VENERDÌ 7 AGOSTO 2015

“Popoli autoctoni? Siamo di fronte in un certo senso ad un ‘genocidio dolce’ di Friulani e Italiani ossia ad un’accoglienza illimitata d’immigrati stranieri – non mi riferisco alla prima accoglienza ovvero ai soccorsi umanitari – che, in base alle regole etico-religiose, economiche e politiche cui l’Italia aderisce, completerà lo scardinamento del consorzio civile già ampiamente avviato nelle nostre plaghe dal moderno implodere occidentale del senso di comunità. Una certa interpretazione del Cristianesimo cattolico, del capitalismo liberista e del cosmopolitismo democratico costituiscono, infatti, i cavalli di Troia del nostro sistema. Il problema sta nell’apertura senza regole e senza limiti. Se davvero non possiamo impedire l’insediamento di futuri lavoratori e cittadini come non possiamo vietare l’approdo di attività economiche che erodono e devastano la nostra economia e la nostra società, quell’apertura evidentemente sottrae ai popoli il diritto democratico sovrano della programmazione del proprio futuro, del proprio destino, della propria consistenza demografica, sociale, economica, culturale, civica. Eppure oggi siamo di fronte ad un’apertura non solo nei fatti illimitata ma insidacabile, incontestabile, pena l’accusa di razzismo, di estremismo, disumanità, insensibilità, chiusura, nostalgia retrograda. Già la liberalizzazione delle licenze commerciali significò in un certo qual modo rinuncia alla sovranità civica sui territori. Se chiunque può aprire o chiudere una qualunque attività economica nelle nostre terre incidendone sugli sviluppi, se chiunque può approdare e alla fine stabilirsi nelle nostre contrade incrementando il numero dei lavoratori o dei disoccupati e presto anche quello dei cittadini ovvero dei membri ‘pleno iure’ delle nostre comunità politiche, parlare di popoli autoctoni, di salvaguardia dei loro diritti, dei loro interessi, delle loro identità, delle loro culture, in Friuli e in Italia almeno, non può che suonare ridicolo. L’anno scorso, ad un analogo incontro Unesco, avevo parlato della bella ipotesi, sinora promossa dal movimento del Fogolâr Civic che mi onoro di promuovere e di presiedere, di una rifondazione morale interetnica delle comunità locali basata sulla condivisione anche culturale dei territori. Un disegno nuovo ed antico. Una bella ipotesi – fors’anche l’unica salvezza, se non dei popoli, quanto meno delle culture autoctone, da condividere con gli immigrati – a favore della quale però è necessario che si mobilitino forze davvero coinvolgenti o cogenti . Sinora le Istituzioni pare non si siano mosse in tale prospettiva, impegnate generalmente a promuovere l’intercultura, non l’integrazione nelle culture territoriali, ad amministrare un condominio sempre più vario di peculiarità non a governare una comunità coesa ancorché composita e articolata. La società, la società locale, idealmente spontanea forza coinvolgente o cogente, è risultata in questo campo nulla. Tra l’altro, il senso di comunità friulano – checché ne dicano i suoi prezzolati promotori istituzionali, oggi soprattutto in campo linguistico – sembra essere da tempo, nei fatti, in caduta libera: e la colpa certamente non è da addebitarsi agli immigrati bensì agli Italiani e ai Friulani stessi: a un’italianità colonizzatrice da almeno centocinquant’anni del suo confine nordorientale e a una friulanità asservita e assuefatta ma non per questo meno responsabile riguardo alla propria tenuta identitaria. A questo punto, decideranno i numeri: numeri che molto presto non saranno più a nostro favore. Molto probabilmente Troia è già caduta e facciamo finta di non rendercene conto!”. Ecco come il presidente del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” e del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl” nonché delegato del Club Unesco udinese per Formazione Civica e Cittadinanza Attiva, prof. Alberto Travain, ha riaffrontato, a distanza di un anno, venerdì 7 agosto 2015, a Palazzo Solari a Udine, nei locali dell’Università del Friuli, il tema della Giornata Internazionale dei Popoli Autoctoni al cui destino il presidente del Club Unesco locale, prof.ssa Renata Capria D’Aronco, ha giustamente ritenuto di dedicare di nuovo un specifico incontro di riflessione.

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