SABATO 17 OTTOBRE 2015

Il 17 ottobre 2015, in quello che oramai da anni celebrano come il “Giorno dell’Euroregione”, fortuita coincidenza di date relative alle firme del celebre Trattato di Campoformio (17 ottobre 1797), che riunì sotto la stessa bandiera le popolazioni alpino-adriatiche, e della Dichiarazione di Villa Manin (17 ottobre 2005), che avviò il processo di costituzione di un’euroregione transfrontaliera, i sodali del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic”, presieduto dal prof. Alberto Travain, hanno sottoscritto, nel capoluogo del Friuli Storico, un documento di riflessione e d’intenti in ordine alle minacce all’autonomia regionale derivanti dalla legislazione promossa dal governo italiano in carica. Eccone il testo. “’Di quante divisioni dispone il Papa?’ chiese, una volta, ironicamente Stalin.’Di quante divisioni dispone il Friuli Venezia Giulia?’ dovremmo chiederci noi tutti oggi, cittadini di un angolo d’Italia che geografia e storia indicano da sempre come cuore d’Europa e la letteratura come “compendio dell’universo”, straordinario crocevia di popoli i cui mito e nome evocano il ricordo di Giulio Cesare quale illustre padre di una piccola patria internazionale, eccezionale coacervo delle differenze incontratesi o sviluppatesi al margine nordorientale del Belpaese nel corso dei secoli e dei millenni… Differenze nel cui nome soltanto è plausibile attualmente pretendere il riconoscimento o il mantenimento di un’autonomia e di una specialità, essendo venuto a mancare il pretesto di una situazione confinaria speciale quale ai tempi della Cortina di Ferro. Ma quanto teniamo noi oggi veramente a tali differenze? Quanto usiamo effettivamente e degnamente le lingue locali ed optiamo per il loro insegnamento nelle scuole? Chi dovremmo ringraziare se oggi o domani qualcuno a Roma decidesse che, essendo noi ora uguali a tutti gli altri Italiani, non abbiamo più affatto diritto né a specialità né ad autonomie? ‘Nostra maxima culpa!’. Dal 1866, nel caso di Udine e Pordenone, e dal 1918, nel caso di Trieste e Gorizia, abbiamo fatto di tutto (anche forzatamente) per integrarci in un sistema italiano. Ci siamo integrati per scomparire? Omaggio a quei pochi che, con onestà, si sono battuti culturalmente e politicamente per rivendicare dignità alle nostre genti, alle nostre lingue, alle nostre culture! Davvero pochi rispetto alla massa della popolazione e dei suoi politici spesso irridenti. Eppure oggi l’autonomia è ancora difendibile solamente per ragioni culturali, risultando, in tempo di globalizzazione e di libero mercato sfrenato, il dato economico sciaguratamente sempre più sfuggente al controllo delle Istituzioni politico-amministrative del territorio. Ma le ragioni culturali bisogna saperle gestire! Quanto avrà influito effettivamente tanta promozione istituzionale delle lingue minoritarie sulla coscienza e sulla volontà di mobilitazione culturale e politica dei nostri corregionali? Quanti sinceramente oggi s’infiammerebbero tra noi di fronte alla cancellazione di questo Friuli Venezia Giulia? E quanti si mobiliterebbero per difendere – o per far rinascere – un Friuli soltanto o una Venezia Giulia ovvero Litorale che dir si voglia? Evidentemente qualcosa non ha funzionato (o ha funzionato fin troppo)! Lo sa bene chi a Roma o altrove minaccia le nostre autonomie e l’esistenza della nostra regione, nella certezza che, se una legge dovesse cancellarle o ridimensionarle, non vi sarebbero rivolte di popolo o per lo meno non come accadrebbe nell’irriducibile Trentino – Alto Adige! E non vi sarebbero rivolte di popolo perché il Friuli Venezia Giulia, dal 1963, in oltre mezzo secolo di Regione Autonoma fondente resti di più o meno antiche regioni storiche, non è stato promosso e non si è fatto amare come rinnovata ‘piccola patria’ a nordest del Nordest italico, ma solo al massimo come burocratico carrozzone a vario titolo dispensatore di denaro pubblico… Per il resto è stato sempre vissuto come matrimonio forzato e innaturale tra peculiarità sospettose. Nulla di più! Un corpo senz’anima! E un corpo senz’anima non fa resistenza per cui è facile da cancellare! Non si è costruita moralmente una comunità regionale del Friuli Venezia Giulia: una comunità ‘forogiuliana’ forte (tanto per dare nuova funzione a un fascinoso nome usato dallo storico cividalese Paolo Diacono per i suoi Longobardi ai primi albori di un senso di regionalità amministrativa a nordest del Nordest), cosciente e orgogliosa erede nonché tutrice di tutte le esperienze storiche, culturali e politiche, del territorio! Si sono valorizzate – per modo di dire – le differenze, ma non si è insegnato a condividerle! Si sono tutelate, certo, le lingue e le identità peculiari, ma non si sono affatto coordinate in uno spirito e in un orgoglio regionali aggreganti e mobilitanti all’occorrenza i cittadini! Non ci si è curati o non a sufficienza di creare una visione, una narrazione, un mito comuni in cui riconoscersi con salde radici affondanti nel passato e chiari intenti proiettati nel futuro! Ecco, dunque, i risultati! Ciò affermato ad onor del vero, il Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico ‘Fogolâr Civic’ assicurerà, per quanto possibile, appoggio morale e fattivo a tutte le iniziative ritenute valide a fini di difesa e promozione dell’autonomia del Friuli Venezia Giulia nel suo complesso e di ogni sua singola parte! Tuteliamo le nostre autonomie da chi le vuole cancellare o piegare ai propri scopi!”. “Se Roma ci cancella è perché non ci teme e non ci teme ‘perché non siam popolo / perché siam divisi’!” commenta il presidente prof. Travain, applicando al Friuli Venezia Giulia e ai suoi territori storici un calzante motto tratto dall’inno nazionale italiano. “Il diritto ad esistere come comunità è quotidianamente nelle mani di ognuno di noi: se non ci sentiamo comunità sarà facilissimo prima o poi cancellarci. Sentirsi comunità è un fatto innanzitutto culturale, di tradizione o di formazione, che diventa ‘fatto di cuore’ e come tale mobilita coscienze e piazze. Su questo tutti dovevamo e dovremo puntare!”

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