Ricordo della Grande Guerra: euroregionalisti friulani contestano il Sindaco di Udine

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Comunicato EVROPA AQVILEIENSIS alla stampa italiana – Udine, 8 novembre 2018

GRANDE GUERRA: “EUROPA AQULEIENSIS” CRITICA IL SINDACO DI UDINE

Il Coordinamento Euroregionalista Friulano contesta le posizioni “nazionali” espresse dal “Sorestant” udinese in occasione delle celebrazioni del centenario della fine del Primo Conflitto Mondiale sul fronte austro-italiano. Il leader Travain: “Fontanini doveva rappresentare moralmente un Friuli al tempo diviso e militante sotto due bandiere! A questo punto eviti di parlare di una Udine ‘Capitâl dal Friûl’, ridotta di fatto a battuta retorica!”

E je usance di dâ il non di invasions a chês che vegnin in Friûl de bande di soreli jevât e di liberazions a chês che vegnin di soreli a mont”: il grande “pre Bepo Marchet”, don Giuseppe Marchetti, uno dei più grandi intellettuali friulani di tutti i tempi, rimarcava, nel Secondo Novecento, non senza un filo di ironia, il fatto che in Friuli si usassero indicare come invasioni quelle provenienti da oriente e come liberazioni quelle da occidente. Con non meno ironia, giovedì 8 novembre 2018, il leader del Coordinamento Euroregionalista Friulano / Coordenament Euroregjonalistic Furlan “Europa Aquileiensis”, prof. Alberto Travain, ha ripreso tale citazione in capo ad una lettera indirizzata al sindaco di Udine, prof. Pietro Fontanini, motivata all’oggetto con la dicitura “divergenze sul centenario della fine del Primo Conflitto Mondiale in Friuli”. Eccone il testo. “Signor Sindaco, la critica successiva pare legittima e inesorabile quando un consiglio collaborativo viene preventivamente snobbato. Si dirà allora della presentazione da Lei firmata, relativa alle commemorazioni centenarie della fine del Primo Conflitto Mondiale in Friuli, nonché della Sua pubblica orazione del 3 novembre scorso, riportata per lo meno parzialmente dalla stampa locale. È con stupore e amarezza sinceri che si registra nei Suoi messaggi l’inesistenza di un orizzonte prettamente friulano ovvero bifronte come la storia del territorio che Udine vorrebbe a rappresentare. Ecco che, dal Sindaco della Capitale del Friuli Storicoossia di tutte le Friulanità calcanti la scena della Storia, dal Primo Cittadino di un’auspicata Nuova Aquileia, ci si aspettava una visione ecumenica, transfrontaliera, cosmopolita, inclusiva, non divisiva. Lei ha scritto e parlato di vittorie che non sono del popolo friulano. Ha ricordato, certo, i friulani che se ne andarono, profughi, verso l’interno della Penisola, ma non quelli che dovettero o vollero, invece, restare. Senza mobilitare mille orgogliosi esempi domestici, a titolo esplicativo, si cita il caso del padre del noto don Aldo Moretti, Medaglia d’Oro al Valor Militare nella Resistenza, il cui genitore, a detta del figlio, avrebbe affermato allora testualmente: Jo o soi nassût sot da l’Austrie e i Todescs no mi àn mai fat nuie. Jo di chi no mi môf!. Quella liberazione di cento anni or sono, di cui Lei, Signor Sindaco, ha scritto e parlato, ebbe a trasformarsi in una caccia all’austriacante, categoria in cui le classi dirigenti filoitaliane in fuga, al proprio rientro nel ’18, trovarono comodo inserire coloro che, rimasti, in qualche modo avevano relativizzato l’assoluta necessità dell’esodo, dimostrando tra l’altro anche un fegato non da poco. E Lei, ancora, ha ringraziato l’Esercito, le Forze Armate italiane, le stesse i cui comandi spiccarono in Europa per efferato rigore verso la propria truppa; le stesse che fucilarono a Cercivento nel ’16 gli alpini friulani colpevoli di sconsigliare ai propri ufficiali un’azione militare apertamente insensata e suicida; le stesse che, penetrate nel Friuli Austriaco, durante le Radiose Giornate di Maggio del 1915, anch’esse spacciate per liberazione, non si trattennero dal passare per le armi i cittadini sospetti di essere fedeli al proprio imperatore ed al proprio Paese ossia all’Austria-Ungheria… È necessario continuare? Si resta allibiti, ancor più conoscendo la Sua cultura e la Sua provata fedeltà friulana. Ci si aspettava argomenti friulani, infatti, da Lei, proposti con i Suoi tradizionali garbo e determinazione alla tribuna italiana ed internazionale: discorsi equilibrati ma chiari, dal massimo pulpito idealmente ancora rappresentativo di una Furlanie trattata più o meno da tutti come terra d’invasione. Che dire, se non raccomandarLe di non gettare così, alle ortiche, la parte più avanzata di quell’esperienza di riflessione e di testimonianza culturali e civili certamente