine e priore nazionale del Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, Cipro, Rodi, Malta e San Pietroburgo: “Nell’immediato, bisogna accoglierli o meglio soccorrerli; poi dobbiamo mettere i nostri paletti, porre le nostre condizioni, base fondamentale per un’integrazione corretta, nel rispetto dei ruoli, come storicamente nei voti anche dello stesso Fogolâr Civic. In ossequio ai principi ONU, la nostra attenzione per gli immigrati è giusto che sia, però non miope, cieca, supina: deve essere, invece, condizionata e vigile! L’idea di un ‘muro’ ai nostri confini mi fa star male, mentre concordo assolutamente su vigilanza e regole!”. Di controlli e non di barriere lungo il confine orientale friulano ha parlato, di nuovo, poi, la sig.ra Renata Marcuzzi. Al termine, le non facili conclusioni, a cura del presidente prof. Travain: “Accoglienza dei bisognosi e difesa dei propri equilibri ed identità devono essere entrambi principi legittimi in questo mondo o comunque è illegittimo che non lo siano, l’uno fondandosi sul valore dell’umanità, l’altro su quello della sovranità qualora democratica, espressione anch’essa di libertà e solidarietà ancorché circoscritte a popoli e nazioni. Diritti entrambi, senza che l’uno prevalga sull’altro: da conciliare per quanto possibile, bandendo ideologiche derive estremistiche di segno opposto, tese a contrapporre individuali diritti e rivendicazioni ad altrettanti diritti e rivendicazioni di comunità. Può essere certo un obbligo soccorrere, non per forza accogliere! L’idea di una politica internazionale che vada davvero positivamente a inserirsi in quelle sempre più ampie sacche di disagio nel mondo di oggi da cui provengono gli immigrati è sicuramente la strada maestra. ‘Judâju a cjase lôr!’, ‘Aiutarli a casa loro!ciò che mancò a friulani ed italiani di un tempo, costretti all’emigrazione – pare davvero la regola aurea per evitare di dover accogliere forzatamente ovvero di respingere tanta umanità in fuga o alla ricerca di una vita migliore. Un Paese non può essere assoggettato alla tirannia di un’accoglienza obbligata, nemmeno per ragioni umanitarie. Qualunque trattato o norma statale, persino costituzionale, che imponesse questo sarebbe da considerarsi inconciliabile con i principi di democrazia. Passi l’idea, piuttosto, che difendere il proprio confine ad oltranza è legittimo solo se si pensa umanamente anche al prossimo! E ‘umanamente’ significa concretamente… Altro che decolonizzazione! Ci vuole un neocolonialismo ‘buono’, italiano ed europeo, che, invece di creare squilibri e povertà, armonizzi positivamente le economie su scala mondiale coordinandole, per quanto possibile, con le nostre a discapito di nessuno. E questo non può essere, certo, fatto dalle spregiudicate multinazionali, moderni James Brooke di salgariana memoria, bensì attraverso politiche di Stato non proprio in linea con i dettami del libero mercato capitalistico bensì con quelli dei diritti umani ‘universali’. Non è, forse, questo il momento migliore per parlare d’investimenti e di politiche ‘umanitari’ all’estero? L’alternativa è l’inesorabile ‘invasione’ dell’Europa da parte di disperati oltreché di legittimi avventurieri e di qualche furfante, con progressiva sostituzione della popolazione: per somma gioia delle destre estreme e rovina totale delle sinistre caratterizzate da sconsiderate politiche dell’accoglienza. No, quindi, al ‘Vallo di Massimiliano (Fedriga)’ in Friuli Venezia Giulia, ma pieno appoggio ad una politica sovranista di solidarietà sociale internazionale, falso ossimoro, ovvero ad un ‘neocolonialismo buono‘ che positivamente tuteli e coordini, in un mondo globalizzato, interessi e diritti nostri ed altrui!”.

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