VENERDÌ 27 FEBBRAIO 2015

Le commemorazioni sociali del 504° anniversario dell’epica rivolta di popolo della “Joibe Grasse” 1511, paradigma storico friulano di sollevazione contro le ingiustizie, sono state introdotte il 27 febbraio 2015 a Udine da un incontro-dibattito pubblico intitolato “Ribellarsi a chi e a cosa nel Friuli d’oggi?”, organizzato dal Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” in accordo con il Club Unesco di Udine presso l’antica osteria Grappolo d’Oro (originariamente “All’aquila imperiale”) di Via Stringher 5. A tale incontro, inerente al tema delle iniquità nella società friulana di ieri e di oggi, introdotto e moderato dal prof. Alberto Travain e dal dott. Carlo Alberto Lenoci coadiuvati dalla prof.ssa Renata Capria D’Aronco, a fatto seguito, con l’inchino delle bandiere movimentali e sezionali dei “quintieri” cittadini e regionali del Sodalizio, l’ormai tradizionale deposizione floreale in ricordo della “Crudel Zobia Grassa” in omaggio alle vittime delle ingiustizie in Friuli e nel mondo presso l’antistante Pozzo di San Giovanni, memore dei primi scontri di piazza del 1511. Tra gli intervenuti anche il presidente della Commissione Statuto del Consiglio Comunale udinese, prof. Natale Zaccuri, che ha annunciato la ricezione da parte della Commissione stessa di alcune significative istanze di cultura civica presentate a suo tempo dal Fogolâr Civic. Tra le rappresentanze del Movimento, presenti i consiglieri geom. Sergio Bertini, sig. Giuseppe Capoluongo, prof.ssa Renata Capria D’Aronco, sig.ra Jole Deana, dott. Carlo Alberto Lenoci, dott.ssa Maria Luisa Ranzato, tenore Gianfranco Savorgnan, il vessillifero generale sig. Gianfranco Passone e, tra gli alfieri, la sig.ra Elvia Tosolini e il sig. Adriano Zoccolo. “Çuetâ i cjavai par fâ cori i mus!” (trad. it. “azzoppare i cavalli per far gareggiare gli asini”): con uno splendido detto friulano il dott. Lenoci ha sintetizzato l’amaro costume, a suo dire prettamente locale, di ostacolare le persone capaci e di prediligere i profili più grigi, a garanzia di equilibri di potere familistici e clientelari da non scardinare. Introducendo l’incontro-dibattito propedeutico all’inaugurazione di un’iniziativa del Fogolâr Civic di “Censimento Popolare dei Mali Contemporanei per una Costituzione friulana dei valori locali e universali”, il prof. Travain ha sviluppato una riflessione sulle “iniquità storiche della società del Friuli, quelle tipiche di un lungo feudalesimo capillarizzato, di un potere in gran parte calante dall’alto, di una cultura padronale socializzata, patrimonio non solo delle classi alte ma anche, a cascata, di quelle subalterne, complici in qualche modo certi modelli promossi dalla Chiesa”. “Una tirannide diffusa, interclassista, più o meno velata e naturalmente sempre pronta a negarsi anche di fronte all’evidenza!” ha detto il presidente del Fogolâr Civic. “Perfidia e invidia”: ecco i due cardini negativi della peggiore Friulanità secondo Travain. “L’esaltazione della fedeltà nella storia friulana nasconde il dubbio di una doppiezza intrinseca nella struttura stessa di una realtà di crocevia e confine. Di ‘Friulan enigma’, di ‘enigma friulano’, parla perfino infatti anche una puntigliosa storiografia d’Oltreoceano! Una Friulanità indefinita, impenetrabile non soltanto linguisticamente. L’idea antica di una lingua sintesi di tutte altre del Continente e la convinzione di essere in grado, attraverso la stessa, di capire tutti e di non venire pienamente intesi da nessuno alimentarono per secoli il mito di un mondo locale particolarmente ermetico. Del pari la reiterata esaltazione edificante dell’onestà pubblica e privata dei Friulani, con echi lontani richiamanti l’autoctona ‘rusticitas’ paleocristiana, fa da contraltare a una leggenda nera dell’indisciplina e del disordine inteso come libero campo di negoziazione di confini variabili in base a mutevoli rapporti di forza: si scomodò persino il buon Beato Bertrando per trasfigurare il tutto addirittura in una sorta di epica popolare! Quali origini abbia poi la litigiosa, proverbiale, invidia friulana – gustoso il detto in base al quale negli orti del Friuli non si coltiverebbe indivia bensì l’invidia! – non è dato sapere” ha detto Travain. “Matrici italiche o ancor prima celtiche? Cause ambientali, come si ipotizzava anche in certi trattati di politologia del Rinascimento?”. “Certo è – ha proseguito il presidente del Fogolâr Civic – che vi fu un’evoluzione per cui l’indole semplice, tenace, onesta, lavoratrice servizievole, che divenne bandiera della Friulanità otto-novecentesca in effetti dovette rappresentare il finale approdo di una costruzione riuscita, voluta o per lo meno certo ben vista dai vertici. La tipologia del Friulano iniquo si trovò quindi preferibilmente associata a un carattere solitario o quanto meno anarchico, non atto a dar vita a grandi strutture malavitose organizzate gerarchicamente, fatti salvi i casi di quelle comunque sparute bande di contrabbandieri ‘di sussistenza’ che imperversarono per lunghi secoli ‘tra il monte e ‘l mare’, certo non associabili a quanto il Friuli avrebbe conosciuto direttamente o indirettamente dopo la sua aggregazione all’Italia. Dall’annessione di Udine nel 1866 al rovinoso terremoto del 1976 notoriamente seguito dal finanziamento di un’ammirata ricostruzione più materiale che valoriale, le principali tappe dell”italianizzazione’ politica ed economica della regione friulana pare che in qualche modo abbiano coinciso con sviluppi di mentalità fortemente intaccanti lo sbandierato motto di un popolo ‘salt, onest, lavoradôr’ ossia tenace, onesto e lavoratore, epos realizzato più facilmente nella diaspora dell’emigrazione che sotto le insegne della ‘Madrepatria’. “Un biglietto da visita formidabile è quello assicuratoci dai nostri emigranti sparsi nel mondo” ha affermato il professore: “Un cliché positivo, sul quale fors’anche dovette incidere, in tempi e modi diversi, il modello di un certo ancorché mitizzato ordine asburgico, parte del vissuto e della memoria collettiva friulani. ‘Nulla cambi fuorché l’Austria’ aveva raccomandato al parlamento italiano un deputato del Friuli occidentale all’indomani dell’annessione all’Italia sabauda. Molto, invece, purtoppo cambiò, come è noto, e certamente non in meglio!” ha commentato Travain.

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