Ùdine: memorial de ‘l Sivego

Noda FOGOLÂR CIVIC par gazete taƚiane – Ùdine, 29 dizhénbre 2020

RICORDATI A UDINE I DEFUNTI DELLA SOCIETÀ CIVILE

Dedica del Fogolâr Civic alla Lanterna di Diogene. Messaggi anche dalla Slovenia e dagli Stati Uniti.

“O presenti il gno corot profont pe pierdite dal Don Tarcisio Bordignon a ducj i membris e soredut ae presidence dal Moviment Civic Alpin Adriatic ‘Fogolâr Civic’. Mi displâs une vore pe sô partence intun mût talmentri crudêl. Al jere un grant eroi che si bateve cuintri injustiziis, un om tal significât plui profont di cheste peraule. Nissun nol po metisi tal so puest. Al restarà intai cûrs de so int, no lu dismentarìn mai. Il sodalizi al à pierdût un tesaur, però i podìn jessi agrâts di vêlu cognossût e di vê podût sintî i siei pinsîrs tant alts. Pozdravljen Tarcisio! Počivaj v miru! Tvoj duh ostaja z nami. (Mandi, Tarcisio! Che tu polsis in pâs! Il to spirit al reste cun nô)”. Questo il caloroso messaggio inviato, in buona lingua friulana, alla sede udinese del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” dal suo più eminente esponente sloveno, il tolminese prof. David Bizijak, accademico capodistriano, che ha voluto ricordare così lo scomparso benefattore e cappellano sociale don Tarcisio Bordignon. Infatti, da don Tarcisio Bordignon a mons. Francesco Frezza; dalle professoresse Gianna Bianchi e Sabrina Greatti al dr. Radovan Bizijak e alla maestra Maria Isola, sino al giornalista Mario Blasoni, al notaio Marino Tremonti, tutti scomparsi nel 2020, e a una sessantina di altri piccoli e grandi della società culturale e civile locale e transfrontaliera, intercettati in oltre trent’anni di attività del movimento denominato da almeno 18 con l’appellativo di Fogolâr Civic: sono stati tutti ricordati, per iniziativa fogolarista, nella ricorrenza tradizionale di San Tommaso Becket, paradigma storico europeo di martire contro la tirannide, il 29 dicembre 2020, presso la monumentale vera da pozzo quattrocentesca di piazza San Giacomo o Matteotti a Udine, ribattezzata dal Cavalcaselle “Lanterna di Diogene”. “Il pozzo, interculturale simbolo remoto di congiunzione tra presente e passato, tra la terra e gli inferi, tra vita e oltretomba: luogo deputato per la liturgia laica della memoria dei trapassati, debito morale di garanzia d’immortalità terrena che è tributo dovuto a chi si è impegnato nella propria vita a favore di un bene collettivo certo variamente inteso. Siamo qui a rendere e a rinnovare umana giustizia all’onore e al valore di quanti in breve ignoranza ed ignavia sarebbero pronti a condannare all’oblio di questo mondo, mondo che tutti abbiamo il dovere di migliorare ed eternare! La memoria è un atto di giustizia verso i trapassati e di ribellione all’oblio della morte!”. Così il presidente del Fogolâr Civic, prof. Alberto Travain, che ha deposto presso l’artistica vera da pozzo, associata culturalmente al ricordo dell’antica Atene, madre della civiltà europea, una dedica floreale nei colori locali e continentali, recante un cartiglio in latino e friulano, citante singolarmente i nomi dei defunti ricordati. Il professore ha parlato anche a nome del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, del Coordinamento Euroregionalista Friulano “Europa Aquileiensis” e del Coordinamento Civico Udinese “Borgo Stazione” di cui è correntemente alla guida. Intervenuta anche la prof.ssa Renata Capria D’Aronco, presidente del Club per l’Unesco di Udine e dell’Associazione Udinese per il Recupero della Democrazia Storica Partecipata “Pro Arengo Udine” oltreché prefetto del Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, Cipro, Rodi, Malta e San Pietroburgo, la quale ha rimarcato il dovere morale della memoria nella sua resa culturale educativa e nel suo orizzonte di corrispondenza