Note FOGOLÂR CIVIC pe stampe taliane – Udin, 6 Otubar 2018
“ZOVENTÛT COME A UDIN…”
Fogolâr Civic ed educazione della gioventù: “Affrancare la scuola dai ceppi di una società allo sbando!”.
“Apprezzabile, nobile, intervento, quello del sindaco di Udine prof. Pietro Fontanini sulla stampa locale in ordine al tema della formazione della gioventù, dopo i recenti eclatanti casi di disagio giovanile in città ed in Friuli. Riteniamo davvero importante che un ‘sorestant’, non mero amministratore del capriccio sociale, ma guida eletta della comunità, prenda posizione e offra il braccio riguardo ad un tema fondamentale per ogni consorzio civile ovvero l’educazione dei propri giovani. Alla pia intenzione di far percepire una coesione valoriale e programmatica dell’immanente mondo degli adulti, da proporsi a scopo esemplare alle giovani generazioni, forse andrebbe associato o prediletto l’intento di persuadere la gioventù della sua potenziale capacità autonoma di costituirsi, anche nel proprio piccolo, in ‘mondo migliore’, pur rispettoso dei predecessori nonché nell’ossequio e magari nel solco d’ideali antichissimi rimontanti a pregressi sogni dell’esperienza umana, innanzitutto di quella incarnata nel territorio di residenza”. Così, in una nota del 12 ottobre 2018, il presidente del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” e del Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, prof. Alberto Travain. “Peccato, però – non sarà, questo, il caso del Sindaco di Udine – che, dopo ogni tragedia, privata e sociale, si assista spesso alle solite estemporanee e sconclusionate analisi psicologiche e sociologiche, alle solite mobilitazioni di buoni sentimenti ed intenti… Un po’ di retorica inconcludente e poi tutto ritorna come prima, ossia ad un sistema di agenzie formative che fanno acqua da tutte le parti rispetto a giovani generazioni insidiate, peggio di Pinocchio, da moltitudini di ‘gatti’ e ‘volpi’ – per riprendere Collodi – pronti a piegarle ai propri interessi. Da noi il problema non è solo e non è tanto il calo della natalità tra gli autoctoni bensì quello dell’effettiva capacità educativa, genitoriale e scolastica, della nostra società di cui, in un eccesso di democrazia od in una democrazia falsata, le Istituzioni paiono ritrovarsi ostaggio. Famiglie spesso alla deriva e incapaci di essere un esempio per i propri pargoli. Scuole in balia di quelle medesime famiglie, nel nome di mal interpretati valori di democrazia e partecipazione. Dove stava la cosiddetta ‘comunità educante’ – nessuna componente esclusa – quando una giovane studentessa moriva per droga nella Stazione ferroviaria di Udine? Dove stava, con la sua necessaria forza d’indirizzo, persuasiva e, se serve, coercitiva? S’è detto o no che fatti del genere rappresentano il più evidente fallimento dell’intero nostro sistema, dell’intera nostra sedicente civiltà! Certo, un po’ lo ha scritto il Sindaco di Udine che in qualche modo siamo tutti responsabili. E lo stesso vale per il dilagare, spesso inefficacemente contrastato quando non lucidamente avallato, di un tale grado d’insensibilità, anaffettività anche capace di approdare al più efferato e becero bullismo o, più diffusamente, ad un’omertosa, colpevole, ignavia, nemica giurata del senso civico e dell’umana solidarietà. Basta chiacchiere! Basta proclami! Basta libertà mal riposte e mal gestite! Per combattere queste derive bisogna riformare innanzitutto la scuola sottraendola al controllo di una società che non può guidarla o tenerla in ostaggio ma deve, al contrario, essere da essa guidata. Per certi aspetti, tornare indietro per andare avanti. Ricordiamocelo sempre che il problema della nostra scuola non è soltanto quello dei fondi a disposizione, quello degli stipendi o della precarietà degli insegnanti, quello delle montati situazioni di disagio che certo non possono non incidere sul sistema formativo in generale. Il problema della nostra scuola è svincolarsi autorevolmente dal capriccio, da logiche esterne alla formazione al bene comune, Una scuola abbandonata alla libera concorrenza non più migliorare la società ma solamente piegarsi ad essa. Quindi, qualunque provvedimento ordinamentale che non interpreti sino alle ultime conseguenze tale dato di fatto, risulta soltanto operazione cosmetica, fumo negli occhi per non vedere, parlare d’altro, per evitare decisioni impopolari ma necessarie alla collettività degli individui. ‘Zoventût come a Udin no si cjate in nissun lûc’ vanta orgoglioso l’inno popolare della Capitale del Friuli Storico. Bene. Facciamo in modo che non si tratti sempre più di stupida vanità ma che si realizzi nella concretezza che la gioventù udinese abbia la fortuna di avere a monte agenzie educative ed Istituzioni in grado di usare i propri poteri – oltreché di richiederne in un quadro serio di mirate riforme legislative – incisivamente e anche controcorrente per rafforzane, nel proprio piccolo relativo, idealità ed anticorpi atti a costituire un antemurale opposto al chiassoso e vuoto deflagrare di un’intera civiltà. Si riformi la scuola cassandone le perniciose autonomie d’istituto e la si affidi, per lo meno in Friuli Venezia Giulia, a un serio coordinamento regionale capace d’indirizzo avulso da ondeggianti e tumultuosi impulsi di un popolo che in sede scolastica oggi si rifà delle frustrazioni accumulate dalla propria progressiva esclusione dalle vere, grandi, decisioni prese sulla propria testa”.