FOGOLÂR CIVIC press release (to the Italian press) – Udine, 3 February 2019
“JUDÂJU A CJASE LÔR!”
Sollecitato sul tema dell’immigrazione, il presidente del Fogolâr Civic, prof. Alberto Travain, ribadisce una linea storica del trentennale movimento civista facente capo alla città di Udine.
Non si fa attendere la riposta del presidente del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic”, prof. Alberto Travain, al sollecito del sodale, lo storico Alfredo Maria Barbagallo, a voler esprimere una posizione sul Caso Diciotti e sulla gestione generale del tema dell’immigrazione. Una lettera a firma della studiosa, intitolata “Il Friuli non è una bettola dalla porta sfondata”, era pervenuta alla Presidenza movimentale il 31 gennaio 2019. “Nell’apprezzare questo Tuo contributo alla più proficua attività sociale, sono a rammentarTi come già venerdì 29 aprile 2016, a Udine, rappresentanze del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic” e il Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl” abbiano sottoscritto un documento sociale sul tema scottante dell’immigrazione verso i Paesi dell’Unione Europea, argomento facile oggetto di subdole strumentalizzazioni e di ambigua retorica. Il testo è introdotto da un’avvertenza: ‘Queste righe sono indirizzate solo a menti aperte, senza pregiudizi e senza paraocchi, tese davvero al bene comune di un’Umanità e di un mondo che iniziano sulla porta di casa di ognuno…‘. Prosegue, poi, con tono incalzante. ‘Vergogna! Chi ha invitato il mondo intero a riparare in Europa invece d’impegnarsi ad aiutare i popoli a casa loro? Judâju a cjase lôr! si direbbe in friulano, lingua di un popolo obbligato a emigrare anche sicuramente per l’inettitudine di certi suoi dominanti di un tempo… Aiutare i popoli a casa loro, pur premettendo che il mondo è di tutti, ma ogni sua parte è testimonianza di un’esperienza particolare dell’Umanità, che senz’altro può evolversi, però nel rispetto delle proprie autentiche e sovente composite matrici culturali. Aiutare i popoli a casa loro ancor prima di accoglierli in casa propria non significa disinteressarsene, ma garantirne, al contrario, il diritto, spesso minacciato, a poter innanzitutto godere di una propria patria naturale non decaduta a perfida matrigna. Chi non si commuove di fronte alle tragedie della profuganza? Solamente chi, con la sensibilità, ha perso anche i tratti fondamentali dell’Umanità! Chi, poi, si commuove sinceramente di fronte a simili tragedie, lo fa e si mobilita necessariamente anche per i drammi dei suoi connazionali… Aiutare i popoli a casa loro innanzitutto significa evitare di stringere la mano ai loro tiranni travestiti da occidentali in cambio di appoggi e riconoscimenti ricompensati con favori economici! Nei fatti, oggi, non il consesso dei nostri Stati o ancor meno quello dei potentati delle nostre economie, ma soltanto un giovane intellettuale friulano, italiano, europeo, cosmopolita, imprigionato, torturato e ucciso impunemente nel Paese dei Faraoni per aver eroicamente speso il proprio impegno socioculturale a favore degli oppressi di quella nazione, segna la vera strada da seguire ancorché con mezzi più potenti e sicuri. Senz’altro al Capo del Governo italiano, che ha riconosciuto al presidente golpista d’Egitto ‘il merito di avere ricostruito il Mediterraneo’ andrebbe suggerito che auspicabilmente – per ragioni, alte, culturali, storiche – detta funzione spetterebbe all’Europa e moralmente ancor prima all’Italia e a Roma! Altro che Mare Nostrum! Non accogliere in casa il mondo intero, ma impegnarsi a renderlo ovunque accogliente: dovrebbe essere questa la via! Non possiamo, non dobbiamo permettere ai nostri potenti di fare affari nel mondo a dispetto degli interessi delle popolazioni locali per poi ritrovarci a doverle accogliere in fuga dai drammi di cui quegli stessi potenti sovente sono promotori e beneficiari! Judâju a cjase lôr! Aiutare quei popoli a casa loro; con ogni mezzo umanamente lecito, intervenire nei loro Paesi, non appoggiandone i peggiori tiranni eletti a garanti ambigui e riprovevoli dei nostri interessi, bensì formandone e sostenendone le migliori società civili, forgiate spesso nelle nostre scuole e Università: e questo senza remore e preclusioni di ordine religioso oppure ideologico! Chi, invece, ha ridotto o vorrebbe ridurre l’Unione Europea a un colabrodo, a una terra di nessuno e di tutti, a una desolata ed informe plaga penetrata oggi da ogni ‘invasione’ demografica, culturale, economica? È davvero grottesco dire che l’idea di un’Europa Unita naufraghi ora sulle barriere innalzate da alcuni Paesi dell’Unione contro la più trabordante e varia immigrazione extracomunitaria. A naufragare in effetti non è esattamente l’idea di un’Europa Unita ma un’irrazionale ed irresponsabile sua versione che ha favorito, in nome ufficialmente di sacrosanti principi umanitari e solidaristici, un esodo in entrata senza precedenti nella storia recente del Continente che ha dominato il mondo. Un esodo non solo favorito da un carente argine all’ingresso ma anche o prima ancora certamente in uscita dai rispettivi Paesi d’origine, che, se dissestati, dovevano essere in qualche modo… assunti in tutela dalle nostre diplomazie. Quale propaganda, quali campagne si saranno fatte per indirizzare quest‘orda molteplice, ora dolente ora semplicemente e legittimamente speranzosa di un futuro migliore, verso i Paesi dell’Unione Europea? Qualcuno, forse, c’ha guadagnato o ci guadagnerà attraverso l’accoglienza verso chi approda alle nostre contrade? Qualcuno, forse, anche ha costruito o costruirà in futuro una propria carriera politico-elettorale a favore o contro gli attuali fenomeni d’immigrazione? Di fronte, comunque, a un’evidente disfatta dell’Unione Europea in ordine a un’armonica, equilibrata, gestione di questi temi è lecito l’appello al si salvi chi può! Non per gioirne ma per prendere atto di un fallimento orgogliosamente da riscattare. Un’Europa che non può farsi irrazionalmente ed irresponsabilmente ricetto del mondo intero, ma nemmeno insensibile complice delle disgrazie altrui. Un’Europa veramente solidale non è un’Europa che accoglie all’infinito, animata da sacro furore umanitario e solidarista, talvolta, però, più aperto al mondo che al borgo fuori dall’uscio di casa: è un’Europa, invece, che si proietta in maniera nuova sul mondo intero andando a costruire insieme agli altri popoli del pianeta – non certo insieme ai loro tiranni! – un futuro comune, coordinato, armonioso. Bella faccia tosta oggi mostrarsi, da un lato, accoglienti con profughi e migranti economici, accusando di razzismo chi si oppone al principio di un esodo subito ‘senza se e senza ma’, e contribuire, dall’altro, al dissesto dei loro Paesi di provenienza, manovrando più o meno nell’ombra asserviti a poteri economici sovraordinati, multinazionali, privi di scrupoli e sfruttatori di territori e comunità locali! Umanitarismo e solidarismo europei vanno dimostrati innanzitutto sul campo, nel tormentato mondo oltre l’Europa, senz’altro nel solco di grandi testimoni che anche o innanzitutto personalmente e autonomamente si sono mossi, in tempi recenti e non solo, per portare variamente soccorso. Chissà se, ad esempio, la nostra Austria, oltre ad innalzare barriere al Brennero, saprà anche farsi valido carico, insieme ai suoi partner europei, di prospettive lungimiranti di questo genere, all’altezza del suo passato e sperabilmente anche del suo presente e del suo futuro? Universalisti, ma non passivi! Ce lo insegna Regeni, divenuto – suo malgrado ma in splendida linea con le sue limpide idee cosmopolite – bandiera di nuove primavere sociali, politiche, economiche d’Oltremare!‘. Campeggiante sul tutto, ‘in un’illustrazione d’epoca, il grande esploratore d’origini friulane Pietro Savorgnan di Brazzà, spesosi sino alla morte contro la schiavitù e nella più strenua difesa degli indigeni d’Africa contro lo sfruttamento coloniale europeo. Il suo motto, da buon friulano vecchio stampo, era Nec frangar nec flectar (né piegarsi né spezzarsi). In Congo è tuttora celebrato come padre ed eroe nazionale‘. Con il sottoscritto, presidente dei due sodalizi, hanno, allora, firmato, come da tradizione, dodici sodali fogolaristi: tra questi anche Tu, oltre a Sergio Bertini, Marisa Celotti, Milvia Cuttini, Jole Deana, Luisa Faraci, Carlo Alberto Lenoci, Antonietta Menossi, Maria Luisa Ranzato, Gianfranco Savorgnan, Mirella Valzacchi e Gianna Zuccolo. Quel documento, che abbiamo consegnato, allora, ufficialmente, il 6 maggio 2016, anche al Sindaco di Udine, prof. Furio Honsell, riscontrandone piacevolmente una condivisione di fondo, mi sembra esaustivo e certo possibile ispiratore di eventuali azioni successive”. Così, Travain, che ribadisce una linea storica del Fogolâr Civic, tutt’altro che superata dagli eventi: “Judìn cjase lôr chei che a scugnin migrâ! Lu vessino fat ancje cun nô furlans!”.