VENERDÌ 22 AGOSTO 2014

“Cari soldati! Oggi ci incontriamo qui, nel territorio in cui da secoli coabitano popoli romanzi e slavi, nell’intento di commemorare la vostra vita, poiché la morte è parte della vita. Mi chiedo, però, quale sia stato il vostro contributo al miglioramento della qualità della vita in questo nostro mondo: ideologi e politici dicono che la guerra reca nuovi valori a chi le sopravvive, che tutti hanno di che imparare dalla perdita e dal sacrificio dei loro compatrioti e che le generazioni successive devono perpetuare i principi delle precedenti. Concordo sul fatto che sia importante essere coraggiosi nella vita, ma in maniera diversa. Mi chiedo se ci voglia più coraggio per vivere in pace o per andare in guerra. La decisione di partecipare alla battaglia è senz’altro la più grave, in particolare quando sono altri a decidere per noi. È facile mandare qualcun altro a morire nel nome dei propri interessi politici o economici, ma si tratta di un’ingiustizia senza pari. E a voi proprio questo è successo, cari amici. Vi hanno mandati a combattere, addirittura a morire sul campo di battaglia, allo scopo che noi potessimo vivere meglio. Noi, invece, viviamo veramente meglio? Forse sì poiché non siamo condannati a morire ‘per la patria’. Eppure, non dimentichiamo che ogni giorno ci tocca affrontare i problemi della nostra società piena di delusioni, di mancanza di legami d’amicizia, di cuore e di anima. La nostra è diventata una società vuota e disorientata. Alle volte non sappiamo più come tirare avanti, né quale via scegliere per ovviare agli errori di altri, quegli stessi ‘altri’ che vi hanno spediti nella tomba nel fiore della gioventù. Anche noi al giorno d’oggi abbiamo i nostri ‘altri’, che ci mostrano i loro muscoli, pur magari in modo diverso. Ci impediscono di dire la verità, tentano di costruire nuove barriere nelle menti dei cittadini e tra i popoli, rubano il denaro agli umili e non ammettono sovvertimenti nella società, per più facilmente così poter controllare la situazione e mantenere il potere assoluto. Noi, in ogni caso, non abbiamo perso il nostro orizzonte: la volontà di lottare per i diritti dell’Umanità, di collaborare con i popoli vicini e con quelli più remoti. Abbiamo, dunque, capito che quelli tra popoli europei sono stati conflitti tra pochi che volevano e che vogliono restare saldamente padroni dei destini della gente e la gente stessa, priva di ogni facoltà di decisione. È giunto il momento che quella gente cominci a capire la situazione ed è arrivata anche l’ora della nostra battaglia, molto diversa rispetto alla vostra. Cari soldati, voi avete vinto la vostra battaglia personale, siete stati degni e coraggiosi, capaci di sacrificarvi per la società. La battaglia, invece, dei vostri capi non era purtroppo degna e non ha dato risultati positivi all’Umanità. Il messaggio che da voi ci giunge è che cose simili non debbano ripetersi mai più in futuro. Resterete non solo nella nostra memoria e nella nostra storia, ma rimarrete vivi nei nostri cuori ed oltretutto vi promettiamo di trasformare la vostra morte in amicizia ed amore che nessuno mai potrà rompere. Grazie, cari amici, vi auguriamo pace e riposo”. Questa, la traduzione in lingua italiana della splendida lettera indirizzata idealmente ai soldati della Grande Guerra dal prof. David Bizjak, coordinatore del ramo sloveno del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic”, letta dall’autore nella versione originale friulana, in omaggio all’idioma derivato dal latino dell’antica metropoli internazionale mitteleuropea di Aquileia, durante una cerimonia commemorativa del centenario dell’immane conflitto “fratricida” continentale e globale, voluta dal sodalizio presso la Stele di Visinale, in Comune di Corno di Rosazzo, stele che ricorda il primo colpo di fucile sparato dagli Italiani in riva allo Judrio, plurisecolare confine lacerante il cuore di un remoto patriarcato aquileiese che spiritualmente e anche politicamente aveva affratellato genti diverse a cavaliere delle Alpi orientali, al crocevia etnico-linguistico d’Europa. “Mai plui vuere tra fradis!”, “mai più guerra tra fratelli!”: ecco il motto espresso nella dedica appuntata al mazzo di fiori di campo deposto presso quel monumento il 22 agosto 2014 dal presidente del Fogolâr Civic, prof. Alberto Travain, mentre le bandiere dei cinque “quintieri” sociali del Friuli rendevano gli onori civici alle vittime della tragedia di un secolo fa. Così il movimento euroregionalista ha voluto singolarmente ricordare anche quest’anno, nell’imminenza, l’anniversario storico medievale aquileiese di San Bartolomeo, ricorrenza di una dimenticata eppur epica battaglia tra corregionali sotto opposte insegne, prefigurazione di altre, successive e maggiormente incidenti sciagure locali e internazionali. La medesima rappresentanza aveva già reso omaggio in giornata ai caduti del Primo Conflitto Mondiale presso il cimitero militare di Brazzano di Cormons, nella cornice delle tradizionali rimembranze promosse dall’Associazione Culturale “Mitteleuropa”. Alle cerimonie sono intervenuti anche i consiglieri movimentali geom. Sergio Bertini, sig.ra Marisa Celotti e sig.ra Jole Deana; tra gli alfieri sociali, presenti le signore Luisa Faraci ed Elvia Tosolini oltre al vessillifero generale sig. Gianfranco Passone. Della partita, anche l’appassionato cultore di memorie asburgiche del Friuli Orientale ante Grande Guerra, maestro Alfredo Orzan, simpatizzante del Fogolâr Civic.

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