VENERDÌ 20 FEBBRAIO 2015

Nella cornice delle celebrazioni della Giornata Internazionale delle Lingue Madri, venerdì 20 febbraio 2015 il Club Unesco di Udine ha organizzato un incontro pubblico presso l’Ateneo del capoluogo friulano, a Palazzo Antonini, in Sala Gusmani, incontro introdotto da un intervento in lingua friulana del prof. Alberto Travain, presidente del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” nonché consulente del suddetto Club per formazione civica e cittadinanza attiva. Travain, che ha dissertato sul tema “Furlan e regule sociâl: prin front e ultin dal tignî bot de marilenghe di un teritori” (Friulano e regola sociale: primo e ultimo fronte di resistenza della madrelingua di un territorio), ha voluto richiamare l’attenzione su quello che ha giudicato come il sostanziale fallimento sociale di circa un ventennio di promozione istituzionale della “marilenghe”: “la lingua friulana non ha campo sociale” ha detto. “L’insegnamento della ‘marilenghe’ è opzionalmente ammesso nelle scuole, ma quanto ha influito questo sull’uso della lingua nella società? Il friulano è ammesso nelle sedi di rappresentanza istituzionale, ma quanti sono i presidenti, i sindaci, i consiglieri comunali, provinciali, regionali che ne fanno effettivamente uso? Tenere una conferenza o intervenire a un convegno locale utilizzando la lingua friulana è tuttora rarissimo ed eventualmente, se non contestato almeno certo non troppo gradito. E non molto diversa è la situazione presso negozi e locali pubblici: il friulano è sempre meno usato anche negli esercizi più tradizionali come le osterie! È mancata una politica ponderata e determinata tesa a creare davvero uno spazio sociale condiviso alla lingua autoctona. Se dopo vent’anni di salvaguardia e promozione istituzionali ci si appella meramente ancora ai genitori affinché si curino di parlare in friulano ai figli vuol dire che proprio non si sa più che pesci pigliare. E la ‘caduta’ del friulano in famiglia è derivazione diretta della sua ‘inutilità’ sociale e dell’assenza o della carenza di una lettura profonda e inclusiva del suo ruolo nella collettività. Se a un uomo gli si toglie l’aria muore; se a un pesce gli si toglie l’acqua muore; se a una lingua le si toglie campo di espressione muore. Lo spazio per esprimersi è il respiro stesso di una lingua. Un vocabolario, un concerto, un convegno, una sagra, un libro, una poesia, una maglietta, un programma radiofonico, un giornale, rapporti con le minoranze etnico-linguistiche del mondo intero possono essere cosa utile solo in un piano coerente e mirato a conquistare alla lingua locale uno spazio nella società, cosa impossibile senza un progetto fondato e lungimirante teso a modellarla almeno parzialmente. Un progetto socioculturale d’ingegneria identitaria: ecco che cosa ci vuole ed è miseramente mancato”. Così Travain, che ha seguitato ricordando la sua personale esperienza giovanile di teorizzazione, da un lato, e di testimonianza sul campo, dall’altro. “Una resistenza linguistica pacifica la mia, ghandiana, eppure determinata e irriducibile, tesa a riconquistare territori alla ‘marilenghe’ nella quotidianità del vivere contemporaneo, partendo dalla mia Udine: la biblioteca, il panificio, il caffè, l’ufficio pubblico, l’Università, conferenze, convegni, associazioni, politica divennero per me allora un vero ‘fronte’ in cui il ‘nemico’ in buona parte dei casi non era l”oriundo’ ma il ‘friulano DOC’”. Riguardo all’impegno di teorizzazione Travain ha ricordato segnatamente la cosiddetta “Piçule Cjarte Furlane dai Dirits e dai Dovês Locâi di Lenghe / Piccola Carta Friulana dei Diritti e dei Doveri Linguistici Locali”, da lui proposta nel 1998 nell’ambito del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl” e appellantesi alla più ampia condivisione sociale. “Nell’intento di contribuire a regolare teoricamente l’uso sociale degli idiomi locali entro gli ambiti territoriali loro tipici, al fine di renderne accettabile culturalmente l’utilizzo, in un’ottica non di chiusura etnica, ma di rifondazione pluralistica delle identità comunitarie tradizionali, patrimonio culturale socialmente coagulante e, come tale, meritevole di un’apposita tutela attualizzante, su proposta del socio Albert Travain di Udin, il Circolo Universitario Friulano ‘Academie dal Friûl’ invita tutti coloro che si riconoscono nei principi enunciati qui di seguito – siano essi soggetti individuali o collettivi, pubblici o privati – a sottoscrivere e a promuovere tale atto, anche aderendovi condizionatamente. Quanto all’uso e all’ossequio sociale degli idiomi locali, si ritiene che, a prescindere dalle origini, ogni membro di una comunità particolare abbia il dovere civile di impegnarsi a comprendere le espressioni linguistiche del luogo in cui vive e/o lavora: ciò richiama la comunità locale a favorirne l’approccio con le stesse, in un’ottica di coinvolgimento identitario tendente a interessare tutte le componenti della collettività. Viceversa, si ritiene che ogni membro di una comunità particolare abbia il diritto, in tale ambito, di esprimersi in uno qualsiasi dei codici locali (fra cui si include anche la lingua dello Stato), e di poter essere inteso, salvo casi riferibili a livelli dimensionali sovralocali. Ciò si afferma nella speranza che, in futuro, si realizzi, in questo crocevia di lingue e di culture affatto unico, un esempio di unità nella diversità, che, in sé, non è minaccia, ma vanto per lo Stato in cui si esprime”. Questo il testo del documento, letto e fatto approvare ai convenuti dal presidente del Club Unesco di Udine, prof. Renata Capria D’Aronco.

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