ideale tra i vivi ed i trapassati. Presenti le delegazioni comunali udinesi del Fogolâr Civic nelle persone dei cittadini maestra Manuela Bondio; sig. Giuseppe Capoluongo, anche priore della locale Confraternita del Santissimo Crocifisso; sig.ra Marisa Celotti, capo servizio cerimoniale fogolarista; sig.ra Iolanda Deana, segretaria sociale; prof.ssa Luisa Faraci; sig.ra Paola Taglialegne. Letto anche pregnante messaggio inviato da un carissimo giovane sodale americano, l’udinese Francesco Nicolettis, cittadino USA di fresca aggregazione, che ha rappresentato al Fogolâr Civic, suo sodalizio di precoce aderenza, le proprie considerazioni e gli auspici tra 2020 e 2021, “nella speranza che il prossimo anno possa portare ad un rinascimento della società civile”. Eccone uno stralcio. “Inutile negarlo, l’anno che ci stiamo lasciando alle spalle è stato un anno terribile che ha portato enorme sofferenza a tutti noi, facendoci rinchiudere in casa, facendoci perdere persone a noi care a causa di questo nemico invisibile che non siamo in grado di combattere efficacemente. Un anno in cui abbiamo visto come anche le democrazie possano portare al potere dei despoti tracotanti d’arroganza, che fanno leva solo e soltanto sulle paure del popolo, sussurrando bugie nelle orecchie delle persone fino a farle diventare verità, aiutati in ciò da una stampa che ormai ha completamente dimenticato il suo ruolo di quarto potere, neutrale, immune alla corruzione della politica, fedele solo e soltanto ai fatti e, come i fatti, spietata nei suoi articoli, che non dovrebbero dare quartiere, ma che andrebbero sempre supportati da prove! Un anno che ha fatto capire a tante persone quanto la Democrazia e le Istituzioni democratiche, che siamo soliti dare per scontate, siano in realtà due cose estremamente fragili e pronte a capitolare non appena voltiamo loro le spalle o abbassiamo la guardia. Un anno che ci ha fatto capire quanto il mondo sia ormai interconnesso e quanto sia quindi importante pensare oltre i propri confini nazionali e territoriali, pur mantenendo fede alle proprie tradizioni e alla propria Storia, per entrare a far parte di entità geografiche e politiche aggreganti popoli e culture comuni in grado di avere voce nel contesto globale e di non essere soltanto una stridula voce che grida nel deserto. È stato un anno buio… ma lo è stato davvero? Sì, abbiamo visto tanta sofferenza, camion militari trasportare cadaveri, corpi venire gettati nelle fosse comuni nella città di New York, politici che, nel nome del nazionalismo, invece di aiutarsi a vicenda, hanno chiuso la loro nazione, capi di Stato pretendere che questo virus fosse solo una semplice influenza, negandone l’esistenza, non prendendo alcun provvedimento, lasciando la loro nazione allo sbaraglio mentre il numero di morti continuava a salire. Adesso la seconda ondata è arrivata e io continuo a sentire discorsi dell’opposizione, in tutto lo spettro politico, dalla Casa Bianca fino alle opposizioni italiane, che non cercano una soluzione comune ma sono semplicemente impegnate a dire quello che la gente vuole sentirsi dire senza però pensare al suo bene, ma solo ai suoi voti. Ebbene sì, abbiamo assistito a tutto questo e siamo entrati in quella spirale di tristezza e rassegnazione che non ci fa vedere l’altro lato della medaglia. Questa pandemia ha dimostrato, per esempio, la serietà e la solidarietà della maggioranza del popolo italiano, sempre e deriso e sbeffeggiato dagli altri Stati per la mancanza di entrambe, ma che, nel momento del bisogno, ha saputo fare fronte comune, stringere i denti, cercando di mettere in atto tutte le misure possibili per arginare la diffusione di questo virus! Abbiamo visto l’eroico sacrificio di migliaia di operatori sanitari in tutto il mondo: lavorare