VENERDÌ 8 AGOSTO 2014

“La presidenza del Club UNESCO di Udine (Membro della Federazione Italiana dei Centri e Club UNESCO, Associata alla Federazione Mondiale), retta dalla prof.ssa Renata Capria D’Aronco, unitamente al Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico ‘Fogolâr Civic’ guidato dal prof. Alberto Travain, su suggerimento dell’arch. Giuseppe Vacchiano, presidente della Pro Loco di Città ‘Borgo Sole Udineovest’, decide di notificare universalmente quanto condiviso in sede di celebrazione locale della Giornata Internazionale dei Popoli Autoctoni 2014 (Lista delle Giornate Internazionali d’azione deliberate dall’ONU), con interventi dei professori Renata Capria D’Aronco e Alberto Travain, ovvero l’auspicio di una capillare rifondazione laica e pluralistica delle comunità, procedente dai livelli locali e raccordante ovunque gli autoctoni e gli allogeni attorno a un principio di condivisione dei territori di residenza e delle culture da essi incarnate storicamente, preziose esperienze localizzate del vissuto dell’Umanità ed antemurale contro una globalizzazione ad un tempo disgregante ed omologante socialmente e culturalmente”. Ecco il testo della nota diffusa dal Club UNESCO di Udine insieme al Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic”, diretto dal prof. Alberto Travain, a conclusione degli incontri proposti dallo stesso Club a Palazzo Solari, nel capoluogo friulano, presso i locali dell’Università, venerdì 8 agosto 2014, nella cornice delle celebrazioni mondiali della Giornata Internazionale dei Popoli Autoctoni. Nella sua relazione, intitolata “Autoctonie elettive: proposte friulane di localismo cosmopolita nell’età della globalizzazione”, il prof. Travain ha affrontato nello specifico il tema delle problematiche dell’autoctonia, ossia delle comunità e delle culture native, sempre più minacciate oggi dalle dinamiche del globalismo, e lo ha fatto prendendo le mosse da una realtà friulana “in cui per lunghi secoli – ha ricordato – l’elemento autoctono e la sua cultura riuscirono a integrare gli allogeni, sino all’avvento dello Stato nazionale italiano, il quale, come molti tra i suoi consimili, tese a soggiogare e ad assimilare genti e peculiari identità di confine anche con stanziamenti, numericamente senza precedenti se non si risale all’età romana, di personale segnatamente militare e amministrativo, ma anche scolastico, d’estrazione extraregionale. Uno Stato che a lungo ‘insegnò’ ai Friulani, non solamente in campo linguistico, a rinnegare la friulanità ovvero ad annullarla oppure ad arruolarla strumentalmente in un’italianità di frontiera, utile sentinella contro vere o presunte minacce dei soliti ‘Barbari’ d’Oltralpe. Oggi ci allarmiamo legittimamente per il prorompere nelle nostre contrade di genti, culture ed economie esotiche in grado di alterare immagine e sostanza della nostra quotidianità – ha sbottato Travain – e non ci siamo mai ribellati di fronte a un consimile, precedente, annoso dilagare di matrice italica o magnogreca? Il paradosso di un popolo nativo che sostanzialmente rinnega se stesso a favore di appartenenze terze o sovraordinate oppure per becero, malinteso cosmopolitismo alla moda si legge certamente anche nelle opzioni familiari in merito all’insegnamento scolastico del friulano ai figli, opzioni che, non raramente, vedono, da un lato, numerosi autoctoni rinunciare e, dall’altro, non pochi allogeni, extraregionali o stranieri, aderire con curiosità, passione, voglia d’integrarsi!”. “Saranno questi ultimi a dare un futuro all’antica civiltà friulana?” s’è chiesto il presidente del Fogolâr Civic. “Forse non ci resta che vivere e operare con quella dolceamara speranza: di vedere rifondata un’autoctonia friulana radicata nella cultura storica del territorio e proiettata verso un futuro da costruire insieme, ‘foresti’ integrati e nativi ritrovati. Non ci resta che rinnovare insieme agli immigrati una friulanità sacrificata alla nazione, alla globalizzazione e alla vacuità!” ha concluso Travain “pur deplorando la diffusa violazione del diritto naturale ad autodeterminarsi, proprio di ogni popolazione autoctona, ossia di decidere democraticamente del proprio destino, anche su se, quanto e come accogliere ed integrare chi approda ai propri lidi. In tutto questo le Istituzioni e innanzitutto la Scuola devono cooperare con più serietà, responsabilità e lungimiranza!”.

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