SETTEMBRE 2015 – LA RIFLESSIONE DEL FOGOLÂR CIVIC

eceri, ignobili, retrogradi, razzisti, fascisti, nazisti e quant’altro ancora: ecco le etichette più diffusamente appioppate da tanta classe dirigente politica, economica e culturale del Friuli Venezia Giulia e d’Italia a chi oggi denuncia le “preferenze” di una patria matrigna che, da un lato, accoglie e foraggia chiunque approdi ai suoi lidi, dall’altro, sovente rinnega e beffeggia i suoi figli più deboli ossia i cittadini onesti non ammanicati con il potere e i suoi sottoboschi. Lo stesso Papa Francesco, autorevole leader internazionale non solamente in campo spirituale, opinione orientante nei più vari settori culturale, sociale, economico, politico, non è sembrato farsi caldo promotore di un dialogo tra le parti di questo drammatico momento storico per le nazioni della Vecchia Europa, ma si è più che altro presentato come dogmatico assertore di un principio dell’accoglienza senza “se” e senza “ma” sulle orme indiscutibilmente del migliore Cristianesimo. I “se” e i “ma” invece ci sono, eccome. Le mura di Gerico secondo la Bibbia crollarono di fronte ai profughi israeliti che non soltanto occuparono la città ma provvidero anche a distruggerla per non contaminarsi con la civiltà locale. Chi difese Gerico era razzista, chiuso all’accoglienza di stranieri bisognosi, o semplicemente un eroico patriota che si battè per i propri “fogolârs”, tanto per dirla friulanamente? E gli sfortunati autoctoni italici che osarono affrontare il troiano Enea sbarcato nel Lazio: chi li ricorda, chi mai li ha celebrati, chi mai li ha compresi? Razzisti anche loro oppure patrioti ancorché scalognati? La Storia, locale e globale, è piena di profughi ovvero di migranti trionfanti sulle popolazioni locali e assurti agli allori della gloria perchè vincitori. Che cosa sono gli Statunitensi? Inizialmente sparuti gruppi di profughi in fuga da un’Europa in preda alle guerre di religione e benevolemente accettati dai nativi ossia da centinaia di antiche e valorose nazioni poi massacrate, sommerse, dalle successive ondate migratorie difese dal famigerato 7° Cavalleria. Più o meno tutti, noi, in Friuli, in Italia, in Europa, abbiamo avuto o abbiamo oggi di nuovo, in famiglia, degli emigranti in giro per il mondo e siamo tutti più o meno figli o meglio discendenti d’immigrati. I nostri più remoti antenati, qui nell’Alto Adriatico, leggendari profughi da Troia, s’imposero con la forza sulle genti locali e lo stesso fecero, chi più chi meno, i nostri avi celti, latini, germanici e slavi. E poiché chi vince ha sempre ragione anche se non ce l’ha, abbiamo celebrato comodamente sempre i vincitori e dimenticato i vinti. Così ha fatto per lungo tempo la Francia ovvero la Gallia di Asterix – tanto per azzardare una citazione aulica! – che soltanto nell’Ottocento ha riscoperto il valore di un Vercingetorige e dei suoi Celti ribelli alla ‘civilizzatrice’ invasione romana. Razzista anche Vercingetorige? E che dire, se proprio si vuole, di Mazzini, Garibaldi o Cavour, così acerrimi contro il dominio austriaco in Italia? “La chioccia è razzista visto che raccoglie attorno a sé innanzitutto i propri pulcini?” si diceva un tempo in certi più o meno illuminati ambienti culturali friulanisti. La domanda era retorica: certo che no. Quella chioccia era semplicemente una buona madre: ciò che forse l’Italia non è mai stata e così la storica Patria del Friuli come spesso l’Unione Europea di oggigiorno!

Prof. Alberto Travain
Coordinatore Generale FOGOLÂR CIVIC

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