strenuamente, presentandosi ogni giorno in ospedale e nelle strade, consapevoli del rischio di contrarre loro stessi il virus e portarlo alle famiglie. Abbiamo visto noi stessi, gente comune, trasformarci in piccoli eroi, come ha detto Alberto Angela, per il semplice fatto di rimanere a casa, evitando di diffondere e diventare trasportatori di questa pericolosa infezione! Ho visto, qui negli Stati Uniti dei quali sono oramai diventato cittadino, risvegliarsi i movimenti per i diritti civili, riaccendersi quel fuoco che si era affievolito ma mai spento e che continua a combattere nella speranza che un giorno si riesca a realizzare quegli ideali di uguaglianza e libertà sui quali si fonda il sogno americano. Ho visto un popolo recarsi in massa alle urne per dire no a un governo tenuto in piedi dalla menzogna, dal razzismo e dalla paura! Ho visto un popolo eleggere il primo vicepresidente donna e di colore! Ho visto una figlia di immigrati partire dal nulla fino ad accedere alla Vicepresidenza degli Stati Uniti d’America, semplicemente con il sudore della sua fronte… e ottanta milioni di voti, per quanto Trump continui a berciare che siano falsi! Insomma, per quanto terribile, questo Duemilaventi non è stato semplicemente un buco nero di sola disperazione! Come tutte le prove che ci vengono sottoposte ha messo in risalto il meglio e il peggio della nostra società. La mia speranza è che si faccia tesoro di queste esperienze e che il prossimo anno possa portare una sorta di Rinascimento sia politico che culturale nel quale le istituzioni si impegnino a riformare un ordine mondiale con i cittadini al centro. Spero che i governi approfittino di questa opportunità di ripartire da ‘zero’ per elaborare un’economia più ecosostenibile e votata al benessere della comunità e non solamente al consumismo sfrenato che non ha portato ad altro che a disparità sociali sempre più grandi. Spero che questa grande opportunità non venga sprecata o lasciata cadere nel vuoto e spero altresì che i cittadini dei vari Paesi si impegnino affinché i loro rispettivi governi si mettano all’opera per il bene di tutti. Lo so, molto probabilmente sono troppo ottimista, ma l’ottimismo e la speranza nel futuro sono sempre stati punti cardinali dell’ideale americano e, perché no, di quello europeo. Mi aspetto che almeno una di queste due grandi nazioni si prenda l’incarico di compiere i passi necessari, abbandonando quelle politiche volte a dividerci e a metterci gli uni contro gli altri, abbracciando invece quelle idee di inclusione in cui quell’‘E pluribus unum’ non sia solo un’arcaica frase in una lingua morta, ma un motto applicabile al mondo! Un mondo che, nel rispetto delle sue peculiari identità territoriali sappia trovare quell’amore per se stesso e per l’armoniosa coesistenza di tutte le genti. Utopia? Certamente, ma se smettiamo di sognare qualcosa di migliore, se smettiamo di combattere metaforicamente affinché quel sogno si trasformi in realtà, beh, in tal caso, che cosa ci stiamo a fare su questo pianeta?”. “Affiderei alle riflessioni di questo nostro giovane sodale – ha soggiunto il presidente prof. Travain – il compito di chiudere l’anno sociale 2020 del Fogolâr Civic: vi sono idealismo e speranza sufficienti per affrontare un ignoto domani. ‘Mai molà!’: conclude così il nostro Francesco, prontamente recuperando il motto dell’indimenticata comune amica, l’anziana coordinatrice civica del borgo della Stazione di Udine, sig.ra Francesca De Marco. Non è facile non cedere, non cadere, quando tutto pare franare, in questa Udine, in questo angolo di mondo, in questo mondo, compresi i margini per sognare di contribuire, ognuno a suo modo, ognuno nel suo piccolo, ad un vero progresso dell’Umanità. ‘Benedete zoventût!’.

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