all’origine delle Sue formazione e carriera politiche? Non sono discorsi da Fontanini, questi, e soprattutto non sono discorsi da Primo Cittadino di una cosiddetta Capitâl dal Friûl, visto che metà del Friuli era Austria e, in cuor suo, gran parte della sua gente mai rinnegò il proprio imperatore ed il proprio Paese. Una vera Capitâl dal Friûl ed un suo valido Sindic dovrebbero, forse, volare alto, al di sopra di antichi e moderni steccati, e, se mai, chiedere, in questo caso, contrizione sia a Vienna che a Roma per aver trasformato uno straordinario crocevia d’Europa in un orrendo campo di battaglia, di violenza e di distruzione, a detrimento immane delle popolazioni. Ci si aspettava questo, oltreché un appello non scontato alla pace e alla fraternità dove i nazionalismi e gli imperialismi alimentarono, al contrario, odio e divisioni laceranti. Il Sindaco di una sedicente Capitâl dal Friûl non può che essere chiamato a rappresentare idealmente tutte le friulanità, tutte le esperienze di Friuli: ciò significa non parteggiare per questi o per quelli, ma porsi moralmente al di sopra delle parti e dei confini che divisero i friulani e degli Stati che si spartirono il piccolo popolo di Giulio Cesare! Quella del centenario del 4 novembre del ’18 poteva essere un’occasione utile per rappresentare la “metropoli” udinese come vera e degna capitale panfriulana ossia capace d’interpretare i sentimenti anche contrastanti delle più varie friulanità, territoriali e ideali, filoitaliane, filoaustriache, autonome, essendo la nostra identità trasversale, da molti secoli transconfinaria, irriducibile storicamente entro uno specifico ambito dappartenenza. C‘è, poi, la questione della Nuova Aquileia, della Udine del Patriarca Bertrando, della città più o meno convinta erede morale e istituzionale dell’antica metropoli aquileiese, Madre e Reina internazionale di un primo ampio contesto mitteleuropeo. Come la mettiamo? La lettura data da Lei al centenario di quel 4 novembre non si rifà minimamente all’ecumenica imparzialità mediatrice di una realtà strutturalmente super partes quale dovrebbe essere quella di un centro deputato dalla Storia e dalla Geografia a rinnovare, pur ridimensionata, la funzione euroregionale di raccordo transfrontaliero che fu della grande Aquileia di un tempo! Piace ricordare come, nel 2014, centenario dell’inizio del conflitto, il movimento del Fogolâr Civic donasse al Quirinale un artistico Nodo di Salomone realizzato a punto Aquileia dalla rinomata ricamatrice sig.ra Antonietta Monzo Menossi: un remoto simbolo trascendentale di unione e concordia tratto dai mosaici basilicali dell’antica megalopoli adriatica, intreccio metafora e buon auspicio di coesione civica internazionale basata su equa solidarietà e non intaccata da perniciosi nazionalismi guerrafondai. Da capitale italiana della guerra, si voleva passare all’idea di una Udine capitale mitteleuropea della pace e capitale della pace mitteleuropea, nel segno e nel solco delle migliori tradizioni aquileiesi e nel mito storico di un Friuli cesariano, crocevia e sintesi del Vecchio Continente, non sentinella di una civiltà contrapposta alle altre. Il presidente Napolitano capì e ricambiò con una medaglia… Oggi, che dire? Rinnovare quel concetto da parte dei nostri Amministratori era tanto difficile? Nel sollecitarLa a non dimenticare le Sue conclamate nobili origini culturali e politiche friulaniste e mitteleuropeiste, prezioso bagaglio per un valido Primo Cittadino del Friuli e di una possibile Nuova Aquileia transfrontaliera, saprà immaginare l’assurdo costo in termini di tempo, documentazione e riflessione, di rampogne ancorché cortesi come la presente, impegno che, invece, e non è stato possibile, poteva darsi come liberale utile contributo all’Amministrazione ed al bene comune della città, della Friulanità e, perché no, della migliore Italia e della patria comune europea”. Il Coordinamento Euroregionalista Friulano ha contestato, quindi, decisamente le posizioni “nazionali” espresse dal “Sorestant” udinese in ordine alle celebrazioni del centenario della fine del Primo Conflitto Mondiale sul fronte austro-italiano. “Fontanini doveva rappresentare moralmente un Friuli al tempo diviso e militante sotto due bandiere! A questo punto eviti di parlare di una Udine ‘Capitâl dal Friûl’, ridotta di fatto a battuta retorica!” rincara il referente di “Europa Aquileiensis”, formazione al cui programma politico-culturale il candidato sindaco ora a Palazzo D’Aronco aveva aderito prima del ballottaggio per poi mai riceverne delegazione.

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